09/05/10

Tutela del racket e reato di giornalismo d'inchiesta nel DDL intercettazioni



Le intenzioni del governo e della maggioranza parlamentare sul disegno di legge sulle intercettazioni sembravano essersi modificate sensibilmente dopo l'approvazione del provvedimento alla Camera dei Deputati, avvenuta nel mese di giugno 2009. Il rallentamento del dibattito parlamentare in Commissione Giustizia del Senato, l'introduzione di alcuni emendamenti richiesti dalle opposizioni e l'approvazione di alcune correzioni tecniche sembravano costituire segnali da leggersi come una inattesa volontà di rallentare la furiosa corsa verso l'approvazione iniziata nel luglio 2008.

Poi, nuovamente, l'ulteriore svolta. Proprio in quest'ultima settimana di dibattito; il governo ha imposto una nuova vistosissima accelerata, avviando per ben 3 giorni a settimana sedute mattutine e pomeridiane dedicate esclusivamente al DDL in questione, e presentando nuovi emendamenti in grado di accrescere drasticamente l'impianto proibizionista e punitivo.

I punti più controversi del provvedimento (la rimozione di un giudice che rilascia pubbliche dichiarazioni sul procedimento, il divieto di diffusione e pubblicazione di documenti e intercettazioni anche non segreti a pena di ammende e reclusioni che arrivano fino a 6 anni, l'introduzione del limite inderogabile dell'ascolto a 60 giorni, distruzione automatica di documenti e nastri utilizzati in processi passati in giudicato, limite massimo di spesa per ciascuna procura e divieto di riutilizzo delle intercettazioni) hanno goduto di una strenua difesa da parte di tutti gli esponenti della maggioranza, con il rigetto sistematico di tutti gli emendamenti delle opposizioni.
Anche i tentativi di moderazione delle pene o di introduzione di alcune blande deroghe al rigido sistema di impiego delle intercettazioni hanno visto il "niet" deciso dell'intera compagine governativa.

D'altro canto, la maggioranza non si è limitata alla sola conservazione dei diversi commi del provvedimento, ma ha rilanciato la posta in gioco, introducendo alcune proposte di modifiche alla stesura originaria; tra di esse, una in particolare sembra destinata a suscitare nei prossimi giorni durissime polemiche.

Con l'emendamento 1.2007 (testo 2), il relatore del DDL, il Senatore Roberto Centaro (PDL), promotore tra le altre cose di un provvedimento teso a consentire per gli imputati la ricusazione dei pm qualora risultassero essere prevenuti sulla colpevolezza dell'imputato, stando alle contestazioni dell'opposizione, sembra porgere un enorme assist alla criminalità organizzata e al contempo un durissimo schiaffo al giornalismo d'inchiesta.

Il testo della modifica, presentata il 20 aprile scorso in commissione, punisce con la reclusione fino a 4 anni chiunque registri di nascosto una conversazione ambientale a cui egli stesso partecipi, senza alcuna distinzione di contesto, di origine o di scopo. A titolo di eccezione, il solo caso in cui tali intercettazioni risultino essere utilizzate in un procedimento giudiziario.
Ma fino all'eventuale (e quindi non sicuro) impiego di tali risorse in qualità di prove ufficiali, il suo autore riceverebbe automaticamente un'incriminazione penale.

La conseguenza di un tale provvedimento (che si applicherebbe a tutti i processi in corso e che sembra essere ritagliato attorno alla "vicenda" Patrizia D'Addario) impedirebbe ad ogni cittadino di raccogliere stralci di discussione con qualsiasi altra persona.
In altre parole, un imprenditore siciliano intento a registrare un tentativo di estorsione da parte di cosche mafiose locali, si troverebbe ad essere arrestato e a rischiare una condanna detentiva di 4 anni. Lo stesso accadrebbe ad un giornalista specializzato in servizi d'inchiesta che registrasse di nascosto atti, eventi o dialoghi tra persone ignare di essere intercettate.

Le prossime sedute, previste per la prossima settimana e intrise di numerose votazioni agli emendamenti, saranno decisive e ci diranno se il recente provvedimento verrà stralciato dalla maxi-legge sulle intercettazioni o se si prospetteranno, nel buon nome della privacy, tempi duri per gli eroi solitari.

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