Il trailer del film documentario Videocracy, opportunamente rifiutato dalla RAI che non vuole vederlo e non vuole che venga visto.
Mai come per l'ultima sentenza sull'omicidio di Carlo Giuliani abbiamo potuto notare tanti titoli fotocopia. Se c'è una cosa che si impara osservando gran parte dell'informazione nazionale in occasioni come queste è che, oltre ad un decente senso etico del proprio mestiere, ai giornalisti nostrani (e soprattutto ai tanti riciclatissimi direttori) manca anche l'originalità.
I titoli riescono a spaziare al massimo tra "Per la Corte europea Carlo Giuliani fu ucciso per legittima difesa" a "Corte Europea: Giuliani al G8 ucciso per legittima difesa". Il record dell'originalità lo riserva "Il Tempo" con una sua personalissima visione della sentenza: "G8 2001: la Corte europea dà torto alla famiglia Giuliani".
Questo è ciò che i mezzi d'informazione nazionali hanno compreso della sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo emessa il 25 agosto sul ricorso presentato dalla famiglia Giuliani contro le sentenze del Tribunale di Genova sull'omicidio di Carlo Giuliani.
Questo è ciò che i media hanno compreso e di rimando questo è ciò che è apparso e apparirà agli occhi degli ignari lettori e telespettatori di questo paese.
Eppure non è questa l'impressione che si ha leggendo con esattezza l'intera sentenza, il resoconto dell'esame giudiziario, i suoi 279 paragrafi.
La realtà descritta nel documento non nega certo la "legittima difesa" dell'agente Mario Placanica, il carabiniere che il 20 luglio 2001 uccise il ventitreenne Carlo Giuliani. Anzi, la afferma con chiarezza.
Ma aggiunge qualcos'altro. Qualcosa al cui confronto stabilire se da parte di Placanica ci sia stato o meno un eccesso di legittima difesa è come interessarsi del clima e della temperatura quando si parla del 25 aprile del 1945.
Qualcosa per cui sarebbe stato più utile titolare: "La verità sulla morte di Carlo Giuliani occultata dallo Stato italiano". Perché, in sintesi, è questa la bomba nascosta nelle righe della sentenza. Forse troppo nascosta per l'occhio stanco di direttori di tg cortigiani.
Ma non troppo per chi si è degnato di leggere con attenzione passi della sentenza come i seguenti:
"Il corteo raggiunse il tunnel della stazione all'incrocio con Corso Torino.
Improvvisamente, i Carabinieri sotto il comando del signor Mondelli lanciarono lacrimogini sui dimostranti.
Alle 14:29 il centro di comunicazioni ordinò a Mondelli di recarsi rapidamente in Piazza Giusti, nel mentre le Tute Bianche procedevano lungo il percorso del corteo attraverso Corso Gastaldi. Sebbene esistevano 3 differenti percorsi per raggiungere la destinazione, Mandelli scelse la strada che portò la compagnia al rischio di incrocio con il corteo delle Tute Bianche, trascinandoli lungo Via Invrea verso l'intersezione con Corso Torino.
Pochi minuti dopo le 3 i Carabinieri si trovarono nel percorso dei dimostranti, attaccarono le Tute Bianche, dapprima usando i lacrimogeni, quindi avanzando e usando i manganelli.
L'attacco durò per circa due minuti. Esso non fu ordinato né dalla sede di controllo dei Carabinieri né da altre persone autorizzate a farlo".
Questo fu l'evento che scatenò sin dal 20 luglio gli scontri di piazza tra i manifestanti e le forze dell'ordine. Fu quest'attacco violento ed ingiustificato a rendere i minuti, le ore ed i giorni a seguire gli istanti della peggior barbarie alla quale un paese presunto civile avesse mai assistito.
La responsabilità di azioni scellerate di "capitani coraggiosi" viene messa nero su bianco da una Corte Europea di giustizia. E non è poco.
Il legame tra questa carica e la morte di Giuliani? Nel paragrafo immediatamente successivo:
"I Carabinieri spinsero i manifestanti indietro verso l'incrocio con Via Invrea. Una volta lì, i dimostranti si divisero: alcuni proseguirono avanti verso il mare, altri trovarono rifugio in Via Invrea e successivamente nell'area attorno a Piazza Alimonda.
Alcuni dimostranti risposero alle cariche, procurandosi oggetti solidi come bottiglie di vetro o pattumiere e cominciarono a lanciarli verso le forze dell'ordine.
