28/05/09

L’estinzione del lavoro (all’Unità)

vite-precarie

Se non ci fossero in ballo dei posti di lavoro, verrebbe quasi da ridere. Ma tant’è. Da ridere, c’è ben poco. Ieri “L’Unità”, storico giornale del fu Piccì ora Piddì - sulle sue pagine ancora bianche e rosse come ai bei tempi che furono - ospitava un vibrante editoriale del suo direttore, Concita De Gregorio. Titolo definitivo: “L’estinzione del lavoro”. E contenuto apocalittico: “Dice anche l’Istat - scriveva la direttrice - (che) i disoccupati crescono più degli occupati. (…) E’ come dire che i morti crescono più dei nati. E’ come dire che è solo questione di tempo, neppure molto: l’estinzione è un orizzonte visibile”.

Parole ispirate, ma un tantino esagerate. Forse un giorno - per la gioia del Piddì e dei Piddini (e dei tanti “non fan” del Cavaliere) - la natura finirà per biodegradare ed “estinguere” anche i capelli sintetici di Berlusconi. Ma l’unico evento capace davvero di estinguere il lavoro è l’estinzione del genere umano. Sia come sia. Unico vero neo: per parlare di licenziamenti, la direttrice amante dei salotti tivù - ve la ricordate, biondissima e phonattisima, ad “AnnoZero” o ad Invasioni Barbariche”? - proprio non aveva bisogno di perdersi nei meandri dei dati Istat. Bastava che si guardasse intorno. E si facesse un giro nella sua redazione. Dove avrebbe trovato parecchie scrivanie vuote.

Motivo? Semplice. L’Unità - lo stesso giornale che a marzo aveva invitato nei suoi uffici una decina di precari a raccontare storie lacrimevoli, confezionando articoli su articoli ad hoc - ha appena lasciato a casa 30 precari. E non è finita lì. Perchè la casa editrice del giornale del fu Piccì ora Piddì - che dal maggio dell’anno scorso è di proprietà dell’imprenditore ed ex governatore della Sardegna (per la cronaca, pure trombato alle ultime elezioni regionali), Renato Soru - ha appena impostato e imposto un piano di ristrutturazione stile “lacrime e sangue”. E senza che in casa Piddì, di lacrime se ne versassero più di tante. Scriveva infatti - a fine aprile - il comitato di redazione dell’Unità:

Ci rivolgiamo ai nostri lettori. Per far sapere loro quello che è accaduto, sta accadendo e potrebbe accadere a l’Unità (…)L’azienda ha avanzato un piano durissimo per fronteggiare la sua pesante crisi economico-finanziaria che a fianco di un contenimento dei costi strutturali non offre ancora le necessarie garanzie di investimento e di rilancio. (….) L’unica certezza sono le rinunce ed i sacrifici che si chiedono ai lavoratori (…). Questi i fatti. L’azienda ha già provveduto ad espellere dalla redazione 20 giornalisti con contratto a tempo determinato e altri dieci con contratti di collaborazione. L’Unità, che tanto spazio ha dedicato al destino dei “precari”, con un semplice tratto di penna vede cancellare il rapporto con i colleghi e con la loro professionalità. Non è bastato. Il piano prevede l’espulsione, nei prossimi due anni, di altri 17 colleghi, tra cui 13 giornalisti che hanno i requisiti per il prepensionamento. Entro 24 mesi, firme prestigiose che hanno fatto la storia del giornale saranno fuori. Sono considerati esuberi. Per chi resta in redazione ci sarà la cassa integrazione a rotazione con una pesante decurtazione delle buste paga e sono previsti tagli pesantissimi ai budget delle collaborazioni. Entro un mese i lettori della capitale non troveranno più la cronaca di Roma. Anch’essa cancellata.

Tagli, esuberi e cassintegrazioni che - per carità - avranno avuto ragioni ben precise. Perché va ricordato - a onor del vero - che l’editoria in generale vive un momento difficile. E perché va detto che Soru in particolare - con la sua Tiscali - oggi come oggi non naviga certo in buone acque. Epperò e per contro: come si fa a dimenticare che, proprio in casa Piddì, il fu segretario Walter Veltroni e l’attuale segretario Dario Franceschini - con il loro giornale di riferimento al seguito - hanno fatto dei precari la loro bandiera?

Come si può scordare certe parole (veltroniane) sdegnate sui precari a 4 euro all’ora? Come si può cancellare la promessa (sempre del fu Veltroni), nella campagna elettorale per le politiche di un anno fa, di mille euro al mese di stipendio minimo ai “poveri” lavoratori con contratti a tempo determinato? Come si può far finire nel dimenticatoio la proposta di Franceschini (hic et nunc, nella attuale campagna per le europee) di estendere il sussidio di disoccupazione anche a co.co.co, co.co.pro. e chi più ne ha più ne metta? Ecco: come si può, non si sa. Ma si è fatto. Tanto è vero che il partito dei democratici italioti - che solo nel 2008 assieme agli altri partiti di destra&sinistra&centro si è spartito una torta di rimborsi elettorali da 300 milioni di euro - non ha messo (salvo qualche briciola) mano al portafoglio. E non ha evitato almeno il ridicolo di vedere licenziati quelli che di fatto - anche se non di diritto, visto che la proprietà è di Soru - sono i suoi (giornalisti) precari.

Mistero della (s)memoria e della fede piddina. Che però non ha fatto perdere la verve alla direttrice amante dei salotti tivù. Che sempre dalle colonne del suo giornale - oggi, in un nuovo editoriale - non ha ricordato i suoi (ex) giornalisti licenziati. Ma le parole di un altro giornale: il Financial Times. Titolo, al solito, roboante: “Sotto gli occhi del mondo”. E contenuto, questa volta, tra l’indignato e l’ironico: “Il mondo si occupa di noi. Incomprensibilmente ignora gli accorati appelli tv di Sandro Bondi, le minacce di querela dell’avvocato Ghedini, le grida dei proconsoli ex fascisti e dei giornali scendiletto del premier per concentrarsi sulle gesta (la vita e le opere, le parole le menzogne e le gesta) del presidente del Consiglio. Direttamente su di lui, su quello che fa, come nelle democrazie si usa. «È un pericolo in primo luogo per l’Italia ed un esempio deleterio per tutti», (scrive, nda) Financial Times”.

Già. Peccato che sempre il Financial Times - e in quello stesso editoriale che puntava il dito sullo strapotere mediatico e politico del Cavaliere - scrivesse pure: il fatto “che egli (Berlusconi, NdA) sia così potente è in parte colpa di una sinistra incerta, di istituzioni deboli e talvolta politicizzate, e del giornalismo, che ha troppo spesso accettato un ruolo subalterno“. Una righina che - per coincidenza - nell’ultimo editoriale della direttrice dell’Unità non c’era. Peccato. Perchè era illuminante. Solo: chi scrive avrebbe corretto un aggettivo: non sinistra “esitante”. Ma con una doppia morale che fa scappare gli elettori. Quella di chi ama predicare bene. Ma razzolare assai male.

P.S. Per la cronaca e per complettezza: dei precari de “L’Unità” ci eravamo già occupati in un altro post. Questo.

Fonte articolo

Stop al consumo di territorio
La Casta dei giornali
Firma la petizione per dire NO al NUCLEARE.

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