Non sempre la menzogna la fa franca. Non succede quando chi conosce la verità ha il coraggio di farsi sentire.
Lasciato solo perfino dai suoi, pungolato dalle critiche (da quelle di don Ciotti, che si è recato apposta a Casal di Principe, a quelle, altrettanto dure, del magistrato che condusse l’accusa al processo per l’omicidio del prete anticamorra), pur con i soliti distinguo avvocateschi Gaetano Pecorella ieri ha dovuto scrivere una lettera di pubbliche scuse ai genitori di don Peppe Diana. La prossima volta - si spera - ci penserà due volte prima di gettare fango sulla memoria di un martire della lotta alla mafia. Perché l’ha fatto? Quel che non è venuto fuori dai numerosi articoli di stampa (lo ricorda oggi Nando dalla Chiesa sull’Unità) è che in quel modo l’onorevole Pecorella pensava di trarsi d’impaccio di fronte alla domanda del nostro amico Alessandro, relativa all’incompatibilità morale che in una democrazia rispettabile dovrebbe sussistere fra il ruolo di presidente della commissione giustizia della Camera e quello di avvocato difensore di un boss della camorra. Stressato da una domanda fuori programma, nella quale ha poi creduto di vedere “un tranello” studiato a tavolino dai suoi nemici, l’onorevole Pecorella ha dapprima usato l’arma dell’insinuazione velenosa (che volete da me, in fondo anche quel prete era un poco di buono) e poi ha querelato i suoi interlocutori, che nella lettera di scuse si ostina a definire ignoranti totali dei fatti. Una seconda lettera di scuse a questo punto sarebbe obbligata: per Alessandro e Dario, che non sono violatori della privacy né esecutori di un agguato e - come s’è visto - della storia di don Diana conoscono l’essenziale e dunque sono stati in grado di smentire le false accuse dell’ex avvocato del suo assassino. Quel che sui giornali non è emerso a sufficienza è la notizia della querela, con la polizia mandata all’alba a sequestrare una innocua cassettina a casa di un ragazzo colpevole soltanto di difendere la verità. Vedremo se l’avvocato Pecorella avrà il buon gusto di ritirare la denuncia rassegnandosi all’idea che la pessima figura che ha rimediato, imputabile solo e soltanto alla gravità di quel che ha detto, merita un esame di coscienza, non un’indagine penale. Glielo ripeteremo a tu per tu, confidando nell’assenza della moglie, quando ci ricapiterà di averlo a tiro di voce, edi telecamera.
Ringrazio intanto tutti coloro che, prendendo posizione pubblicamente, hanno impedito che l’offesa alla memoria di don Diana passasse sotto silenzio.
06/08/09
La coscienza di Pecorella
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