11/06/08
The nuclear Italian job
The Wall Street Journal, 30.5.08
[articolo originale di Henry Sokolski qui]
Il governo italiano, il cui debito pubblico di 1,624 miliardi di € è già il terzo al mondo, sembra ansioso di andare ancora più in fondo. La settimana scorsa Silvio Berlusconi, recentemente rieletto primo ministro, ha confermato il suo impegno preso durante la campagna elettorale di reintrodurre l’Italia tra le potenze nucleari. Questa sembrava la cosa giusta per affrontare il crescente aumento dei prezzi di petrolio e gas e delle importazioni di energia elettrica francese - fatta eccezione per una cosa: il signor Berlusconi ha promesso centrali nucleari che non saranno mai costruite.
Perché? Tre ragioni: esplosivi costi di costruzione; tempi di costruzione previsti da uno a due decenni, e nessuna comunità italiana disposta a vedere un reattore nucleare costruito nelle vicinanze.
Queste ostinate proiezioni antinucleari sono provenienti dai verdi? No, al contrario. L'ultima stima industriale che proviene da E. On, un gigante tedesco dell’energia che lavora su una grande centrale nucleare in Finlandia, pone il costo di costruzione a 6 miliardi di € per impianto. La Florida Power and Light, un grande provider elettrico statunitense, si avvicina ad un numero simile. Che è facilmente 10 volte il costo di costruzione di un moderno impianto a gas che fornisce la stessa quantità di energia. Questi numeri, va osservato, riguardano esclusivamente la costruzione dell’impianto, non la gestione dei rifiuti nucleari o le spese di funzionamento.
Come premier dell'Italia dal 2001 al 2006, il signor Berlusconi ha speso abbondantemente su progetti pubblici ed ha ripetutamente omesso di soddisfare l'Unione europea sugli obiettivi di bilancio. Ora afferma che mostrerà una certa moderazione finanziaria.
Inoltre l'amministratore delegato dell'Enel, l’impresa supportata dal governo che più probabilmente costruirà e gestirà i reattori proposti, la scorsa settimana ha messo in guardia che, prima di procedere, la sua impresa avrebbe bisogno di un "nuovo regolamento e un forte accordo sul piano all'interno del paese" vale a dire garanzie del governo, crediti e sovvenzioni.
Si potrebbe sostenere che alcune voci di spesa potranno eventualmente essere recuperate. Nel caso delle centrali nucleari in Italia, tuttavia, le probabilità sono basse. Perché? Perché ci vorranno decenni per scoprirlo. L'Italia non ha più gestito o costruito una centrale nucleare da quando furono tutte chiuse dopo l'incidente di Cernobyl del 1987. Questa è una pessima premessa per far partire rapidamente qualsiasi programma nucleare o per arrivare ad una gestione senza incidenti.
Gli appassionati del nucleare glissano su questo. Appena la settimana scorsa, il Ministro dello sviluppo economico Claudio Scajola ha detto alla Confindustria che il governo italiano avrebbe posato la prima pietra per la costruzione di una nuova generazione di reattori entro cinque anni. Questo suona piuttosto bene. I funzionari Enel, tuttavia, sono stati un po’ più cauti. Essi hanno rilevato che servirebbero "da 7 a 10 anni" prima di poter effettivamente portare un reattore “on line”. Il loro principale concorrente italiano, Edison SpA, è stato ancora più cauto, "la prima stazione avrebbe difficoltà a diventare operativa entro il 2020."
Infine, i critici dell'Italia nucleare sono stati apertamente scettici. La quarta generazione di reattori, che il governo italiano si è impegnata a costruire, addirittura non è stata ancora interamente progettata e, quindi, potrebbero essere necessari da 20 a 25 anni per portarla on line. Risultato finale: i reattori nucleari italiani non saranno la risposta ad ogni problema energetico che l’Italia fronteggerà per almeno un decennio o più. Quali fonti di approvvigionamento energetico e quale sarà la domanda tra 10 o 20 anni, così come quale sarà il costo dell’energia, nessuno può indovinarlo. Certo, il signor Berlusconi e il suo governo saranno passati da un pezzo. D'altro canto, gli alti costi e l’opposizione politica a qualsiasi specifica costruzione di un sito nucleare saranno politicamente significativi ed immediati.
Perché, allora, il signor Berlusconi ha fatto l’annuncio nucleare ora? Come la riduzione delle tasse sul gasolio e sul diesel - che Roma ha anche annunciato la settimana scorsa – fa sembrare che il governo stia facendo qualcosa al riguardo dell'aumento dei prezzi del petrolio e del gas.
Esperti in materia di energia, però, sospettano qualcosa di più sinistro. L'annuncio potrebbe essere parte di uno sforzo a lungo termine da parte delle grandi aziende europee di servizio pubblico per eliminare i concorrenti più piccoli, organizzando un massiccio sostegno governativo per i grandi e costosi programmi di centrali nucleari. Gli italiani e gli europei possono solo sperare che questa speculazione sia semplicemente sbagliata.
L'UE dovrebbe incoraggiare la concorrenza e l'eliminazione delle sovvenzioni pubbliche nel settore energetico. Non ha mai avuto una vita facile in questo. La Francia sovvenziona indirettamente e pesantemente il suo programma nucleare. I sostegni tedeschi per il carbone sono altrettanto conosciuti. Le sovvenzioni della Germania e della Francia per il progetto del reattore finlandese che AREVA e Siemens stanno costruendo, nel frattempo, sono state recentemente confermate dalla Commissione europea nei confronti di diversi reclami.
La preoccupazione è che l'Unione europea possa finire per reprimere la concorrenza di mercato nel settore energetico proprio quando l'Europa ne ha più bisogno. L'Unione europea, dopo tutto, afferma che è dedicata a ridurre le emissioni di carbonio. La chiave di questo risiede nell’aumento dell'efficienza globale per ridurre la domanda di energia e nello sviluppare le tecnologie energetiche più vantaggiose. Nessuna pianificazione è in grado di determinare in anticipo come effettuare questa operazione, riducendo le emissioni di carbonio nella maniera meno costosa e più veloce. Invece, l'effettiva applicazione dei meccanismi di mercato è la migliore speranza per guidare attraverso la selva delle decisioni - come ad esempio la scelta tra sistemi elettrici centralizzati e distribuiti, le nuove tecnologie contro le vecchie, le diverse fonti di gas naturale, ecc
E' concepibile che una tale concorrenza possa favorire l'energia nucleare in futuro. Tuttavia, tenuto conto delle proiezioni di arresto di 145 reattori nei prossimi 17 anni, la probabilità di una qualche crescita netta nella capacità nucleare nell'UE, nella migliore delle ipotesi, potrà avvenire tra molti decenni. Nel frattempo, in Italia e in Europa sarebbe saggio stare lontano da investimenti energetici che nessuna banca privata farebbe senza aiuti statali. Per il momento, ciò dovrebbe includere anche il nucleare.
Mr Sokolski è il direttore esecutivo del Nonproliferation Policy Education Center, una organizzazione no-profit di ricerca a Washington, DC.
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Ti ringrazio x l'informazione che ci stai dando, stai facendo un buon lavoro ma io mi deprimo... ci vorrebbe un colpo di Stato...........
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