Non capisco il senso di tutta la discussione sugli autori della Mondadori che dovrebbero rinunciare a pubblicare libri per la casa editrice presieduta da Marina Berlusconi dopo il recente emendamento salva evasione fiscale. Non capisco perché soltanto ora ci si debba porre un dilemma che tale non sarebbe dovuto essere già dal 2007. Cioè da quando una sentenza penale definitiva condannò Cesare Previti a un anno e mezzo e il giudice Vittorio Metta a 2 anni e 9 mesi per corruzione in atti giudiziari. La sentenza di terzo e ultimo grado dice che Vittorio Metta nel giugno 1990 ricevette 400 milioni di lire dalle mani di Cesare Previti per scriverne una che regalasse la più grande e importante casa editrice italiana a Silvio Berlusconi. Che infatti risulta “corruttore corresponsabile“.
Una casa editrice occupata da una proprietà corruttrice con un mediatore del calibro del pregiudicato Ciarrapico, indurrebbe chiunque – dotato di dignità e rispetto per le sentenze – a non averci a che fare. Non soltanto un giornalista o uno scrittore, ma anche un grafico piuttosto che un distributore.
Ammesso e non concesso che uno scrittore abbia sorvolato la questione, mai e poi mai avrebbe scritto per Mondadori oltre il 3 ottobre scorso, quando il giudice Raimondo Mesiano condannò la Fininvest a risarcire con 749,95 milioni di euro la holding che controlla il quotidiano La Repubblica “per aver manipolato la sentenza sulla proprietà del gruppo l´Espresso-Mondadori“.
Ammesso e non concesso che uno scrittore abbia sorvolato pure questo mastodontico dettaglio dell’affaire, mai e poi mai avrebbe scritto per Mondadori oltre il 15 ottobre scorso, quando un ciambellano come Claudio Brachino mandò in onda un servizio televisivo intimidatorio sugli “stravaganti calzini turchesi” di quel giudice.
Insomma sono già state numerose le occasioni eclatanti per indurre i Vito Mancuso e i Don Gallo a staccarsi già tempo fa da Mondadori. Farlo solamente ora di fronte a un emendamento che legalizza la mastodontica evasione fiscale della casa editrice è un pochino da ipocriti. O se preferite un pochino da opportunisti. L’elenco, sia chiaro, non risparmia nessuno. Nemmeno i taciturni come Roberto Saviano.
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