06/10/09

La storia del regno del despota magnanimo e della giovane Libertà


Il luogo della storia che seguirà è una piccola cittadella, capitale di un minuscolo ed isolato regno medievale. Il monarca è un "despota magnanimo". Mostra adorazione per il suo popolo, elargisce doni di ogni tipo, rende la sua figura amata da tutti al punto tale da rasentare l'idolatria.
Nel frattempo però proibisce le pubbliche adunate, vieta lo scambio di messaggi scritti tra privati cittadini e lascia che le uniche informazioni vengano diffuse in tutto il regno dai suoi messi.

In questo regno vive una graziosa fanciulla dal nome Libertà. E' adorata da tutti. Nessuno osa parlarne male. Nemmeno chi, come il monarca, preferirebbe non esistesse. E' invisa a Sua Maestà, il Re sopporta con difficoltà la presenza di un amore collettivo superiore a quello che i sudditi tributano a lui.
Non osando denigrare pubblicamente la fanciulla, il Re aspetta solo il momento adatto per cacciarla dal regno.
L'alibi si presenta presto.

Lo spietato monarca, grazie alla sua capillare rete di spie ed osservatori, scopre un fatto increscioso, inaspettato, pericoloso: il capo dei messaggeri di corte, il più grande divulgatore di notizie del Re, si è innamorato di Libertà. Un amore corrisposto.

Questo amore genuino per il despota rappresenta una sicura morte politica. Le menzogne divulgate nel corso degli anni mostrerebbero tutto d'un tratto il proprio volto.
Libertà viene catturata, di nascosto dagli occhi del popolo. Viene rinchiusa in carcere, violentata, seviziata, torturata. Una barbarie che, se resa pubblica, costerebbe al Re il regno e la vita.

Tra la popolazione, nonostante la venerazione massima tributata alla figura del Re, ancora troppi sono coloro che non sopportano Sua Maestà. Coincidenza vuole che la sera del rapimento questi pericolosi ribelli abbiano ordito un tentativo di sollevazione popolare. Se i sudditi venissero convinti dal manipolo di insorgenti, la gente assalirebbe la prigione reale e verrebbe a conoscenza del sequestro di Libertà.
Da lì alla violenta morte del Re il passo sarebbe brevissimo.

Alcuni rivoltosi propongono di divulgare la verità su ciò che accade nella cittadella diroccata, dove i suoi abitanti, senza più una casa, vengono costretti anche al pagamento dei tributi, a dispetto di ciò che racconta il re che parla di ville e di fiumi di denaro. Altri propongono di parlare della cittadina di Fondus, governata dai briganti. Altri ancora vogliono mostrare alla gente che il Re nulla sta facendo contro la carestia che affama l'intera regione, che Sua Maestà ha intenzione di chiudere tutte le scuole del regno o che gli sgherri del Re portano con la forza al pericoloso Generale Elìbia tutti gli stranieri che si avvicinano alle mura della città.
Qualche rivoltoso suggerisce di rivelare di quando il re, tanto tempo prima, comprò con l'inganno tutti i libri del paese. Qualcuno vuole invece che si parli dei pericolosi ma ancora sconosciuti intrighi di palazzo che vedono protagonista Sua Maestà ed il cerusico di corte: Tarantus.

Nulla di tutto ciò. La decisione presa è un'altra. Il popolo dovrà sapere dei ripetuti tradimenti del Re a danno della Regina compiuti con alcune giovani cortigiane. Una vicenda che riguarda anche il cerusico, anche se la sua figura dovrà risultare marginale.

L'attenzione deve ricadere sul tradimento sessuale. Il resto rischierebbe di confondere la plebe.

Il risultato è presto detto. Quella notte non ci fu alcuna sollevazione. I sudditi rimasero tra le mura di casa a discutere del tradimento del re. A fare ipotesi. Ad immaginarne morbosamente i dettagli. Leggendo con attenzione tutta la ricostruzione della vicenda tra le righe del comunicato "ribelle".
I rivoltosi fallirono miseramente nell'intento sovversivo. In compenso i loro nomi si diffusero in tutto il regno in qualità di "divulgatori di scomode verità". Con l'occhio compiaciuto del dispotico Re che aveva ben compreso il rischio ben peggiore a cui era andato pericolosamente incontro.

Nessuno seppe nulla sulla città diroccata, su Fondus, sulle scuole, sulla carestia, sul generale Elibia o su Tarantus.

Libertà morì quella stessa notte, assieme al messaggero traditore. Nessuno nel regno si accorse di nulla. Solo qualche volta qualcuno, negli anni a seguire, è tornato a chiedersi dove mai fosse finita Libertà.

Fonte articolo

Stop al consumo di territorio
La Casta dei giornali
Firma la petizione per dire NO al NUCLEARE.

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