Se il partito ex-dell'amore si fosse spaccato sul tema della "legalità" sarebbe stata una "Signora" spaccatura, e soprattutto Fini ne sarebbe uscito come un "Signor" Presidente della Camera.
Ora, siccome la democrazia in Italia è così gerontocraticamente parlando un fallimento, tant'è che da 20 anni cambia la sceneggiatura ma non gli sceneggiatori, ci troviamo a discutere sistematicamente di sconfitte che non sono mai rinunce, e di vittorie che non sono mai conquiste.
Ora, siccome la democrazia in Italia è così gerontocraticamente parlando un fallimento, tant'è che da 20 anni cambia la sceneggiatura ma non gli sceneggiatori, ci troviamo a discutere sistematicamente di sconfitte che non sono mai rinunce, e di vittorie che non sono mai conquiste.
Se la legalità di Fini si fosse tradotta tutta in quel "Chi è indagato lasci gli incarichi" di alcuni giorni fa, allora verrebbe spontaneo, anche ad un bambino di 3 anni, chiedergli se allora non fosse stato meglio che decine e decine di indagati non si candidassero proprio, e decine e decine di loro evitassero addirittura di sedere in Parlamento.
Perchè l'illegalità, così come la intende il Presidente della Camera, o meglio "il sovvertimento della questione morale", è nell'ontologia costituzionale del Partito di Berlusconi, nelle sue dichiarazioni, nelle sue logiche di massoneria, nelle sue leggi ad personam, e credo che Fini se ne sia potuto accorgere almeno 15 anni fa.
La verità è che se non fosse stato per quegli ennesimi giochetti di poltrone, ora staremmo ancora a parlare di un PDL unitissimo e lanciatissimo a governare fino alla fine della legislatura.
Secondo la mia modesta opinione, funesto fu quel giorno di aprile che Calderoli salì al Colle per mostrare a Napolitano le bozze per le riforme istituzionali e costituzionali.
Alcuni giorni dopo il Ministro Leghista dichiarò "Nel 2013 vedrei bene Berlusconi al Quirinale, ed un Premier Leghista."
E Fini? E decine e decine di finiani? Che fine avrebbero fatto?
Da lì la risposta provocatoria del finiano d'acciaio Bocchino "Meglio un premier gay che leghista", e da lì l'attuale crisi di governo che tutti conosciamo.
Ora comunque, a prescindere dalle chiacchiere e dalle opinioni, se Fini volesse veramente dare una svolta legalitaria a questa legislatura, che lo vede integerrimo protagonista super partes, dovrebbe porre come priorità al suo nuovo gruppo una sacrosanta riforma della legge elettorale (che come sempre accade dopo le elezioni finisce nel dimenticatoio), per poter sbarrare una volta e per tutte la strada ai tanti politici indagati e condannati, e per permettere ai cittadini italiani di ripristinare la preferenza diretta, per potersi finalmente trovare in Parlamento chi si vota e non chi sceglie il Grande Capo di questo o di quel partito, che molto spesso pesca nella sua corte il servo che più si mette in mostra.
Caro Fini e cari Finiani, se veramente volete ripristinare in Italia la "legalità", questa parola così sacra e così abusata, e che ora dimostrate tanto di avere a cuore, iniziate a restituirci il nostro sacrosanto diritto al voto: così un giorno veramente non potremo più esclamare, nè noi cittadini nè voi politici che ci reputiamo onesti "Chi è indagato lasci gli incarichi".
Fate in modo che gli indagati non solo non arrivino agli incarichi, ma nemmeno alle elezioni, se volete dimostrare di avere a cuore le sorti del nostro sciagurato Paese.
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