E’ lei. E’ la nave descritta dal pentito di mafia Francesco Fonti. E’ come e dove lui aveva indicato. Sotto cinquecento metri di acqua, lunga da 110 a 120 metri e larga una ventina, con un grosso squarcio a prua dal quale fuoriesce un fusto. Si trova venti miglia al largo di Cetraro (Cosenza). I fusti sarebbero 120, tutti pieni di rifiuti tossici. E la nave sarebbe una delle tre fatte sparire nei nostri mari con il loro carico mortale.
La verità è venuta fuori oggi pomeriggio: ora ci sono le foto scattate nei fondali da un robot inviato lì sotto dalla Regione Calabria. Sono abbastanza nitide. Si vede un mercantile adagiato su una fiancata lunga dieci metri, coperto da reti, costruito dopo gli anni Cinquanta. Si vede la prua squarciata e il fusto che fuoriesce. Sono foto importantissime, che abbiamo rischiato di non avere mai.
“E’ un risultato – spiega il Procuratore Capo della Repubblica di Paola, Giordano Bruno – al quale siamo arrivati grazie al sostegno dell’assessorato all’ambiente della Regione Calabria che ha mobilitato uomini e risorse economiche per questo”. Sì, perché in Procura spesso non arrivano neanche i soldi per comprare la carta per le fotocopie, figuriamoci per finanziare un’operazione cosi complessa. “Sono contentissimo – continua Bruno – ma anche triste: speravo di sbagliarmi. Quella che fino a ieri poteva essere una ipotesi diventa ora un fatto concreto e rivela un progetto tanto macabro da lasciare sconcertati”.
Ora le indagini proseguiranno e sono davvero tanti gli interrogativi da sciogliere. “A quella profondità – dice il Procuratore Capo – la pressione è tale che non si sa fino a che punto dei fusti possano reggere senza spargere il loro contenuto in mare. E non sappiamo quanto siano isolati”.
Di certo i misteri che hanno sempre avvolto questa vicenda non lasciano sperare bene. Come aveva già confermato la Marina militare, nella zona – siamo a venti miglia al largo di Cetraro (Cs) – non ci sono relitti bellici né della prima né della seconda guerra mondiale. Ma di battaglie pare ce ne siano state ben altre nei nostri mari, diventati il tavolino dove politica e mafia giocano le loro partite di soldi e di potere.
Certo, per avere la certezza matematica di cosa ci sia in quei fusti occorre aspettare che vengano tirati fuori dall’acqua e analizzati. Ma a questo punto il quadro sembra completo anche in considerazione della presenza di un’altra nave nei fondali di Amantea, la Jolli Rosso e del recente ritrovamento in zona di una collina di rifiuti radioattivi. Per non parlare dell’aumento dei tumori sulla costa, sui quali indaga proprio la Procura di Paola.
Quali saranno i prossimi passi? “Il robot – spiega il procuratore Bruno – non è potuto entrare nelle stive. Ora servirà usarne un altro, con un supporto più “morbido” capace di fotografare anche l’interno. Il nostro lavoro continua.
Fonte articolo
Nessun commento:
Posta un commento
Visto lo spam con link verso truffe o perdite di tempo i commenti saranno moderati. Se commenti l'articolo sarà pubblicato al più presto, se invece vuoi lasciare link a siti porno o cose simili lascia perdere perdi solo tempo.