29/03/12

Monti, panorama. Intervallo

Riforma pensionistica

IVA al 21% e presto forse al 23%

Reintroduzione dell’ICI

Lotta senza quartiere all’evasione

Liberalizzazioni

Pareggio di bilancio

Credibilità internazionale

Articolo 18

Minacce di dimissioni

Cosa sta succedendo, davvero?

A Novembre del 2011 lo Stato italiano si trovava in prossimità di una catastrofe finanziaria. Il rendimento dei BTP aveva superato il 7%, in un Paese come l’Italia dove il debito ammonta al 120% del PIL, rendimenti strutturali del 7% significherebbero una spesa per interessi pari all’8,4% del prodotto nazionale.

Una situazione insostenibile. Prima di cedere le armi il precedente governo ad inizio novembre 2011 -perfettamente consapevole dell’insostenibilità matematica della situazione- invocò l’intervento di aiuto del FMI. Come abbiamo imparato gli aiuti degli enti sovranazionali mettono in cima ad ogni priorità la monetizzazione di qualunque fonte aiuti a rimborsare i debiti e praticamente rimuovono la gestione della “cosa pubblica” (la res publica, appunto).

Per fortuna questo non é avvenuto. Per fortuna il Presidente Napolitano in quei giorni si adoperò in modalità inusuali per un Presidente della Repubblica e ottenne un cambiamento nella guida di Governo, incaricando Mario Monti.

Il professor Monti, con il suo rispettabile curriculum di mercatista-liberista, si é attivato prontamente a “ridipingere la facciata” di casa: la sobrietà e la serietà mostrate (insieme al supporto della BCE e dei suoi LTRO) hanno permesso in pochi mesi di far rientrare vigorosamente lo spread tra BTP e Bund da 580 a circa 300.

Una fiducia che si dava ragione da sola: questa riduzione di spread fa risparmiare all’Italia decine di miliardi di spesa per interessi.

Il Governo, forte della sua posizione non politica, ha “venduto” al mercato l’idea che con la propria determinazione avrebbe agito imperturbabile e non condizionabile per il riordino del Paese.

Già, perché la situazione in cui l’Italia si é venuta a trovare non é figlia di un pugno di mesi di gestione allegra, ma di una pluriennale condizione in cui i cittadini vivevano al di sopra delle loro possibilità.

E che diavolo significa?

Significa che i cittadini regolarmente, ogni anno, ricevevano dallo Stato -sotto forma di beni, stipendi e servizi- più di quanto dessero. Non é una opinione, ma un fatto oggettivo e numerico: lo Stato incassava 100 e spendeva 105 (deficit), accumulando così nuovo debito anno dopo anno.
Quando cresceva anche il PIL la crescita di debito portava un adeguamento lento del rapporto debito/PIL. Lo scoppio della Crisi del 2007-08 con la caduta violenta dei PIL ha fatto emergere la cruda realtà.



Il Governo tecnico di riaggiustamento si é messo al lavoro per far sì che da una parte si riducessero le uscite e dall’altra aumentassero le entrate. Nell’ottica di guadagnare la famosa credibilità internazionale ha inoltre preso l’impegno di tener fede all’accordo stipulato dal precedente ministro dele Finanze con la UE per il pareggio di bilancio e si é inoltre impegnato a disegnare una road map per la riduzione -in vent’anni- del rapporto debito/PIL dall’attuale 120% ad un più gestibile 60%.

Come si può in vent’anni ridurre il debito/PIL in questa misura? L’idea é che, acquisito il pareggio di bilancio (mai più deficit), la mole di debito non crescerà più e dunque la sola crescita potrà col tempo (20 anni) portare il PIL a crescere fino ad essere il doppio di oggi così che lo stock di debito pesi -in proporzione- la metà. Si tratta di una crescita prettamente nominale: continuando a consumare gli stessi litri di benzina per recarsi al lavoro durante l’anno, il lavoratore italiano fa più PIL pagandola 2€ al litro che non 1,6€. Lo stesso dicasi per i mezzi pubblici o il costo del cibo e di altri beni essenziali. Non é così fantasioso o difficile pensare che fra vent’anni molte cose costino il doppio o più del doppio di quanto costino oggi al kilo, o al litro.

