10/07/09

Il G8 scippato


Il 2009, anno del G8 italiano, rischia di essere ricordato perché il numero di persone che soffre la fame per la prima volta ha superato il miliardo. All’appello lanciato dalla Banca mondiale a non abbandonare i paesi più poveri l’Italia, a differenza di altre nazioni, sembra non rispondere. Eppure nel vertice G8 di Gleneagles, nel 2005, si era stabilito, ad esempio, di aiutare l’Africa con 25 miliardi di dollari l’anno, un obiettivo ribadito nel vertice di Hokkaido dello scorso anno. Molto rimane quindi da fare per allinearsi con gli sforzi dei partner europei e del G8. Il comportamento dell'Italia rischia infatti di far fallire gli intenti che sia G8 sia Unione europea si sono dati per raggiungere gli Obiettivi del Millennio. Sradicare la povertà estrema e la fame, ridurre la mortalità infantile, combattere l'HIV/AIDS, la malaria e altre malattie, garantire la sostenibilità ambientale non sono più solo intenzioni ma risultati concreti da raggiungere fra il 2010 e il 2015. Proprio nell’anno di Presidenza italiana del G8, il nostro paese rischia di perdere credibilità internazionale. E anche di mancare l’occasione concreta per riportare la politica di cooperazione e l’aiuto pubblico allo sviluppo ai livelli europei.

Può il G8 di quest’anno, ridare effettivamente forza all’impegno dell’Italia nel raggiungere gli obiettivi e mantenere le promesse fatte?
ActionAid ritiene che il G8 possa essere una tappa importante per la lotta contro la povertà ma pensa che l’occasione di essere il Paese ospitante del vertice possa andare sprecata. A partire anche dagli aspetti organizzativi legati all’evento. Nel corso del tempo i costi legati all’organizzazione dei vertici G8 sono pian piano lievitati, dai 120 milioni di euro di Gleneagles in Scozia nel 2005, ai 116 milioni di euro ad Heiligendamm in Germania nel 2007, ai 335 milioni di euro del vertice ad Hokkaido in Giappone nel 2008. Per il vertice italiano le spese si sono moltiplicate.

Il G8 italiano, previsto inizialmente sull’Isola della Maddalena, in Sardegna, era partito con un budget superiore ai 400 milioni di euro. Aveva però un importante obiettivo simbolico: restituire alla comunità una ex-base militare, al centro di un arcipelago trasformato in parco naturale. Una notizia che si affiancava al disimpegno del Ministero della Difesa che in vent’anni ha dismesso progressivamente le proprie attività, riducendo i posti di lavoro e di fatto abbandonando molte strutture militari. L’attività militare muoveva un giro d’affari di 55 milioni di euro l’anno.
Il progetto iniziale prevedeva di rifunzionalizzare 160 ettari di un antico arsenale della Marina ed un vecchio ospedale militare, trasformandoli in un polo turistico polifunzionale. Il piano era costruire alberghi e nuovi edifici per negozi e centri culturali; migliorare i collegamenti con l’isola di Caprera; realizzare un porto turistico con una struttura votata alla cantieristica navale. Per il G8 i capi di Stato sarebbero stati ospitati nell'isoletta di santo Stefano, a bordo della nave da crociera più grande del mondo. Solo la delegazione americana avrebbe trovato ospitalità nell'albergo del complesso. I giornalisti sarebbero stati ospitati su navi, ormeggiate ad Olbia e, arrivando via mare, avrebbero lavorato in questi locali ristrutturati.

Per consentire un andamento veloce dei lavori, la missione di realizzarli è stata affidata al Dipartimento della Protezione Civile, che può adottare procedure straordinarie. Si è aperta, quindi, una contabilità speciale, segreta e le procedure sono state discrezionali. Esigenze di sicurezza legate al vertice, si è detto. In pochi mesi, in un susseguirsi di ordinanze, si è perso il conto dei fondi stanziati. E si sono perse le strade e gli interventi ritenuti “meno urgenti”. Alle opere strettamente legate al vertice si sarebbero dovute affiancare, infatti, le cosiddette opere collaterali: la messa in sicurezza della strada statale Sassari Olbia Alghero e la sua diramazione per Arzachena, dove muoiono ogni anno fra le 30 e le 40 persone. Nei piani c’era anche l’allargamento della pista dell’aeroporto di Olbia, che serve tutto il nord della Sardegna e l’arretramento della stazione ferroviaria della città per evitare che i treni la taglino in due. Sarebbe poi dovuto sorgere un grande centro scientifico internazionale di studio della biodiversità sull’Isola di Caprera.

I lavori, invece, si sono concentrati solo sull’area del G8. 327 milioni di euro sono stati assegnati senza una vera gara di evidenza pubblica, subappaltati in parte ad aziende dell’isola. I costi sono stati scaricati quasi interamente sui Fondi per le Aree Sottoutilizzate della Regione Sardegna, che l’Unione europea assegna per riequilibrare le parti svantaggiate del territorio.
Non tutto è ancora concluso, come il ponte che doveva collegare La Maddalena con l’Isola di Caprera. Diverse inchieste di un noto settimanale, da gennaio a giugno 2009 hanno sollevato dubbi sulle assegnazioni degli appalti e sulle successive gare per assegnare la gestione di lungo periodo della recettività alberghiera. Nessuno ha voluto la Residenza Carlo Felice, costata 60 milioni di euro e realizzata senza una finalità precisa. Solo un gruppo industriale, la Mita Resort della presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, ha partecipato alla gara più corposa per avere in gestione tutta l’area dell’ex-arsenale, incluso il porto turistico. Due aziende sarde hanno ritenuto affrettata la procedura che dà in gestione per 30 anni il porto e l’albergo e hanno presentato un ricorso alla magistratura, ancora pendente. Ad oggi il futuro di opere realizzate con poca trasparenza e molti fondi pubblici, destinate al rilancio economico della città della Maddalena, è incerto.