[...] Una volta che l'attacco fu terminato, i Carabinieri abbandonarono Via Casaregis e quindi via Invrea, verso nord, prima di proseguire ad ovest lungo Via Tolemaide.
Uno di loro, Mario Placanica, era un Carabiniere di vent'anni, addestrato all'uso delle granate. Sofferente per gli effetti dei gas lacrimogeni lanciati da egli stessi durante i precedenti scontri, ottenne il permesso dal Capitano Cappello (comandante del contingente ECHO all'interno del CCIR - Contingente di Contenzione e Intervento Risolutivo) di entrare nella jeep allo scopo di allontanarsi dalla scena degli scontri.
Si accovacciò nel retro della jeep, ferito e in preda al panico, protetto da un lato da uno scudo e gridando ai dimostranti di allontanarsi o altrimenti "li avrebbe uccisi tutti".
Mario Placanica impugnò la sua Beretta 9mm, la puntò nella direzione del vetro posteriore frantumato della heep e, dopo qualche decina di secondi, sparò due colpi".
E sugli attacchi ingiustificati:
"La Corte nota a questo proposito che la Corte Distrettuale di Genova [...] ha ritenuto in prima istanza che le azioni dei carabinieri relativamente all'attacco in questione sono state illegali e arbitrarie".
Sulla presenza di Placanica:
"Un numero di questioni certamente necessitano di essere poste: se Mario Placanica, che era in un particolare stato mentale scatenato da un alto livello di stress e panico, avesse dovuto prendere parte a tale azione, se avesse avuto il beneficio di un appropriato addestramento ed esperienza; se un migliore coordinamento tra le diverse forze dell'ordine presenti sulla scena avrebbe impedito l'attacco alla jeep così da evitare vittime; infine, e soprattutto, se la tragedia si sarebbe potuta prevenire se ci si fosse preoccupati di non abbandonare la jeep, priva di equipaggiamento protettivo, proprio nel mezzo degli scontri, in particolar modo considerando il fatto che a bordo erano presenti persone ferite che continuavano a portare dietro delle armi".
"Dal punto di vista degli eventi precedenti, e dato che non è stata condotta alcuna indagine interna a questo proposito, un fatto che viene deplorato, la Corte non è in grado di stabilire l'esistenza di un collegamento diretto ed immediato tra le mancanza che possono aver influenzato la preparazione e la condotta del pubblico ufficiale e la morte di Carlo Giuliani. [...] Considerate le mancanze nell'esame forense e l'incapacità di preservare il corpo, non è sorprendente che i procedimenti giudiziari siano culminati nella decisione di non approfondire la vicenda. La Corte conclude che le autorità non hanno condotto un'indagine adeguata sulle circostanze della morte di Carlo Giuliani".
[...]
"In nessun momento è stato tentato di esaminare il contesto generale e di considerare se le autorità avessero pianificato e gestito l'operazione di ordine pubblico in un modo tale da prevenire incidenti come quelli che causarono la morte di Carlo Giuliani. In particolare le indagini non hanno tentato di stabilire perché Mario Placanica - che il suo ufficiale superiore ha considerato inadatto a continuare il proprio dovere a causa del suo stato fisico e mentale - non è stato condotto direttamente in ospedale, è stato lasciato in possesso di una pistola carica ed è stato posto in una jeep che non aveva protezioni e che era stata tagliata fuori dal contingente che essa stava seguendo".
"Dal punto di vista della Corte, le indagini avrebbero dovuto esaminare questi aspetti almeno per quanto concerne l'organizzazione e la gestione dell'ordine pubblico, relativamente al colpo fatale essendo strettamente legato alla situazione in cui si sono trovati Filippo Cavataio e Mario Placanica.
In altre parole, le indagini non sono state adeguate giacché esse non hanno cercato di determinare chi fossero i responsabili di quella situazione".
Stando alle parole della sentenza, la vera mancanza da parte italiana (una mancanza gravissima senza ombra di dubbio e che anche la Corte Europea ha definito deplorevole) è consistita nell'assenza di una indagine accurata che indagasse sull'organizzazione e la pianificazione dell'ordine pubblico, sulle responsabilità delle autorità nella gestione delle diverse operazioni.
Quello che una Commissione Parlamentare d'inchiesta, per propria natura, avrebbe potuto determinare con facilità. Anche solo per la morte di Carlo Giuliani, lasciando stare per il momento i ben più oscuri momenti come le torture a Bolzaneto o il massacro alla scuola Diaz.
