05/10/11

La stabilità sempre più precaria dell’Italia


Tutto sommato ce lo aspettavamo. Il 20 settembre ne abbiamo parlato apertamente. Tuttavia la notizia di un taglio di rating fa sempre un certo effetto. E l’apertura dei mercati domani ci dirà quanto questo effetto sia solo emotivo.

Era dal 1993 che Moody’s non abbassava il rating dell’Italia, dai tempi di tangentopoli insomma.

Difficile puntare il dito contro questa decisione, per giunta accompagnata da un creditwatch negativo, ovvero con la stima implicita (come anche per S&P) che la situazione è avviata ad un peggioramento.

Il Ministro delle Finanze Tremonti ha detto oggi:

“i conti dell’Italia sono al sicuro anche in assenza di crescita”

Moody’s ha una opinione diversa ed in poche ore ha risposto tagliando 3 livelli di rating in un colpo solo. Mi raccomando non facciamo confusione o approssimazione: l’Italia non è “bocciata”. Il rating esprime la probabilità di fallimento. Secondo Moody’s il fallimento dell’Italia è sostanzialmente meno improbabile. Non é poca cosa, evidentemente. Vediamo -numeri alla mano- quanto questo giudizio è giustificato:

I rendimenti dei titoli italiani, anche se sostenuti dagli acquisti della BCE, sono elevati, ed il montante di debito (120% del PIL, secondo in Europa solo a quello Greco) genera crescenti costi per il Paese.

Tra il 2001 ed il 2010 l’Italia è cresciuta mediamente dello 0,2% annuo, la media europea è stata 1,1%

Secondo gli analisti del FMI il pareggio di bilancio (rapporto deficit/PIL) non verrà raggiunto per mancata crescita del PIL. La crescita italiana, infatti, è stata rivista al ribasso dallo stesso governo: 0,7% nel 2011 (previsione precedente 1,1%) e 0,6% nel 2012 (previsione precedente 1,2%). Le stime del FMI sono di una crescita dello 0,6% nel 2011 e dello 0,3% nel 2012. Secondo Goldman Sachs, ad esempio, i Paesi periferici dell’area Euro (di cui l’Italia fa parte) incontreranno una profonda discesa nel PIL … ovvero andranno in recessione.

Secondo il governo il deficit/PIL calerà dal 3,9% attuale, a 1,6% nel 2012 e 0,1% nel 2013.

La stima del FMI è per un deficit/PIL a 4% nel 2011, 2,4% nel 2012 e 1,1% nel 2013, dunque il deficit rimarrebbe, non raggiungendo lo sperato pareggio.

Anche in questa occasione, esattamente come quando arrivò il downgrade di S&P, la nota dell’agenzia di rating sembra avere indicazioni politiche nemmeno troppo mascherate. Il Governo viene giudicato debole e inefficace. Il premier troppo distratto dai “quatto processi che attualmente lo coinvolgono”, contrastato anche da Confindustria, viene educatamente invitato a farsi da parte.

Come diverse volte vi ho già anticipato, la cosa più probabile -visto che le richieste dimissioni non verranno- è che presto una nuova manovra finanziaria arriverà in Parlamento (o sul nostro gobbone, se preferite). la spirale …tagli, mancata crescita, timori del mercato, innalzamento dei rendimenti, nuovi tagli… non accenna a frenarsi

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