28/05/09

Lavoro, la guerra civile italiana

"Lavoro". Un termine che da sempre è il vero protagonista di questo paese.
Anche più di Silvio Berlusconi.
E' il concetto che delinea e trasforma ogni istante la vita di tutti, tutti i giorni: quando c'è (quasi mai) e quando manca (sempre più spesso), quando è sottopagato (per tanti cittadini) e quando è sovra-retribuito (per manager e amministratori pubblici), quando è fisso (un miraggio) e quando è precario (la nuova realtà).
Spesso ci si è chiesti perché infilare il termine lavoro nel primo articolo della Costituzione. Lo abbiamo scoperto in tutti questi anni, ma non l'abbiamo capito.
Non per una scelta socialcomunista nella stesura della Costituzione. Non perché esso è ciò che consente all'individuo e alla collettività di far progredire il paese. E' perché esso è il principale agente decisore della vita e della morte di questo paese.

Perché di lavoro in Italia non si vive, visti i tempi che corrono, ma si continua, inesorabilemente, a morire.

I nomi delle vittime di lavoro compaiono e spariscono via un istante dopo. Pronti per andare ad arricchire un funereo elenco di morte indegno di un paese che osa definirsi "civile".
Daniele Melis, Bruno Muntoni e Pierluigi "Gigi" Solinas. Scritti così sono nomi. Scritti in un altro contesto sono 3 individui di un elenco che ogni anno conta 1300 dati anagrafici.

Ma una cosa, indipendentemente dal contesto, è certa: sono i nomi di 3 straordinari eroi civili di un paese incivile. Non c'è altro modo per definire chi perde la propria vita per 900 euro al mese da riportare a casa per sé stessi o per la propria famiglia o chi la perde per salvare quella del proprio compagno di lavoro.
Sembra un termine altisonante. "Eroe civile". Ma non lo è affatto. E' fin troppo limitativo e non rende l'adeguata giustizia a queste persone.

E non fa certo eccezione Gianluca Fazio solo perché la sorte lo ha sottratto al "destino" (parlare di destino in realtà è un insulto) dei suoi tre colleghi.

Da qualche parte si comincia già ad etichettare come "assassina" la cisterna ricca di anidride solforosa, anidride carbonica e acido solfidrico in cui sono stati rinvenuti i corpi senza vita dei tre eroi. E si parla come sempre di "morti bianche".
La cisterna non è assassina. E' assassino chi mette a repentaglio la vita dei lavoratori.
Non sono morti bianche. Sono omicidi. "Omicidi bianchi", se preferite.

Quando capitano disgrazie simili, disgrazie che sono una terrificante ricorrenza nel nostro paese, si attende una risposta dalle autorità. Ed ecco che arrivano i messaggi di cordoglio, la partecipazione al dolore dei più alti rappresentanti dello Stato e così via.

E questo, oggi come oggi, è l'insulto che si somma alla tragedia.
E' un insulto chiaro, palese ed inconfutabile. E' così se arriva da coloro che hanno sentito la necessità di agire in fretta e furia per smantellare l'impianto di prevenzione e repressione dei reati sulla sicurezza sul lavoro realizzato negli ultimi mesi di vita del precedente governo (una delle pochissime cose che possiamo ricordare con una certa ammirazione). E' un insulto bello e buono se arriva dai rappresentanti di quel governo che il 27 marzo scorso dava il via libera allo schema di decreto legislativo ideato e realizzato dal ministro Maurizio Sacconi per "correggere" il Testo Unico sulla Sicurezza nei luoghi di lavoro.
E' un insulto perché è un cordoglio che proviene da chi si è dannato anima e corpo in questi mesi per eliminare le sanzioni, le pene e il grosso dell'impianto preventivo in vigore a tutela della vita dei lavoratori.

Le modifiche introdotte da Sacconi non prevedono più alcun provvedimento per le imprese in cui i lavoratori vengono impiegati oltre i limiti temporali accettati per legge, non c'è più sospensione delle attività in caso di "reiterate" violazioni della legge (più violazioni accertate anche in più fasi), ma solo nei casi di "plurime" violazioni (cioè più violazioni in un unico controllo), la certificazione di regolarità del sistema lavorativo non è più "vincolante" per accedere ad una gara d'appalto pubblica, ma bensì diventa "preferenziale", le pene si riducono fino all'85% per i datori di lavoro e così via.

"Invito chi fischia a risparmiare ossigeno per il cervello. Noi abbiamo bisogno di tutta la nostra intelligenza per rendere effettiva le disposizioni di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro".
Questo era ciò che il ministro Sacconi pochissimo tempo fa rispondeva ad una platea che contestava la sua riforma sulla sicurezza nel lavoro.

Di ossigeno al cervello ne necessita il ministro. Perché forse così capirebbe cosa vuol dire ridurre le pene di oltre 2/3 per reati contro la sicurezza nei luoghi di lavoro e comprenderebbe la follia di un decreto che riduce le pene per i titolari di azienda e che va ad aumentarle ai semplici lavoratori.

E se così non fosse, non sarebbe male donarlo a qualche lavoratore. Qualche lavoratore come i quattro lavoratori della raffineria Saras, che l'altro ieri di ossigeno ne necessitavano eccome...

PS: segnalo a tutti l'ottimo articolo di Adriano Sofri su questo ennesimo eccidio, dal titolo "Le voci della dignità".

Fonte articolo

Stop al consumo di territorio
La Casta dei giornali
Firma la petizione per dire NO al NUCLEARE.

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