La Corte di Cassazione ha dato ieri il via libera ai referendum contro la privatizzazione dell’acqua e a quello promosso dall’Italia dei Valori per abrogare la scelta nucleare del Governo. Via libera anche al referendum contro il legittimo impedimento, promosso anch’esso dall’Idv.
Deve ancora pronunciarsi la Corte Costituzionale, per verificare che i quesiti non contrastino appunto con la Costituzione: ma non mi sembra proprio che esistano dubbi.
Dopodichè, probabilmente nella primavera prossima, andremo a votare. Non tocca a questo blog sviscerare il legittimo impedimento, e per il nucleare basta ricordare costi, scorie e salute. E’ il caso invece di spendere qualche parola in più sull’acqua, anche perchè ci sono due referendum tesi grossomodo al medesimo obiettivo.
Il primo referendum per l’acqua pubblica è promosso dall’Italia dei Valori. In caso di vittoria dei sì, permetterebbe l’esistenza di società miste pubblico-privato per la gestione dei servizi idrici e la remunerazione attraverso le bollette.
L’altro referendum per l’acqua pubblica comprende tre quesiti (ci sarà il solito garbuglio di schede colorate con testi praticamente inintellegibili, ma ci penseremo a suo tempo) ed è promosso da una miriade di gruppi ed associazioni uniti nel Forum italiano dei movimenti per l’acqua e nello slogan “L’acqua non si vende”. L’obiettivo è far sì che l’acqua sia considerata un bene comune e venga sottratta ai processi speculativi.
Questi tre quesiti chiedono l’abrogazione dell’articolo 23 bis della legge 133/2008, conosciuta come Decreto Ronchi: approvata con voto di fiducia nel novembre 2009, è quella con cui il Governo Berlusconi ha introdotto la privatizzazione dell’acqua. Chiedono inoltre l’abrogazione degli articoli 150 e 154 del Decreto legislativo 152/06 (cosiddetto Decreto Ambientale) del Governo Prodi, che hanno creato i presupposti per la privatizzazione.
Coloro che vogliono mantenere la privatizzazione dell’acqua sono uniti nel fronte Acqualiberatutti, un bel nome per confondere le idee. Sostengono che la privatizzazione dell’acqua non è mai avvenuta, in quanto è stato privatizzato “solo” il servizio idrico. Cioè quel fenomeno per cui l’acqua esce da un pozzo e arriva al rubinetto di casa.
Affermano che è meglio affidare questo trasporto ai privati, perchè i gestori del servizio idrico dovranno sopportare indispensabili e ingenti spese di ammodernamento degli impianti.
Quei soldi, faccio notare, i privati non li prenderebbero dai loro portafoglio ma dalle bollette dell’acqua che noi pagheremo. E in più le nostre bollette sarebbero sufficientemente alte da assicurare loro anche un margine di guadagno.
Sul sito del Forum italiano dei movimenti per l’acqua la Corte di Cassazione dà il vialibera ai referendum
Su Apcom la Corte di Cassazione ha ammesso i tre referendum dell’Italia dei Valori
Fonte articoloDeve ancora pronunciarsi la Corte Costituzionale, per verificare che i quesiti non contrastino appunto con la Costituzione: ma non mi sembra proprio che esistano dubbi.
Dopodichè, probabilmente nella primavera prossima, andremo a votare. Non tocca a questo blog sviscerare il legittimo impedimento, e per il nucleare basta ricordare costi, scorie e salute. E’ il caso invece di spendere qualche parola in più sull’acqua, anche perchè ci sono due referendum tesi grossomodo al medesimo obiettivo.
Il primo referendum per l’acqua pubblica è promosso dall’Italia dei Valori. In caso di vittoria dei sì, permetterebbe l’esistenza di società miste pubblico-privato per la gestione dei servizi idrici e la remunerazione attraverso le bollette.
L’altro referendum per l’acqua pubblica comprende tre quesiti (ci sarà il solito garbuglio di schede colorate con testi praticamente inintellegibili, ma ci penseremo a suo tempo) ed è promosso da una miriade di gruppi ed associazioni uniti nel Forum italiano dei movimenti per l’acqua e nello slogan “L’acqua non si vende”. L’obiettivo è far sì che l’acqua sia considerata un bene comune e venga sottratta ai processi speculativi.
Questi tre quesiti chiedono l’abrogazione dell’articolo 23 bis della legge 133/2008, conosciuta come Decreto Ronchi: approvata con voto di fiducia nel novembre 2009, è quella con cui il Governo Berlusconi ha introdotto la privatizzazione dell’acqua. Chiedono inoltre l’abrogazione degli articoli 150 e 154 del Decreto legislativo 152/06 (cosiddetto Decreto Ambientale) del Governo Prodi, che hanno creato i presupposti per la privatizzazione.
Coloro che vogliono mantenere la privatizzazione dell’acqua sono uniti nel fronte Acqualiberatutti, un bel nome per confondere le idee. Sostengono che la privatizzazione dell’acqua non è mai avvenuta, in quanto è stato privatizzato “solo” il servizio idrico. Cioè quel fenomeno per cui l’acqua esce da un pozzo e arriva al rubinetto di casa.
Affermano che è meglio affidare questo trasporto ai privati, perchè i gestori del servizio idrico dovranno sopportare indispensabili e ingenti spese di ammodernamento degli impianti.
Quei soldi, faccio notare, i privati non li prenderebbero dai loro portafoglio ma dalle bollette dell’acqua che noi pagheremo. E in più le nostre bollette sarebbero sufficientemente alte da assicurare loro anche un margine di guadagno.
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Su Apcom la Corte di Cassazione ha ammesso i tre referendum dell’Italia dei Valori
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