Hanno compiuto 10 anni proprio nel momento più brutto della loro esistenza, i fondi pensione. Brutto compleanno, nel pieno della tormenta che sta sconvolgendo i mercati e gli investimenti (anche quelli più tranquilli) e che sta mettendo a repentaglio anche quegli strumenti (come i fondi pensioni) che erano stati creati per cercare di assicurare una serena vecchiaia ai lavoratori. Invece…
Invece anche loro non si sono salvati, ed hanno mostrato gran parte degli stessi difetti strutturali che caratterizzano tutte le forme di “risparmio gestito” (più qualche altro). Basta dare un’occhiata ai rendimenti più recenti per rendersi conto di quale delusione stiano patendo i partecipanti, e di quante preoccupazioni stiano vivendo. Dall’inizio dell’anno la media dei risultati raggiunti è stata pari al -5%. Certo, la Borsa ha perso il 50%, ma non è questo il confronto giusto; il confronto giusto è con il TFR (il caro, vecchio trattamento di fine rapporto depositato in azienda che rende poco ma sicuro). Chi ha scelto la forma “moderna” di previdenza ha perso il 5% in media; chi è rimasto attaccato alla forma “antiquata” ha portato a casa un modesto, ma solido, 3% abbondante. Ed anche nel lungo periodo la “guerra” è persa per fondi pensione: come evidenziato dalla Covip (che non è un’associazione di risparmiatori arrabbiati, ma la Commissione di vigilanza sui fondi pensioni…) tra il 2003 ed il 2008 la media dei fondi ha conseguito un risultato del 15% complessivo (quindi il 2,8% annuo), mentre il TFR ha maturato il 17,5% (3,3% annuo).
E in prospettiva, almeno per un po’, i risultati potrebbero continuare ad essere simili, finché mercati finanziari (non solo quelli azionari, ma anche quelli obbligazionari, ancora molto nervosi) non troveranno un equilibrio stabile.
Anche con gli attuali bassi tassi, il meccanismo di rivalutazione del TFR protegge il dipendente: 1,5% annuo di rendimento fisso, più una quota variabile pari al 75% dell’indice ISTAT dei prezzi. Con un’inflazione bassissima come l’attuale, il rendimento complessivo supera il 2,25%.
Il bello è che, proprio due settimane fa, un responsabile di un fondo pensione ha candidamente dichiarato che “Il TFR è troppo difficile da battere; i fondi pensione più prudenti possono attualmente difendere il capitale con un rendimento massimo del 2%”. Come mai? Semplicissimo, come al solito è un problema di costi applicati ai fondi con la scusa della “gestione”, una gestione che purtroppo a volte non dà risultati positivi ma negativi.
In più i fondi “negoziali” (quelli costituiti per i dipendenti di settori produttivi, come ad esempio i chimici, i metalmeccanici, gli edili) hanno un condizionamento (forse non pesante, ma indubbiamente esistente) costituito dal fatto che nei consigli d’amministrazione sono presenti anche rappresentanti sindacali, che non hanno certo competenze specifiche nel settore finanziario.
Che fare?
Chi ha mantenuto il TFR se lo tenga stretto ancora per un bel po’, tanto avrà sempre diritto di passare ai fondi pensione quando crede (mentre chi è nei fondi non può “tornare indietro”, un’assurdità senza senso imposta dalla legge).
Chi ha fondi pensione di tipo azionario forse farebbe bene a ridurre, almeno per qualche anno, il rischio passando ad una linea meno rischiosa come quella bilanciata o addirittura obbligazionaria.
di Gianluigi De Marchi per www.gabrielemastellarini.com
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Un interessante Blog il tuo, continuaa così. Noi siamo due Testimoni di Giustizia.
RispondiEliminaUn caro saluto
Antonino e Francesca