E' questa la non-conclusione del dibattito avvenuto ieri nella seduta plenaria dell'europarlamento sul tema "Libertà d'informazione in Italia e in altri stati membri dell'Unione Europea": l'Italia è un paese a metà tra libertà e dispotismo. In altre parole, secondo l'Europa il nostro paese vive una condizione di grave attacco alla libertà d'informazione, il diritto ad informare è messo profondamente a repentaglio dalle autorità di governo e, in primis, dal suo premier e, al tempo stesso, tutto questo non costituisce un problema.
La citazione esclusiva del nostro paese nel titolo del dibattito e delle mozioni messe al voto ieri costituisce già di per sé un particolare attestato di "singolarità" tutta esclusiva all'interno dell'Unione Europea.
E se alla citazione dedicata all'Italia aggiungiamo che questo tema è stato dibattuto soltanto alla dodicesima seduta dall'insediamento del nuovo parlamento europeo, è immediato comprendere anche la priorità che l'Europa tutta ha attribuito a questo tema.
Una priorità che si è disintegrata di fronte alla contrapposizione destra-sinistra su una vicenda che di politico ha ben poco.
Tutte le mozioni presentate ieri, a partire da quelle congiunte PPE-ECR-EDF (popolari, conservatori, libertà e democrazia) e S&D-ALDE-Verdi-GUE/NGL (socialisti-democratici, liberali-democratici, verdi, sinistra), sono state respinte dall'emiciclo di Strasburgo.
L'Europa non ha preso alcuna posizione ufficiale sul problema della libertà di stampa in Italia. Questo è quanto emerge dal voto finale, ma non è ciò che appare se si osserva nel dettaglio le diverse votazioni effettuate nel corso dell'intera seduta.
Con circa 90 voti di scarto è stato rigettato il documento dei popolari europei, impegnati in una "anticonformista" apologia dell'ottimo sistema d'informazione italiano. Con soli 8 voti e con numero pari di favorevoli e contrari sono stati rigettati i documenti rispettivamente delle forze progressiste e quello dei liberal-democratici.
A dispetto di quanto emerso nel voto finale, nel corso dell'intera seduta tutte le singole parti del documento dei "progressisti" messe ai voti sono state accettate, e respinti tutti gli emendamenti del centrodestra.
Un documento approvato nelle singole parti in cui si condanna il conflitto di interessi (paragrafo 2), il rischio di riduzione dei diritti fondamentali (paragrafo 3), le intimidazioni alla stampa nazionale ed estera da parte del premier Berlusconi (paragrafo 4) e si richiede la creazione di una direttiva europea ad hoc di contrasto a tali fenomeni (paragrafo 6), ma rigettato nel suo complesso.
Il perché di una conclusione così inattesa emerge dalla sorprendente lettura dei voti nominali [PDF]: a parte la conversione di molti astenuti verso il "no" al documento liberal-verde-socialista-comunista, è da segnalare il voto errato di ben 4 deputati europei, tra cui il dipietrista Vincenzo Iovine (voto contrario, a differenza dei 3 colleghi che risultano erroneamente non votanti).
A questi vanno aggiunti i tre deputati ALDE astenuti e invece favorevoli durante i singoli voti disgiunti e il numero estremamente variabile dei votanti all'interno dell'intera seduta.
Una prosecuzione ordinata, logica e lineare dei voti avrebbe determinato una certa "condanna politica" all'informazione del nostro paese. I numeri avrebbero potuto consentirlo, ma così non è stato. Restiamo in attesa del prossimo capitolo...
La citazione esclusiva del nostro paese nel titolo del dibattito e delle mozioni messe al voto ieri costituisce già di per sé un particolare attestato di "singolarità" tutta esclusiva all'interno dell'Unione Europea.
E se alla citazione dedicata all'Italia aggiungiamo che questo tema è stato dibattuto soltanto alla dodicesima seduta dall'insediamento del nuovo parlamento europeo, è immediato comprendere anche la priorità che l'Europa tutta ha attribuito a questo tema.
Una priorità che si è disintegrata di fronte alla contrapposizione destra-sinistra su una vicenda che di politico ha ben poco.
Tutte le mozioni presentate ieri, a partire da quelle congiunte PPE-ECR-EDF (popolari, conservatori, libertà e democrazia) e S&D-ALDE-Verdi-GUE/NGL (socialisti-democratici, liberali-democratici, verdi, sinistra), sono state respinte dall'emiciclo di Strasburgo.
L'Europa non ha preso alcuna posizione ufficiale sul problema della libertà di stampa in Italia. Questo è quanto emerge dal voto finale, ma non è ciò che appare se si osserva nel dettaglio le diverse votazioni effettuate nel corso dell'intera seduta.
Con circa 90 voti di scarto è stato rigettato il documento dei popolari europei, impegnati in una "anticonformista" apologia dell'ottimo sistema d'informazione italiano. Con soli 8 voti e con numero pari di favorevoli e contrari sono stati rigettati i documenti rispettivamente delle forze progressiste e quello dei liberal-democratici.
A dispetto di quanto emerso nel voto finale, nel corso dell'intera seduta tutte le singole parti del documento dei "progressisti" messe ai voti sono state accettate, e respinti tutti gli emendamenti del centrodestra.
Un documento approvato nelle singole parti in cui si condanna il conflitto di interessi (paragrafo 2), il rischio di riduzione dei diritti fondamentali (paragrafo 3), le intimidazioni alla stampa nazionale ed estera da parte del premier Berlusconi (paragrafo 4) e si richiede la creazione di una direttiva europea ad hoc di contrasto a tali fenomeni (paragrafo 6), ma rigettato nel suo complesso.
Il perché di una conclusione così inattesa emerge dalla sorprendente lettura dei voti nominali [PDF]: a parte la conversione di molti astenuti verso il "no" al documento liberal-verde-socialista-comunista, è da segnalare il voto errato di ben 4 deputati europei, tra cui il dipietrista Vincenzo Iovine (voto contrario, a differenza dei 3 colleghi che risultano erroneamente non votanti).
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