17/10/11

Movimenti metropolitani


Che sia o no il 99%, c’è un movimento con una ispirazione mondiale, che cerca di dire “basta” a molte cose e che il 15 ottobre ha iniziato a manifestare a Tokyo e da lì man mano che il sole spuntava ha continuato a manifestare in tutto il mondo. Purtroppo in Italia le cose sono andate in modo molto diverso da quanto è accaduto in tutti gli altri 81 Paesi in cui si è manifestato.
A Tokyo, ad esempio, la manifestazione é stata molto ordinata, sul lato sinistro della strada, mentre dall’altra parte passavano le macchine.


La violenza di Roma ha coperto la voce di chi manifestava, impedendo di esprimere i loro contenuti, catalizzando l’attenzione dell’opinione pubblica, e regalando l’opportunità -a chi la cerca- di fare di tutta l’erba un fascio.
Quello che a mio parere è giusto fare è dividere il buono dal cattivo, e il maturo dall’acerbo.
Il movimento “15Ottobre” non è il movimento di quei gruppi di violenti che, a Roma, hanno approfittato della manifestazione per avere mano libera nella loro voglia distruttiva (secondo alcuni) o che si sono infiltrati per screditare la manifestazione e le sue scomode istanze (secondo altri).
Dunque depuriamo dei violenti (vergognoso che ci siano stati solo 12 arresti, con tutto ciò che è successo) il movimento e cerchiamo i contenuti:

A Melbourne


si spera nel “cambiamento” dicendo che non ci si può aspettare che l’iniziativa parta da qualcun altro, si toccano anche questioni non direttamente bancarie come le questioni climatiche.

Ad Amsterdam le cose si sono svolte molto serenamente:


In Asia si chiede una distribuzione più equilibrata della ricchezza:


L’appello di Occupy London recita:”Le istanze di riscatto che stanno attraversando tutto il mondo, dalla primavera araba agli indignati, stanno dimostrando che i bluff della finanza mondiale e delle politiche di austerity sono sotto gli occhi di tutti e non possono essere più essere accettati“. Julian Assange, fondatore e uomo di riferimento di Wikileaks, a Londra prende la parola qualche istante, con i manifestanti che moltiplicano la sua voce, facendogli da megafono (proprio come avviene in rete), ricorda i capitali “lavati” alle Cayman e anche a Londra:


Svelare il bluff, perseguire il cambiamento e non voler più accettare l’austerity è un buon punto di partenza per chi ha delle istanze, ma vorrei capire dove sono dirette queste istanze, perché non so quanto sia chiaro a chi manifesta che il percorso per il cambiamento porta con sé costi -nel breve termine- enormemente maggiori di quelli che presenta l’austerity. A fine percorso, a cambiamento completato, ci sarebbe con ogni probabilità un mondo migliore, ma il percorso sarebbe lungo e doloroso, occorre esserne consapevoli prima di partire, bisogna sapere che insieme alle storture, dobbiamo buttar via anche quanto di buono abbiamo fino ad oggi ricevuto per non trovarsi a metà tragitto con la (pericolosa) voglia di tornare indietro.
Da questo punto di vista sembrerebbe che in Spagna il discorso sia già parecchio più avanti, con richieste chiare e definite, non solo generica voglia di “cambiamento”, il che fa sperare:


Ho trovato in rete anche il Nuovo Statuto Economico del Popolo Americano (un documento di Google lungo 72 pagine intitolato “The American People’s New Economic Charter” o “Apnec”, per scaricarlo basta cliccare qui). Cosa contiene? Non la fine del capitalismo, ma una serie di ricette socialiste simili a quelle già sperimentate nel vecchio continente (un welfare per i contribuenti, scuola e università gratuite per tutti…) e slogan populisti (cancellazione dei debiti, no alla guerra, abolizione del Pentagono, riduzione delle tasse per il 99% degli americani e introduzione di super aliquote fiscali per il più ricco 1% del paese). In più si propone l’adozione di una tassazione sui capital gain, la fine dei Bailout, l’introduzione di una Tobin Tax per le transazioni finanziarie, viene chiesto di sovvenzionare il giornalismo con fondi federali (e qui dovremmo fare una riflessione, visto che in Italia si vorrebbe fare la campagna opposta) e moltissime altre proposte/richieste che spaziano dal sociale alla cultura energetica, dall’apertura delle frontiere ai fondi per l’istruzione pubblica…

Il Movimento è ancora molto acerbo, ma merita di essere tenuto in considerazione per ciò che é: un movimento pacifico, di portata globale, che al momento ha più voglia di “rifiutare” il presente che non idee chiare su cosa desideri per il futuro, anche se qualche idea inizia ad averla.

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