Tutto era quasi pronto ma d'improvviso, il 23 aprile, il governo italiano ha deciso lo spostamento della sede del vertice: non più l'isola della Maddalena, ma l'Aquila ospiterà la discussione dei 29 paesi partecipanti.

300 morti, 1500 feriti, una città di 72.000 abitanti seriamente danneggiata. Il 6 aprile un violento terremoto ha aperto una catastrofica ferita nel cuore dell’Italia a l’Aquila, in Abruzzo. L’emergenza post-terremoto, così come la seconda fase, sono state affidate alla Protezione civile. Dopo il primo, efficacissimo intervento nei giorni successivi al sisma, la linea scelta dal governo è stata ricoverare una parte degli sfollati, 24.000 persone, nelle tende; una parte, altre 30.000, lontano dall’Aquila, negli alberghi sulla costa abruzzese. Dopo tre mesi dal sisma i disagi della popolazioni sono ancora tantissimi. Nella stazione ferroviaria dell’Aquila c’è un treno speciale: non si muove ed ospita duecentosessanta persone dal giorno del terremoto. Tonino Zaccagno ha 57 anni e lavora nell’Ufficio del territorio. Si sveglia ogni mattina al 6,45, ma va a cambiarsi altrove.

I metodi per gestire la seconda fase dell'emergenza sono al centro di proteste sempre più frequenti da parte delle popolazioni colpite, che si sentono tagliate fuori dai processi decisionali ed hanno molte perplessità sulla gestione in corso. Il 16 giugno i Comitati dei terremotati accompagnati da 20 dei 49 sindaci dell'area del terremoto hanno manifestato davanti al Parlamento italiano per chiedere certezze nella ricostruzione. Sono tornati in piazza, questa volta a L'Aquila solo 10 giorni dopo. Diversi comitati dei cittadini si sono coordinati ed hanno iniziato un lavoro nelle tendopoli. Che è stato possibile solo a partire dal 25 giugno.

La scarsa trasparenza nei costi delle forniture e per il mantenimento della popolazione negli alberghi sulla costa, la mancanza di un vero confronto con la Protezione Civile, i problemi del lavoro che manca, la confusione delle procedure per i rientri nelle case. Tre mesi in tenda che diventeranno cinque, in condizione di forte promiscuità. E, soprattutto, l’ordine di priorità con cui si affrontano i problemi sono i motivi al centro del dissenso. Una decisione senza precedenti nel nostro paese è stata quella di non prevedere una fase intermedia dell'emergenza ma costruire alloggi temporanei antisismici leggeri per ricoverare la popolazione e farla passare direttamente dalle tende alle case. Solo 12.000 persone, però, potranno usufruire di questa soluzione entro metà dicembre, se i piani saranno rispettati, malgrado all'Aquila l'inverno arrivi presto e il clima diventi rigido già da novembre. 20 insediamenti di palazzine a tre piani sorgeranno nella cintura intorno all’Aquila. Avranno criteri antisismici grazie ad un sistema di isolatori brevettato dalla Protezione civile. I lavori sono già partiti ma non tutti sono d’accordo. I costi per l’ allargamento dell’aeroporto, per la nuova strada e la ristrutturazione della Caserma di Coppito, nuova sede del G8 non sono ancora noti, quindi non si sa quanto effettivamente si è risparmiato nello spostare il vertice in mezzo alle sofferenze della popolazione dell’Aquila. Ci si aspetta che tutto questo abbia un senso per i cittadini.

Siccome in un periodo di scarsità ogni risorsa è preziosa, abbiamo chiesto alla Protezione Civile in che senso la decisione di spostare il G8 può aiutare i terremotati? Forse solo 50 milioni di euro e solo due mesi di lavoro per riadattare una Caserma, un aeroporto ed una strada per 3 giorni e due notti di vertice, realizzando anche le tubazioni per il verde. Un’ efficienza nel segno del “people first”?
Va nello stesso senso l’intervento delle piastre antisismiche, assegnato a diverse ditte con gara informale dalla Protezione Civile per oltre 100 milioni di euro?
ActionAid ritiene che nel gestire le risorse pubbliche sia doverosa la massima trasparenza. Quando poi si tratta di organizzare vertici internazionali che in agenda hanno la lotta alla poverta', la trasparenza assume un forte valore simbolico. Percio' ActionAid chiede al governo italiano di rendere pubbliche e dettagliate tutte le spese connesse all'organizzazione del G8 de L'Aquila, inclusi i dichiarati vantaggi derivati dallo spostamento di sede.
In quanto alla ricostruzione, ActionAid ritiene che essa debba essere pianificata e realizzata coinvolgendo direttamente le persone colpite cosa che troppo spesso, inclusa la circostanza del terremoto in Abruzzo, non sembra accadere. Non si possono evitare i disastri ma si può evitare che si trasformino in crisi.

È dimostrato che il denaro impiegato nella prevenzione degli effetti delle catastrofi rende quattro volte quello necessario a recuperarne i danni. Per questo Action Aid chiede che proprio a partire dalla tragedia del terremoto all’Aquila, il G8 metta al centro della discussione gli interventi per prevenire i disastri legati ai cambiamenti climatici ma anche misure per minimizzare i rischi e ridurre i danni alle comunità colpite. Obiettivi su cui i capi di Stato e di governo possono prendere impegni precisi.

Fonte articolo

Stop al consumo di territorio
La Casta dei giornali
Firma la petizione per dire NO al NUCLEARE.

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