26/03/12

Bernanke e gli occhi da cerbiatto


Il presidente della Federal Reserve Ben Bernanke, durante la testimonianza alla commissione Supervisione della Camera, ha fatto una disamina del quadro macroeconomico. Secondo voi di cosa sarebbe stato logico aspettarsi che parlasse?
Della situazione dei mercati finanziari statunitensi? Dell’economia reale americana? Della disoccupazione a stelle e strisce? Dei food stamps?
Siete fuori strada. Si trattava di un Question Time sulla crisi europea:
“La situazione in Europa rimane difficile, la crisi non é finita e i Paesi del Vecchio Continente devono fare ancora molto, soprattutto devono tenere fede alle promesse fatte. I problemi sono ancora molti, il sistema finanziario deve essere ulteriormente rafforzato e la Grecia é ancora in profonda recessione (cavolo, se n’é accorto, certo che proprio non gliela si fa, a Ben!); la Fed monitora la situazione da vicino ed é pronta ad agire qualora gli Stati Uniti dovessero subire un contraccolpo negativo. Per il momento, tuttavia, l’esposizione americana alla crisi europea é molto limitata: le banche americane sono sicuramente esposte ai Paesi più vulnerabili dell’Unione Europea perché Stati Uniti ed Europa sono grandi alleati commerciali, ma l’esposizione é limitata.”
All’incontro c’era anche  il segretario al Tesoro Timothy Geithner. Anche lui spende molto tempo a parlare di Europa: 
“L’Unione Europea ha i mezzi per risolvere i propri problemi, ma deve portare avanti i programmi che ha avviato.  Gli Stati Uniti subiranno dei danni collaterali dalla crisi europea. Parlando invece della possibilità che i Paesi europei chiedano aiuti al Fondo Monetario Internazionale, direi che se sono in grado di attenersi alle condizioni poste dal Fmi, allora hanno il diritto di chiedere finanziamenti.
Prima che l’Europa si rimetta sulla via della ripresa passerà veramente molto tempo. Gli Stati Uniti non si impegnano a compare debito di Paesi in difficoltà e non hanno neppure preso in considerazione la cosa. La Banca Centrale americana é attualmente in possesso di debito sovrano di alta qualità”.
In pratica, da un paio di settimane, il mercato si sta progressivamente allontanando dai titoli meno rischiosi, provocando una risalita dei rendimenti anche dei Treasury Bond. Una bella tiratine d’orecchie al mercato, per ricordargli che c’è ancora un sacco di rischio in giro e che i cari vecchi Treasury sono pur sempre i più safe dei safe assets qualcuno doveva pur farla…

 Quale occasione migliore per farlo che riparlare della crisi europea e dell’impatto -marginale e controllabile- che avrebbe sull’economia americana? Un QE -se serve- é pronto, fino a stampare anche questi:



L’esposizione alla crisi europea é stata tra i parametri esaminati con gli stress test condotti sui 19 maggiori istituti bancari americani (15 sono stati promossi, quattro non hanno superato i test); il 20% delle banche americane non ha capitali sufficienti a reggere una crisi europea.
“Ma quale crisi europea? dopo l’haircut la Grecia é a posto, gli spread si stringono, l’Italia può permettersi perfino di proporre il BTP Italia, stimare richieste per 2 mld€ e ritrovarsi richeiste per quasi il doppio dopo solo due dei quattro giorni previsti per il collocamento”
Ebbene, mi costringete a ricordarvi che seppure é vero che gli spread si stanno riducendo (con i benefici per ogni cittadino/contribuente che ne conseguono), seppure é vero che il riaggiustamento dei deficit renderà più difficile l’accumularsi di nuovo debito, sebbene in Italia il Governo parli -ammirevolmente- addirittura di un programma di riduzione del debito… insomma seppure sia corretto essere meno angosciati di qualche mese fa, esistono alcune cosucce che -in effetti- sono decisamente fuori posto.

La Spagna aveva -come l’Italia- concordato con l’UE un piano di rientro del proprio deficit. Falliti miseramente gli obiettivi nel 2011, il nuovo governo Rajoy ha pensato di portarsi avanti annunciando che anche nel 2012 la Spagna non riuscirà a raggiungere i livelli previsti da un accordo che, in fondo, é stato preso dal governo rpecedente e che quindi l’attuale amministrazione non si sente nemmeno troppo obbligata a rispettare.

La Spagna é ancora lontana da un debito/PIL del 100%  e può anche permettersi -forse- di sforare un po’ prima di diventare irrecuperabile, cosa che invece giorno dopo giorno diventa più concreta per il Portogallo: i titoli decennali portoghesi rendono oltre il 13% e il 15 giugno andranno in scadenza oltre 10 miliardi di obbligazioni portoghesi (il PIL del Portogallo é circa di 172 mld€ dunque la scadenza vale circa il 6% del PIL). Se entro quella data i rendimenti portoghesi non rientrano, i lusitani dovranno chiedere all’UE e al FMI gli aiuti necessari a far fronte alla scadenza, perché di certo non si può pensare di emettere nuovi titoli al 13% di rendimento.

L’UE ed il FMI aiuteranno il Portogallo, certo, il problema dell’effetto-domino lo conosciamo tutti. Ma -evidentemente- diranno: “cari portoghesi, se siete arrivati a questa situazione é perché non siete stati in grado di gestirvi le finanze pubbliche in modo serio e confacente alle situazioni. Per questa ragione noi vi aiuteremo, ma da domani anzi da oggi qui si cambia musica

Austerity.

Il copione greco, anche se Draghi e Merkel avevano promesso sarebbe rimasto un “caso unico”, si dovrà ripetere. Ed in quei giorni torneranno di moda certi interrogativi sull’euro ed il suo destino.

Ah, dimenticavo: i mercati cercano sempre di anticipare e stiamo parlando del 15 giugno 2012 #TICTACTICTAC

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