(image by Adescalco Marangoni)
La notizia è arrivata un po’ tardino. E’ stata data un po’ così. E - nel bel mezzo del bailamme per Noemi, sentenza Mills e richieste di dimissioni di premier varie - non se l’è filata nessuno. Ma tant’è. Giusto giovedì scorso - al congresso della Cisl - il nostro ministro delle Finanze ci ha finalmente svelato un piccolo retroscena. Ad ottobre 2008, stava - parole sue - “per andare in bancarotta l’intero sistema finanziario occidentale”.
Tutto lì? Tutto lì. E infatti questo dettaglio della storia recente - mentre infuriano le polemiche su cene e feste organizzate dal papi nazionale - ieri non ha avuto grande spazio sulla stampa titolata italiota. Figurarsi, per ovvie ragioni politiche e di proprietà, sui tiggì nazionali. Pure - o, almeno, questa è la convinzione di chi scrive - il ricordo di Tremonti, snocciolato a un congresso, con la stessa noncurante nonchalance che si dedicherebbe a un semplice aneddoto di costume (stile: “adesso vi racconto di quella volta che stavo affondando col pattino a Rimini”) - avrebbe meritato un po’ più di attenzione.
Ha raccontato, infatti, Tremonti che “abbiamo rischiato una catastrofe globale, gli effetti disastrosi di una guerra senza averla combattuta”. Motivo: in quei giorni di ottobre, ha spiegato il ministro, “ci arrivò la notizia che l’Islanda era in grave difficoltà. Sul momento non era chiara la portata di quella crisi su altri Paesi”. E poi? E poi le cose si sono chiarite. E alla svelta: “Il nove ottobre - ha proseguito Tremonti con la solita nonchalance stile racconto di una indigestione di funghi - al vertice del Fondo monetario (internazionale, ndA), il cancelliere dello scacchiere (termine alto per qualcosa di semplice: è il ministro per l’Economia inglese, insomma il collega britannico di Tremonti) ci disse, con tono quasi rassegnato che Londra (cioè: la Borsa; ma anche qui da notare il tono del tipo: lo sappiamo tutti, no? NdA) non avrebbe aperto. E guardate che se non avesse aperto la City, non avrebbe aperto nemmeno Wall Street“. E praticamente l’intero mercato finanziario mondiale sarebbe rimasto paralizzato. Come dopo un infarto.
Le solite balle Berlusconi’s style? Magari dette per giustificare la madre di tutte le giravolte di quest’ultimo anno di ministero tremontiano (ovvero il passaggio dalla filosofia della Robin Hood Tax ai prestiti alle banche con i Tremonti bond)? Parrebbe proprio di no. Perchè il racconto di Tremonti coincide - perfettamente - con la ricostruzione di quei giorni e ore frenetiche fatta da un altro big della politica europea: il ministro inglese Paul Myners. Che a gennaio di quest’anno confessò alla stampa britannica che il 10 di ottobre l’intero sistema bancario anglosassone era a un passo dal collasso. E che il governo era pronta a: (nell’ordine) 1) chiudere (fisicamente) tutte le banche; 2) spegnere i bancomat; 3) e bloccare tutti i trasferimenti elettronici di danaro.
Roba da niente (che infatti su Cnn e New York Times de’ noantri non è stata granchè calcolata). Dovuta a un motivo da niente. Alcuni, e non meglio specificati, “grossi correntisti” erano, secondo il racconto del ministro inglese, pronti a ritirare i loro depositi dai conti delle banche inglesi. Cosa che avrebbe fatto collassare gli istituti di credito di sua maestà. Poi, sempre secondo Myners, ci furono frenetiche trattative dietro le quinte. Che riportarono Londra e la City sui binari della normalità.
In breve e a quanto pare: avremmo evitato, per un soffio, una mezza apocalisse. E - anche se con notevole ritardo e alla faccia della trasparenza - fa pur sempre piacere saperlo. Solo: nonostante le preziose rivelazioni di Tremonti e del suo collega britannico, rimangono ancora tanti, troppi punti interrogativi. Che cos’è, esattamente, che avrebbe scatenato quest’armageddon finanziario? Chi sarebbero stati i responsabili di questa catastrofe? Cos’avremmo rischiato - al di là dei paroloni biblici - di ritrovarci ad affrontare? E soprattutto: che cosa è stato garantito (o promesso) a questi grandi correntisti che hanno lasciato i soldi in Gran Bretagna?
Tutte domande destinate a cadere nel vuoto. Perchè da questa crisi - a otto mesi dal fallimento della banca americana Lehman Brothers - sta uscendo una sola certezza. Che cittadini e risparmiatori sono come i cornuti: e, quindi, gli ultimi sapere. Figurarsi, poi, se sapranno mai tutto.
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