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La storia della morte di Federico Aldrovandi è giunta alla sua prima parziale conclusione. Di 2 giorni fa la sentenza di primo grado: condannati a 3 anni e 6 mesi i quattro agenti di polizia responsabili della sua morte, avvenuta il 25 settembre del 2005.
Paolo Forlani (classe 1961), Enzo Pontani (1965), Luca Pollastri (1970) e Monica Segatto (1964) i nomi dei quattro assassini "involontari".
Ci sono voluti quasi quattro anni da quella data per arrivare ad una sentenza che accertasse cause e responsabilità della scomparsa di un ragazzo di 18 anni. Meglio non immaginare quale data dovremo attendere per poter considerare "chiusa" per sempre questa terribile vicenda che assume i contorni dell'assurdo.
Questa vicenda, che gira intorno ad uno sconsiderato, folle e malato abuso di potere, di quelli del tipo peggiore, che portano alla morte di qualche innocente, ha goduto di ciò che tante altre vicende simili non hanno potuto vedere nemmeno da lontano: il raggiungimento della giustizia.
Certo! E' una giustizia che può sembrare parziale. E difatti lo è. Perché una pena di 3 anni e 6 mesi per omicidio colposo causato da una violenza fisica volontaria, senza un movente logico, ai danni di un ragazzo disarmato, sembra una beffa.
Aggredire a calci, manganellate, pugni e spintoni un ragazzo di 18 anni, fino a procurarne la morte, è un atto che entra a pieno titolo nell'omicidio preterintenzionale, ben più grave di una condanna per "eccesso colposo in omicidio".
Ma consideriamo quello che era il reato d'accusa (l'omicidio colposo), il ruolo degli imputati alla sbarra (agenti di polizia), le omissioni e le prove nascoste (i manganelli usati per l'omicidio, le telefonate ai centralini del 113, i video della Polizia Scientifica); una condanna di questo tipo di fronte ad una richiesta del PM di 3 anni e 8 mesi non è giustizia, è un miracolo.
Un miracolo legale. Insufficiente, certo (e lo dico senza alcuno spirito di vendetta o giustizialismo), ma pur sempre un miracolo.
I quattro agenti dall'omicidio facile sono stati condannati. Ma giustizia non è stata ancora fatta. Non del tutto.
I quattro carnefici resteranno in servizio, non verranno sospesi dalla Polizia di Stato, né tanto meno espulsi. Continueranno a ricoprire il ruolo di "tutori dell'ordine a difesa del cittadino" con una sentenza per omicidio colposo sulle spalle.
I responsabili della Questura di Ferrara che hanno ripetutamente mentito, incolpando Federico stesso della sua morte ("era drogato", "era impazzito", "si stava colpendo da solo"), e che hanno occultato per quanto possibile prove come i manganelli spezzatisi contro il corpo del morente Federico o i video della Polizia Scientifica intervenuta immediatamente sul posto prima ancora dell'ambulanza, resteranno lì dove sono. Non dovranno rendere conto a nessuno di questo comportamento disgustoso.
Ci rendiamo conto ancora di più della parzialità di questa giustizia nel compiere un confronto con un altro processo, quello ai danni dei manifestanti al G8 di Genova, anno 2001.
Massimiliano Monai è stato condannato a 5 anni per danneggiamenti. Marina Cugnaschi a 11 anni per devastazione e saccheggio, così come Francesco Puglisi, Luca Finotti, Carlo Cuccomarino, Antonio Valguarnera, Carlo Arculeo, Dario Ursino e Ines Morasca, tutti condannati a pene tra i 6 e gli 11 anni.
Per aver rotto vetrine o incendiato cassonetti. Anche automobili, ma pur sempre reati contro la proprietà. 11 anni.
Per aver procurato la morte ad un giovane di 18 anni invece la pena è di 3 anni e mezzo.
La lezione che un manifestante dalla testa calda può trarre da queste conclusioni è una sola: indossare una divisa e spaccare teste. Sarà sempre meglio che andare a sfasciare vetrine.
Del comportamento della stampa sulla vicenda meglio non parlare. Come ricorda lo stesso Roberto Natale, Presidente della Federazione Nazionale Stampa Italiana, su Articolo 21, facendo una ricerca sulle agenzia di stampa degli ultimi 30 giorni, per il caso "Meredith" spuntano fuori 156 lanci. Per Federico Aldrovandi 6. Sentenza inclusa.
Una sentenza che però bene o male è arrivata. Ora aspettiamo quest'altra. Anzi, qui aspettiamo ancora di avere i nomi dei responsabili.
PS: Lettura consigliata di oggi, senza ombra di dubbio, il blog su Federico Aldrovandi gestito dalla madre di Federico, Patrizia Moretti Aldrovandi, un'altra "madre-coraggio".
Paolo Forlani (classe 1961), Enzo Pontani (1965), Luca Pollastri (1970) e Monica Segatto (1964) i nomi dei quattro assassini "involontari".