Sarebbe bastata una Commissione d'inchiesta. Quella che 2 anni fa in tanti hanno fatto a gara per ammazzare. E che hanno ucciso. Assieme alla verità.
I titoli riescono a spaziare al massimo tra "Per la Corte europea Carlo Giuliani fu ucciso per legittima difesa" a "Corte Europea: Giuliani al G8 ucciso per legittima difesa". Il record dell'originalità lo riserva "Il Tempo" con una sua personalissima visione della sentenza: "G8 2001: la Corte europea dà torto alla famiglia Giuliani".
Questo è ciò che i mezzi d'informazione nazionali hanno compreso della sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo emessa il 25 agosto sul ricorso presentato dalla famiglia Giuliani contro le sentenze del Tribunale di Genova sull'omicidio di Carlo Giuliani.
Questo è ciò che i media hanno compreso e di rimando questo è ciò che è apparso e apparirà agli occhi degli ignari lettori e telespettatori di questo paese.
Eppure non è questa l'impressione che si ha leggendo con esattezza l'intera sentenza, il resoconto dell'esame giudiziario, i suoi 279 paragrafi.
La realtà descritta nel documento non nega certo la "legittima difesa" dell'agente Mario Placanica, il carabiniere che il 20 luglio 2001 uccise il ventitreenne Carlo Giuliani. Anzi, la afferma con chiarezza.
Ma aggiunge qualcos'altro. Qualcosa al cui confronto stabilire se da parte di Placanica ci sia stato o meno un eccesso di legittima difesa è come interessarsi del clima e della temperatura quando si parla del 25 aprile del 1945.
Qualcosa per cui sarebbe stato più utile titolare: "La verità sulla morte di Carlo Giuliani occultata dallo Stato italiano". Perché, in sintesi, è questa la bomba nascosta nelle righe della sentenza. Forse troppo nascosta per l'occhio stanco di direttori di tg cortigiani.
Ma non troppo per chi si è degnato di leggere con attenzione passi della sentenza come i seguenti:
"Il corteo raggiunse il tunnel della stazione all'incrocio con Corso Torino.
Improvvisamente, i Carabinieri sotto il comando del signor Mondelli lanciarono lacrimogini sui dimostranti.
Alle 14:29 il centro di comunicazioni ordinò a Mondelli di recarsi rapidamente in Piazza Giusti, nel mentre le Tute Bianche procedevano lungo il percorso del corteo attraverso Corso Gastaldi. Sebbene esistevano 3 differenti percorsi per raggiungere la destinazione, Mandelli scelse la strada che portò la compagnia al rischio di incrocio con il corteo delle Tute Bianche, trascinandoli lungo Via Invrea verso l'intersezione con Corso Torino.
Pochi minuti dopo le 3 i Carabinieri si trovarono nel percorso dei dimostranti, attaccarono le Tute Bianche, dapprima usando i lacrimogeni, quindi avanzando e usando i manganelli.
L'attacco durò per circa due minuti. Esso non fu ordinato né dalla sede di controllo dei Carabinieri né da altre persone autorizzate a farlo".
Questo fu l'evento che scatenò sin dal 20 luglio gli scontri di piazza tra i manifestanti e le forze dell'ordine. Fu quest'attacco violento ed ingiustificato a rendere i minuti, le ore ed i giorni a seguire gli istanti della peggior barbarie alla quale un paese presunto civile avesse mai assistito.
La responsabilità di azioni scellerate di "capitani coraggiosi" viene messa nero su bianco da una Corte Europea di giustizia. E non è poco.
Il legame tra questa carica e la morte di Giuliani? Nel paragrafo immediatamente successivo:
"I Carabinieri spinsero i manifestanti indietro verso l'incrocio con Via Invrea. Una volta lì, i dimostranti si divisero: alcuni proseguirono avanti verso il mare, altri trovarono rifugio in Via Invrea e successivamente nell'area attorno a Piazza Alimonda.
Alcuni dimostranti risposero alle cariche, procurandosi oggetti solidi come bottiglie di vetro o pattumiere e cominciarono a lanciarli verso le forze dell'ordine.
[...] Una volta che l'attacco fu terminato, i Carabinieri abbandonarono Via Casaregis e quindi via Invrea, verso nord, prima di proseguire ad ovest lungo Via Tolemaide.
Uno di loro, Mario Placanica, era un Carabiniere di vent'anni, addestrato all'uso delle granate. Sofferente per gli effetti dei gas lacrimogeni lanciati da egli stessi durante i precedenti scontri, ottenne il permesso dal Capitano Cappello (comandante del contingente ECHO all'interno del CCIR - Contingente di Contenzione e Intervento Risolutivo) di entrare nella jeep allo scopo di allontanarsi dalla scena degli scontri.