Durante questo periodo interminabile di costo della vita che aumenta e vessazione fiscale che perdura, dovremo far fronte anche ad una ulteriore mancanza: per poter mantenere il bilancio in pareggio lo Stato dovrà non solo smettere di spendere (sotto forma di beni, stipendi e servizi) più di quanto incassa, ma dovrà mettersi nelle condizioni di incassare tutto ciò che spende maggiorato della spesa per interessi sullo stock di debito.

Dovrà insomma mettersi in condizioni di “avanzo primario” nella quale non era più da qualche tempo, incassando più di quanto eroghi in beni, stipendi e servizi. Questo per avere il denaro necessario a pagare gli interessi e chiudere il tutto “in pareggio”. Metà circa del debito pubblico italiano é al’estero, significa che metà di quella spesa per interessi viene prelevata in Italia e ceduta all’estero.

In sintesi il famoso discorso dell’impoverimento, di cui più volte abbiamo parlato, sta tutto qui.

Ora: quali sono le modalità di riordino dei conti? Si è detto che devono aumentare le entrate e diminuire le uscite. L’aumento dell’incasso é perseguito con prelievi più ingenti (IVA, IMU… insomma nuove tasse o incremento delle tasse esistenti) e aumento della base imponibile, con una “spettacolare” e rumorosa lotta all’evasore ( appositamente non dico all’evasione ma all’evasore). A nessuno piace questa parte che però, essendo unilaterale é anche la parte che senza troppa fatica si riesce ad attuare.

Veniamo al fronte riduzionde della spesa. La spending review. Cosa ha fatto, cosa intende fare e cosa non é riuscito a fare il governo Monti su questo fronte? alla voce “cose fatte” ascriverei poco, molto poco: sostanzialmente la sola riforma pensionistica (l’ennesima) che allontana l’età della pensione e dunque riduce le previsioni di spesa del Paese.

La vera voce di taglio della spesa riguarda ciò che é stato da alcuni commentatori evocato nel post precedente: la riduzione del Leviatano.

Che significa? La macchina statale, con tutte le sue inevitabili inefficienze, ha assunto delle proporzioni enormi. Ci piace molto parlare di riduzione della burocrazia, almeno finché non scopriamo che questo significa licenziare nel settore pubblico migliaia di persone. Bestemmia. Cose che non si fanno in un Paese dove si é costruita una società sul concetto (lo esprimo, non lo giudico) che il lavoro sia un diritto. La società in cui viviamo é dilaniata da questo ossimoro: La società si fonda sulla superiorità del diritto da parte degli appartenenti alla società a percepire un reddito rispetto al valore e all’utilità del lavoro che genera quel reddito, ma la società ha anche l’ambizione (o forse i tempi la obbligano ad avere l’ambizione) di essere una società “efficiente” e pronta alla prova del mercato.

Smantellare tutto e ricostruire: verosimile? No. Una guerra o una rivoluzione generalmente creano le condizioni per questi esiti. La gestione democratica può ambire al massimo a: (1) prendere consapevolezza della necessità di operare questa trasformazione (2) azzerare la creazione di “lavori inutili” (3) attendere che col tempo tutti svolgano delle mansioni improntate all’efficienza. Sulla falsariga del rientro del debito, insomma.

Un piano ventennale studiato, cementato e blindato da un governo nato per avere 18 mesi di vita. Un’impresa titanica.

Solo che il fattore tempo non é così semplice da gestire. Per “vendere” al mondo l’idea che si poteva tornare a crescere si é parlato di liberalizzazioni. Con i taxi é andata a finire in modo direi democristiano: dando delega ai comuni. Con l’articolo18 ci si é spesi la “modernizzazione” del mercato del lavoro, vendendo la pelle dell’orso prima di averlo preso. L’immagine é sostanza (é valsa oltre 250 punti di spread ovvero decine di miliardi di €) e le minacce di dimissioni del governo servono proprio a riconquistare la lesa immagine di una nave che taglia senza indugi i flutti.

Stiamo arrivando alla resa dei conti: capita spesso che economia e finanza siano divergenti, ma certi asincornismi devono poi riallinearsi. I miglioramenti raggiungibili (e lo dicevamo già a novembre scorso indicando la soglia di 320 come soglia critica) con il make-up finanziario sono stati raggiunti. Ora servono gli interventi concreti, quantificabili. Serve la volontà di farli, serve la disponibilità a lasciarli fare: la facciata della casa é stata riverniciata, ma le tubature rimangono arrugginite e ci sono i topi che razzolano in cantina… #TICTACTICTAC

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