19/11/09

Cosa c'entra Dell'Utri con Berlusconi?


I rapporti umani possono essere pessimi, cattivi, buoni, splendidi o indifferenti. Alla base di tutto, però, ci deve essere onestà intellettuale. Senza onestà intellettuale, la dialettica esce dai binari della logica e perde ogni contenuto di comunicazione.

Ieri sera Peter Gomez, ospite di Exit, è stato invitato dalla conduttrice a spiegare da cosa esattamente il DDL Processo Breve – ma sarebbe meglio chiamarlo distruggi processi – deve salvare Silvio Berlusconi. Gomez ha elencato tutti i processi che pendono sul capo del premier, sul capo di un capo, cioè di un capo di governo.

Dicono che bisogna lasciarlo lavorare. Io dico che bisogna lasciare lavorare gli italiani onesti. Gli italiani diversamente onesti, invece, quelli pieni di conflitti di interessi, i colpevoli ma prescritti, gli indagati per reati di mafia e camorra, i corruttori salvati dalle leggi ad personam, che hanno potuto fare quelle leggi proprio perché li hanno lasciati lavorare, devono soltanto essere processati.
In una democrazia la legittimazione elettorale non è sufficiente: le istituzioni vivono anche e soprattutto di credibilità, di legittimazione etica e morale. Conta come e più del voto. Senza credibilità, i governi di tutto il mondo si dimettono. Lo fanno per coerenza, per rispetto, per dignità. Sono leggi non scritte, perché fanno parte di quei valori fondamentali che distinguono la società civile da un branco di unni invasori. Se non si rispettano, le tensioni sociali si esasperano e la produttività si blocca, ingessata in un conflitto che non riesce a superare.

Silvio Berlusconi non è l’unica personalità dubbia in un paese di creativi della legalità. E’ vero, ma è l’unico a fare il Presidente del Consiglio. In Svezia un ministro si dimise perché fu scoperto a non aver pagato il canone televisivo. Questo è il motivo per cui in Europa si pensano queste cose di noi.
Silvio Berlusconi deve dimettersi. Lo deve fare per il bene di un paese, per la sua immagine nel mondo, per consentire a tutti di uscire da questo stallo che paralizza l’Italia e la divide tra chi pensa che tanto fanno tutti così e chi invece esige una classe dirigente ineccepibile, perché crede ancora che gli ideali abbiano un senso e che dopo trent’anni di trasmissioni trash non sia troppo tardi per risvegliare la coscienza dei nostri figli dal torpore catodico. Finché questo non accadrà, assisteremo ancora a cortigiani che in spregio totale di ogni ragionevolezza difendono l’indifendibile pur di fare scudo intorno al loro datore di lavoro.

Peter Gomez ha chiesto ad Alessandro Sallusti, condirettore del Giornale insieme a Vittorio Feltri, se la condanna in primo grado e l’eventuale condanna definitiva di Marcello Dell’Utri, per reati di mafia, avrebbe aperto o meno un problema politico, visto che Dell’Utri è il braccio destro di Silvio Berlusconi.
Era una domanda retorica, ma evidentemente nessuno deve averlo spiegato a Sallusti perché, impassibile come una statua di emme - dove la emme non sta per marmo – ha risposto “No, perché? Cosa c’entra Dell’Utri con Berlusconi?”.

Quando l’onestà intellettuale passa in secondo piano rispetto alla necessità di difendere gli asini che volano, ogni speranza di confronto è finita, ogni via d’uscita è sbarrata.

A beneficio non di Sallusti, che queste cose le sa benissimo, ma di chi non ne fosse ancora stato informato dal Grande Fratello, dall’Isola dei Famosi e neppure dal TG1, ecco un estratto che risponde alla domanda “Cosa c’entra Dell’Utri con Berlusconi?”.

Cosa c’entra Dell’Utri con Berlusconi?

Bigino per sputtanare Antonio Sallusti

Marcello Dell'Utri conosce Silvio Berlusconi all'Università Statale di Milano.

Nel 1964, a 23 anni, lavora come segretario per Silvio Berlusconi. Nel 1967, a Palermo, conosce Vittorio Mangano e Gaetano Cinà, due mafiosi appartenenti a Cosa Nostra.
Nel 1974 Silvio Berlusconi lo vuole a Milano per lavorare alla EdilNord, e segue i lavori di ristrutturazione della villa di Arcore, la villa di Silvio Berlusconi.

Il 7 luglio porta nella villa di Arcore Vittorio Mangano che, secondo il Tribunale di Palermo, viene assunto da Silvio Berlusconi come "responsabile" per evitare che i familiari dell'imprenditore fossero vittima di sequestro di persona (e non come "stalliere", come affermato). Il Tribunale di Palermo ha affermato che Dell'Utri conosceva lo "spessore delinquenziale" di Mangano, e anzi, lo avrebbe scelto proprio per tale "qualità".

Nel 1977 viene assunto dalla Inim di Rapisarda, che ha relazioni con personalità di spicco della mafia quali Ciancimino, quello che in seguito gli avrebbe fatto fare da tramite per consegnare una lettera di richieste mafiose a Silvio Berlusconi, nella quale Cosa Nostra rivendicava un canale Mediaset.
Sempre nel 1977, è ospite al matrimonio di Jimmy Fauci, a Londra, boss mafioso che gestisce il traffico di droga in Italia.

Nel 1982 diventa dirigente, poi Presidente e Amministratore Delegato, di Publitalia '80, la società fondata da Silvio Berlusconi per la raccolta pubblicitaria della Fininvest. Un anno dopo, nel corso di un blitz, viene trovato nella residenza del boss mafioso catanese Gaetano Corallo.

Nel 1984, per evidenti meriti sul campo, viene promosso ad amministratore delegato del gruppo Fininvest, il gruppo di Silvio Berlusconi.

Nel 1993 fonda Forza Italia insieme a Silvio Berlusconi.

Nel 1995 viene arrestato a Torino con l'accusa di aver inquinato le prove nell'inchiesta sui fondi neri di Publitalia '80 (quindi in nome di Silvio Berlusconi).

Nel gennaio 1996, mentre è imputato a Torino per false fatture e frode fiscale e indagato a Palermo per Mafia, Dell'Utri diventa deputato di Forza Italia in Parlamento.

A pochi giorni dalle elezioni politiche del 2008, in un'intervista rilasciata a Klaus Davi, afferma che Vittorio Mangano è stato «un eroe, a modo suo» perché, mentre era in carcere (dal 1995 al 2000, anno di morte, per molteplici reati), avrebbe rifiutato - nonostante ripetute pressioni - di fare dichiarazioni contro di lui, Marcello Dell’Utri, e Silvio Berlusconi in cambio della scarcerazione.

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