06/04/10

L'Aquila, un anno dopo. Un anno fa.



Quando Salvador Dalì compose La persistenza della memoria, quadro-manifesto del surrealismo, inserì nella sua opera l'immagine di alcuni "orologi molli", sintomo grafico dell'inconsistenza delle forme in uno stato di sogno e dell'irrilevanza del fattore tempo.
Oggi, dopo un anno intriso di dolore prima e rabbia poi, questo dipinto diviene l'opera rappresentativa del dramma della città dell'Aquila: stato di sogno perenne e irrilevanza del tempo.

La città dell'Aquila si colloca nel cuore della Valle dell'Aterno, nel suo esatto baricentro, circondata dal massiccio del Gran Sasso da un lato e dal Velino-Sirente dall'altro. Il fenomeno dell'eco avvolge questa conca come ogni altra. In questo modo, gli illustri personaggi in giacca e cravatta, accompagnati dall'altrettanto illustre uomo con maglia in pile e tricolore sulla manica, che parlano dall'alto della loro posizione possono farsi sentire all'interno della valle e sulle alture vicine, dove il resto della popolazione italiana è lì pronta ad ascoltare.
Ma dal fondo della valle, le grida racchiuse dalle mura in cemento armato non sfruttano questo fenomeno acustico. E restano silenziose, coperte dagli applausi fragorosi della popolazione che tributa onori e gloria agli uomini in giacca e cravatta o con la felpa in pile.

Il sottosegretario capo dipartimento della Protezione Civile, Guido Bertolaso, in occasione del ricordo del tragico sisma che un anno fa distruggeva una città ed una provincia per decine di migliaia di persone, traccia i grandi risultati ottenuti dall'esecutivo e dal suo organo. Non utilizza più la piazza dell'Aquila per fornire dati e cifre, ma impiega i ben più sicuri telegiornali RAI.
E mostra il miracolo inaspettato: "Solo un migliaio di persone sono ancora sulla costa". "Abbiamo fatto la scelta precisa e strategica di dare, intanto, a tutti una casa e non lasciare i cittadini nei container".

Eppure, stando agli ultimi censimenti della stessa Protezione Civile, sono più di 7 mila gli aquilani insediati negli alberghi della regione o nelle caserme della città, di cui 2600 solo nella fascia costiera. E la strategia del "tetto sicuro per tutti i cittadini", oggi parla di 17 mila persone che hanno trovato posto tra C.A.S.E. e M.A.P. e di circa 30 mila, la metà della popolazione sfollata, in Autonoma Sistemazione (ospiti in case di amici o parenti, in affitto a decine di chilometri dalla propria città a causa degli esorbitanti costi d'affitto nel capoluogo, nelle proprie case ancora lesionate e a rischio in attesa di ricevere via libera e fondi per avviare i lavori di ristrutturazione). Dopo 12 mesi dal tragico sisma.

Dopo un intero anno il centro storico dell'Aquila e di numerosi paesi del circondario sono integralmente off-limits. Tra le sue strade, di quelle che non godono di troppa simpatia ed attenzione nei tg Rai e Mediaset, cumuli di macerie, automobili dilaniate, libri universitari e scheletri di elettrodomestici la fanno da padrone. Molte strade sono del tutto impercorribili anche agli stessi addetti ai lavori. Le altre offrono una angosciante visuale da Day After.

Il piano CASE, elaborato per dare una sistemazione a 12 mila persone, ha superato il costo di 800 milioni di euro. Negli stanziamenti iniziali del governo 700 milioni sarebbero dovuti essere necessari per assicurare una collocazione abitativa sicura per tutta la popolazione sfollata. Con le stesse cifre, oggi l'intera popolazione sfollata avrebbe potuto fare uso di moduli in legno e case temporanee rimovibili e con tempi dimezzati.

Ma i miracoli sono fatti così e si accettano per ciò che sono. Anche se altre soluzioni più rapide ed economiche (richieste da organi locali e associazioni studentesche sin dal giorno successivo al sisma) sono state scartate sin dal principio. Anche se metà popolazione si è "arrangiata" con i propri mezzi e se alcuni, stanchi di aspettare fondi inesistenti, hanno avviato i lavori pagandoli di tasca propria e senza ottenere mezzo centesimo dallo stato. Anche se nel centro storico, dove trovavano posto le piccole attività produttive della città, oggi la priorità è ancora quella di rimuovere macerie datate aprile 2009. Anche se questo presunto "miracolo" non è un regalo o un segno di attenzione di un esecutivo, ma un ineludibile dovere.

E i miracoli, evidentemente, consentono anche qualche "illustre bugia" proprio nel giorno del ricordo e della memoria.

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