Ci sono voluti quasi quattro anni da quella data per arrivare ad una sentenza che accertasse cause e responsabilità della scomparsa di un ragazzo di 18 anni. Meglio non immaginare quale data dovremo attendere per poter considerare "chiusa" per sempre questa terribile vicenda che assume i contorni dell'assurdo.
Questa vicenda, che gira intorno ad uno sconsiderato, folle e malato abuso di potere, di quelli del tipo peggiore, che portano alla morte di qualche innocente, ha goduto di ciò che tante altre vicende simili non hanno potuto vedere nemmeno da lontano: il raggiungimento della giustizia.
Certo! E' una giustizia che può sembrare parziale. E difatti lo è. Perché una pena di 3 anni e 6 mesi per omicidio colposo causato da una violenza fisica volontaria, senza un movente logico, ai danni di un ragazzo disarmato, sembra una beffa.
Aggredire a calci, manganellate, pugni e spintoni un ragazzo di 18 anni, fino a procurarne la morte, è un atto che entra a pieno titolo nell'omicidio preterintenzionale, ben più grave di una condanna per "eccesso colposo in omicidio".
Ma consideriamo quello che era il reato d'accusa (l'omicidio colposo), il ruolo degli imputati alla sbarra (agenti di polizia), le omissioni e le prove nascoste (i manganelli usati per l'omicidio, le telefonate ai centralini del 113, i video della Polizia Scientifica); una condanna di questo tipo di fronte ad una richiesta del PM di 3 anni e 8 mesi non è giustizia, è un miracolo.
Un miracolo legale. Insufficiente, certo (e lo dico senza alcuno spirito di vendetta o giustizialismo), ma pur sempre un miracolo.
I quattro agenti dall'omicidio facile sono stati condannati. Ma giustizia non è stata ancora fatta. Non del tutto.
I quattro carnefici resteranno in servizio, non verranno sospesi dalla Polizia di Stato, né tanto meno espulsi. Continueranno a ricoprire il ruolo di "tutori dell'ordine a difesa del cittadino" con una sentenza per omicidio colposo sulle spalle.
I responsabili della Questura di Ferrara che hanno ripetutamente mentito, incolpando Federico stesso della sua morte ("era drogato", "era impazzito", "si stava colpendo da solo"), e che hanno occultato per quanto possibile prove come i manganelli spezzatisi contro il corpo del morente Federico o i video della Polizia Scientifica intervenuta immediatamente sul posto prima ancora dell'ambulanza, resteranno lì dove sono. Non dovranno rendere conto a nessuno di questo comportamento disgustoso.
Ci rendiamo conto ancora di più della parzialità di questa giustizia nel compiere un confronto con un altro processo, quello ai danni dei manifestanti al G8 di Genova, anno 2001.
Massimiliano Monai è stato condannato a 5 anni per danneggiamenti. Marina Cugnaschi a 11 anni per devastazione e saccheggio, così come Francesco Puglisi, Luca Finotti, Carlo Cuccomarino, Antonio Valguarnera, Carlo Arculeo, Dario Ursino e Ines Morasca, tutti condannati a pene tra i 6 e gli 11 anni.
Per aver rotto vetrine o incendiato cassonetti. Anche automobili, ma pur sempre reati contro la proprietà. 11 anni.
Per aver procurato la morte ad un giovane di 18 anni invece la pena è di 3 anni e mezzo.
La lezione che un manifestante dalla testa calda può trarre da queste conclusioni è una sola: indossare una divisa e spaccare teste. Sarà sempre meglio che andare a sfasciare vetrine.
Del comportamento della stampa sulla vicenda meglio non parlare. Come ricorda lo stesso Roberto Natale, Presidente della Federazione Nazionale Stampa Italiana, su Articolo 21, facendo una ricerca sulle agenzia di stampa degli ultimi 30 giorni, per il caso "Meredith" spuntano fuori 156 lanci. Per Federico Aldrovandi 6. Sentenza inclusa.
Una sentenza che però bene o male è arrivata. Ora aspettiamo quest'altra. Anzi, qui aspettiamo ancora di avere i nomi dei responsabili.
PS: Lettura consigliata di oggi, senza ombra di dubbio, il blog su Federico Aldrovandi gestito dalla madre di Federico, Patrizia Moretti Aldrovandi, un'altra "madre-coraggio".
Fonte articolo
E'la mia prima visita a questo sito, ma leggendo questo tuo articolo, non sono riuscito a trattenermi dal rispondere.
RispondiEliminaMi e' piaciuta veramente tantissimo la tua posizione riguardo la disoccupazione!
Io ho lavorato per 25 anni e adesso sono in cassa, e nel futuro faro' la fine del disoccupato, perche' la mia azienda e' agli sgoccioli.
Grande, sei stato/a grande nella tua analisi!
Basta col ricatto!
Franco - Vercelli