06/10/09

SE LA RIPRESA PUNTA SUL VERDE

Con la crisi cresce l'interesse per i cosiddetti lavori verdi, legati allo sviluppo di energie alternative. Non mancano le opinioni critiche, ma dal settore potrebbe derivare un aumento sia della produttività che dell'occupazione. E dunque i green jobs potrebbero permettere di riassorbire parte della crisi occupazionale che colpisce settori più tradizionali dell'economia. In ogni caso, hanno un valore intrinseco di tutela ambientale che ha un suo peso economico. E potrebbero consentire, indirettamente, una redistribuzione di risorse a favore delle generazioni future.

Una conseguenza dell'attuale crisi economica è l'aumento dell’interesse pubblico per i “green jobs”. Sono quei lavori che impiegano persone in tutte le attività connesse allo sviluppo di fonti di energia alternativa come l'energia solare, eolica eccetera. L'intervento pubblico in loro favore si è concentrato su due aspetti: incentivazione all'utilizzo delle fonti alternative e sostegno dell'attività economica a esse collegata. Rispondere alla crisi investendo in fonti energetiche non è certo una novità, e allora in concreto, cosa possono o non possono fare i green jobs per la crescita economica?

GREEN JOBS E PRODUTTIVITÀ

Cominciamo dalle voci critiche: secondo alcuni, i green jobs comporterebbero una perdita di produttività. (1)
La ragione sostanziale della presunta inefficienza è la duplicità di scopo di questo settore industriale. Da una parte, infatti, si prefigge di sviluppare fonti energetiche che rispettino l’ambiente; dall’altra, vuole anche garantire che queste fonti producano a costi i più contenuti possibile, secondo il principio di efficienza su cui si basano tutte le economie di mercato. L'obiettivo dell'industria di combustibili tradizionali, e quindi inquinanti, è invece soltanto uno: produrre energia al minor costo. In altre parole, se per ottenere un certo ammontare di energia inquinante è necessaria una persona, mentre per ottenere lo stesso quantitativo di energia pulita sono necessarie due persone, l'utilizzo di energia ecologica produrrebbe in realtà una diminuzione di produttività e solo un aumento illusorio di occupazione. E infatti Adam Rose e Dan Wei della Pennsylvania State University hanno stimato una perdita di circa un milione di occupati per gli Stati Uniti se un terzo dell'energia elettrica prodotta entro il 2015 fosse generata da fonti rinnovabili. (2)
La ragione principale dell'aumento della disoccupazione è il maggior prezzo dell'energia elettrica “pulita”.
Sul versante opposto, un recente paper del Peterson Institute of International Economics parte da un'interessante domanda: se i soldi stanziati con il pacchetto “verde” americano venissero spesi in modo differente, quale sarebbe l'impatto sull'occupazione? (3) I risultati sono sorprendenti: un miliardo di euro speso in energia pulita creerebbe circa 30mila posti di lavoro all'anno contro i circa 25mila che si avrebbero con lo stesso miliardo speso per la costruzione di strade. Gli autori dello studio giustificano il risultato con la maggior spesa privata indotta dallo stimolo pubblico “ecologico” che non si ha con lo stimolo pubblico “non-ecologico”.

EQUITÀ INTERGENERAZIONALE

Pertanto, è complicato prevedere se la perdita di produttività genererà o meno un aumento della disoccupazione come sostengono i critici dei green jobs. Che, fra l'altro, non tengono nemmeno conto di possibili effetti redistributivi intergenerazionali virtuosi. Da un lato, generazioni che hanno fatto del consumismo e dello spreco energetico strumenti indispensabili a mantenere elevatissimi i propri livelli di vita, si troverebbero a dover controllare la propria bulimia energetica. Dall’altro, generazioni future dal benessere sempre più incerto avrebbero la garanzia di un pianeta meno deteriorato. Se dal punto di vista dell’efficienza economica, dunque, la risposta alla domanda iniziale non è così scontata, dal punto di vista dell’equità intergenerazionale esistono argomenti che testimoniano decisamente a favore dell’investimento nell’industria verde. Tanto più se abbandoniamo i tradizionali indicatori di benessere e consideriamo la produzione di energia e la “qualità ambientale” come prodotto congiunto: incentivare l’industria dei green jobs permetterebbe allora di rompere il precedente trade off e ottenere un aumento sia della produttività che dell’occupazione. Secondo questa nuova accezione, dunque, i “lavori verdi” presentano addirittura tre vantaggi: permettono, anche se solo in parte e non perfettamente, di riassorbire parte della crisi occupazionale che colpisce settori più tradizionali dell’economia. Hanno un valore intrinseco di tutela ambientale, il cui peso economico solo da poco tempo si sta cercando di determinare. (4) Infine, permettono indirettamente una redistribuzione di risorse a favore delle generazioni future.


(1) Bradley J. Fikes “Energy: green jobs, brown economy?”.
(2) Si veda l'Economist del 2 aprile 2009.
(3) Trevor HouserA green recovery. Assessing US Economic Stimulus and the Prospects for International Coordination”.
(4) Si veda, per esempio, “Clima, è vera emergenza”, Brioschi editore: è la traduzione (parziale) del Rapporto Stern.

di Paolo Balduzzi e Andrea Monticini

Fonte articolo

Stop al consumo di territorio
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