Dopo il can can seguito alla presenza della Salsi in un talk show (come la penso sulla questione l'ho già scritto qui), molto si parla della questione "stipendi degli eletti" nel MoVimento 5 Stelle. Come ormai anche i sassi sanno, gli eletti rinunciano a buona parte dei loro emolumenti autoriducendone l'ammontare. Ma a favore di chi?
La Salsi dice "a favore del MoVimento" stesso. Grillo, in uno dei soliti comunicati, annuncia che i soldi in sovrappiù rispetto alla cifra stabilita saranno restituiti allo Stato. A me non piace nessuna delle due soluzioni.
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Sul finanziamento del "partito" attraverso gli emolumenti dei parlamentari non spendo una parola: lo fanno da tempo immemore i partitini di sinistra, lo facevano i radicali, credo persino il vecchio PCI. Insomma, innovazione zero. Stessa cosa per le "fondazioni di beneficenza", dove i quattrini finiscono regolarmente per finanziare attività oscure di qualche cugino o parente di chissachi.
Viceversa, credo che la questione "restituire allo Stato" meriti una seria riflessione. "Put your money where your mouth is", dicono gli americani, e mi pare adattissimo al caso: "Metti i tuoi soldi dove è la tua bocca, dove è la tua voce". E la voce 5 Stelle è estremamente critica verso la gestione del denaro pubblico, usato non solo per arricchire l'odiata Casta ma soprattutto per alimentare la voragine senza fondo del debito pubblico e dei relativi interessi. E' davvero giusto che i soldi risparmiati sui compensi di parlamentari e amministratori locali siano ributtati in quel calderone? Rabbrividisco al pensiero.
Il MoVimento però, da quel che ho capito e auspico, crede nello Stato. Come risolvere allora? Ecco la mia modesta proposta: che i soldi tornino allo Stato in modo coerente con le idee, e quindi tornino alla "base". Alla base dello Stato in cui si crede, ovvero siano destinati alla scuola di periferia, al museo in difficoltà, ai ricercatori universitari costretti in cantina, all'ospedale terremotato, alla biblioteca senza fondi, allo scavo archeologico bloccato, al campo sportivo di paese, ovvero a tutte quelle piccole realtà pubbliche -spesso gestite da gente onesta e che oggi disperata chiede aiuto- che stanno subendo tagli insensati e a cui dovrebbero invece essere destinati i nostri soldi di cittadini.
Una scelta del genere rappresenterebbe un segnale politico fortissimo. Uno schiaffo a chi oggi sta regalando i quattrini pubblici alle banche straniere, e la dimostrazione di come invece dovrebbero tornare ad essere gestiti. Soprattutto, un modo per far tornare in prima pagina il significato di Stato, cioè di cosa pubblica che serve a tutti e non di esattore conto terzi. L'inizio di una nuova era.
Personalmente, sarei felice di partecipare ad un entusiasmante sondaggio online per scegliere se consegnare gli emolumenti parlamentari di questo mese ad un asilo di Palermo oppure ad una biblioteca abruzzese. Pensiamoci su.
di Debora Billi
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