Si accovacciò nel retro della jeep, ferito e in preda al panico, protetto da un lato da uno scudo e gridando ai dimostranti di allontanarsi o altrimenti "li avrebbe uccisi tutti".
Mario Placanica impugnò la sua Beretta 9mm, la puntò nella direzione del vetro posteriore frantumato della heep e, dopo qualche decina di secondi, sparò due colpi".
E sugli attacchi ingiustificati:
"La Corte nota a questo proposito che la Corte Distrettuale di Genova [...] ha ritenuto in prima istanza che le azioni dei carabinieri relativamente all'attacco in questione sono state illegali e arbitrarie".
Sulla presenza di Placanica:
"Un numero di questioni certamente necessitano di essere poste: se Mario Placanica, che era in un particolare stato mentale scatenato da un alto livello di stress e panico, avesse dovuto prendere parte a tale azione, se avesse avuto il beneficio di un appropriato addestramento ed esperienza; se un migliore coordinamento tra le diverse forze dell'ordine presenti sulla scena avrebbe impedito l'attacco alla jeep così da evitare vittime; infine, e soprattutto, se la tragedia si sarebbe potuta prevenire se ci si fosse preoccupati di non abbandonare la jeep, priva di equipaggiamento protettivo, proprio nel mezzo degli scontri, in particolar modo considerando il fatto che a bordo erano presenti persone ferite che continuavano a portare dietro delle armi".
"Dal punto di vista degli eventi precedenti, e dato che non è stata condotta alcuna indagine interna a questo proposito, un fatto che viene deplorato, la Corte non è in grado di stabilire l'esistenza di un collegamento diretto ed immediato tra le mancanza che possono aver influenzato la preparazione e la condotta del pubblico ufficiale e la morte di Carlo Giuliani. [...] Considerate le mancanze nell'esame forense e l'incapacità di preservare il corpo, non è sorprendente che i procedimenti giudiziari siano culminati nella decisione di non approfondire la vicenda. La Corte conclude che le autorità non hanno condotto un'indagine adeguata sulle circostanze della morte di Carlo Giuliani".
[...]
"In nessun momento è stato tentato di esaminare il contesto generale e di considerare se le autorità avessero pianificato e gestito l'operazione di ordine pubblico in un modo tale da prevenire incidenti come quelli che causarono la morte di Carlo Giuliani. In particolare le indagini non hanno tentato di stabilire perché Mario Placanica - che il suo ufficiale superiore ha considerato inadatto a continuare il proprio dovere a causa del suo stato fisico e mentale - non è stato condotto direttamente in ospedale, è stato lasciato in possesso di una pistola carica ed è stato posto in una jeep che non aveva protezioni e che era stata tagliata fuori dal contingente che essa stava seguendo".
"Dal punto di vista della Corte, le indagini avrebbero dovuto esaminare questi aspetti almeno per quanto concerne l'organizzazione e la gestione dell'ordine pubblico, relativamente al colpo fatale essendo strettamente legato alla situazione in cui si sono trovati Filippo Cavataio e Mario Placanica.
In altre parole, le indagini non sono state adeguate giacché esse non hanno cercato di determinare chi fossero i responsabili di quella situazione".
Stando alle parole della sentenza, la vera mancanza da parte italiana (una mancanza gravissima senza ombra di dubbio e che anche la Corte Europea ha definito deplorevole) è consistita nell'assenza di una indagine accurata che indagasse sull'organizzazione e la pianificazione dell'ordine pubblico, sulle responsabilità delle autorità nella gestione delle diverse operazioni.
Quello che una Commissione Parlamentare d'inchiesta, per propria natura, avrebbe potuto determinare con facilità. Anche solo per la morte di Carlo Giuliani, lasciando stare per il momento i ben più oscuri momenti come le torture a Bolzaneto o il massacro alla scuola Diaz.
Sarebbe bastata una Commissione d'inchiesta. Quella che 2 anni fa in tanti hanno fatto a gara per ammazzare. E che hanno ucciso. Assieme alla verità.
Fonte articolo
Nessun commento:
Posta un commento
Visto lo spam con link verso truffe o perdite di tempo i commenti saranno moderati. Se commenti l'articolo sarà pubblicato al più presto, se invece vuoi lasciare link a siti porno o cose simili lascia perdere perdi solo tempo.