La Sardegna è una colonia italiana, come la Somalia o l'Eritrea di una volta. La parola "colonia" significa: "Comunità costruita per l'occupazione e lo sfruttamento di un territorio d'oltremare, per lo più fornita di una più o meno evidente autonomia rispetto alla patria di origine". E' la fotografia della Sardegna. Il neocolonialismo italiano ha distrutto il territorio con la cementificazione delle coste (il lavoro non è ancora terminato, Marcegaglia e Benetton sono impegnati nel paradiso della Costa Verde), la pastorizia con l'introduzione di pecore dall'Est Europa in seguito naturalizzate sarde, il suo bellissimo mare, circondandola di impianti petroliferi da nord (E.On) a sud (Saras di Moratti) e con lo sversamento di decine di migliaia di metri cubi di petrolio. Le ribellioni vengono stroncate sul nascere, come da tradizione nelle colonie. E' avvenuto a Cagliari e a Porto Torres con l'intervento delle forze occupanti. Gli indigeni, quando cercano ascolto nell'opinione pubblica del Continente, sono recintati come bestie e manganellati il giusto come a Civitavecchia. La Sardegna, alla stregua di ogni colonia o protettorato che si rispetti, ha un governatore indigeno collaborazionista, Cappellacci, che esegue gli ordini dell'occupante. La colonia è luogo di svago per i suoi padroni italiani, è consuetudine che vi costruiscano ville faraoniche in cui soggiornano con le loro favorite e invitino importanti ospiti stranieri. Il segreto del successo dell'occupazione italiana risiede nella negazione dell'occupazione stessa. L'Italia porta lavoro e in cambio non chiede nulla. Solo l'anima sarda e il futuro di questa straordinaria gemma del Mediterraneo. Forza Paris!
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