Felicità interna lorda. Un indicatore che smonta il mito occidentale del reddito, sostituendolo con soddisfazione personale, speranza di vita, politiche ambientali. Il Costa Rica vince, è il paese con il Fil più alto. Ci si vive bene, a lungo, in armonia con la natura. Mentre i leader riuniti in Italia per il G8 si preoccupano di Pil e deflazione, la seconda edizione dell'"Happy planet index", che indica il tasso di benessere sostenibile, premia standard alternativi: impronta ecologica del sistema produttivo, lunghezza e pienezza dell'esistenza.
La ricchezza non può comprare la felicità. Alibi o buon senso? "In questa età di incertezza, di crisi grave, le persone temono il futuro" scrive The New Economics Foundation (Nef), l'organizzazione non governativa britannica che ha redatto la classifica delle nazioni più felici. Con un obiettivo: far capire che le priorità della gente sono ora diventate altre. Merce e soldi, petrolio e titoli non hanno reso il mondo un posto migliore, figuriamoci noi. Anzi, molte potenze economiche (Usa, Cina, India) erano più felici venti anni fa, ecosistemi e risorse erano meno sfruttati. Guarda il Costa Rica, che ha scalzato il paradiso dell'arcipelago Vanuatu, Oceano Pacifico meridionale, dal primo posto dell'indice 2006: più dell'85 per cento degli abitanti si dichiara felice di vivere nel paese latino americano, "la speranza di vita è di 78,5 anni, il paese non è lontano dall'aver trovato l'equilibrio tra i suoi consumi e le sue risorse naturali, il 99 per cento dell'energia che produce deriva da fonti rinnovabili", segnala Nic Marks, uno degli autori dello studio. Ma l'America latina è tutta allegra, monopolizza ben nove dei primi dieci posti.
Consumare e consumare non porta da nessuna parte. Non a caso a guidare la classifica sono paesi a reddito medio, i ricchi e sviluppati stanno invece a metà. Nella lista, stilata sulla percezione degli abitanti di 143 paesi, la maggior parte delle nazioni "verdi" e contente si concentra in America Latina, la prima tra le europee è l'Olanda (43esima), l'Italia è 69esima (slittata dal 66esimo posto del 2006), prima di Francia, Uk e Spagna ma dopo la Germania. In coda la maggior parte dei Paesi africani, ultimo lo Zimbabwe. "Con il mondo che si trova ad affrontare la tripla sfida presentata da una profonda crisi economica, da cambiamenti climatici sempre più veloci e da un incombente picco della produzione di petrolio, abbiamo disperatamente bisogno di nuove direzioni e linee guida" scrive nel rapporto Nic Marks. "Seguire il canto della sirena della crescita economica ha dato benefici marginali ai poveri del mondo, mettendo a rischio le basi per la loro sopravvivenza. Questa strategia non ha nemmeno migliorato il benessere di chi è già ricco, né ha portato a una stabilità economica".
Lo vediamo eccome, nonostante nei Paesi ricchi il grado di soddisfazione e speranza di vita sia aumentato del 15 per cento in 45 anni (ma l'impronta ecologica è schizzata del 72 per cento). Il Fil non fa troppi calcoli, più che altro sente (feel), e sente che è tempo di cambiare.
La ricchezza non può comprare la felicità. Alibi o buon senso? "In questa età di incertezza, di crisi grave, le persone temono il futuro" scrive The New Economics Foundation (Nef), l'organizzazione non governativa britannica che ha redatto la classifica delle nazioni più felici. Con un obiettivo: far capire che le priorità della gente sono ora diventate altre. Merce e soldi, petrolio e titoli non hanno reso il mondo un posto migliore, figuriamoci noi. Anzi, molte potenze economiche (Usa, Cina, India) erano più felici venti anni fa, ecosistemi e risorse erano meno sfruttati. Guarda il Costa Rica, che ha scalzato il paradiso dell'arcipelago Vanuatu, Oceano Pacifico meridionale, dal primo posto dell'indice 2006: più dell'85 per cento degli abitanti si dichiara felice di vivere nel paese latino americano, "la speranza di vita è di 78,5 anni, il paese non è lontano dall'aver trovato l'equilibrio tra i suoi consumi e le sue risorse naturali, il 99 per cento dell'energia che produce deriva da fonti rinnovabili", segnala Nic Marks, uno degli autori dello studio. Ma l'America latina è tutta allegra, monopolizza ben nove dei primi dieci posti.
Consumare e consumare non porta da nessuna parte. Non a caso a guidare la classifica sono paesi a reddito medio, i ricchi e sviluppati stanno invece a metà. Nella lista, stilata sulla percezione degli abitanti di 143 paesi, la maggior parte delle nazioni "verdi" e contente si concentra in America Latina, la prima tra le europee è l'Olanda (43esima), l'Italia è 69esima (slittata dal 66esimo posto del 2006), prima di Francia, Uk e Spagna ma dopo la Germania. In coda la maggior parte dei Paesi africani, ultimo lo Zimbabwe. "Con il mondo che si trova ad affrontare la tripla sfida presentata da una profonda crisi economica, da cambiamenti climatici sempre più veloci e da un incombente picco della produzione di petrolio, abbiamo disperatamente bisogno di nuove direzioni e linee guida" scrive nel rapporto Nic Marks. "Seguire il canto della sirena della crescita economica ha dato benefici marginali ai poveri del mondo, mettendo a rischio le basi per la loro sopravvivenza. Questa strategia non ha nemmeno migliorato il benessere di chi è già ricco, né ha portato a una stabilità economica".
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