Che Walter Veltroni non si fermi a farsi intervistare non è una novità. Ma vederlo scappare fa quasi compassione.
Stamane era al teatro Strehler di Milano per inaugurare e sostenere la campagna elettorale di Filippo Penati, presidente uscente ricandidato alle elezioni provinciali di primavera.
Ho approfittato per cercare di strappargli qualche dichiarazione ma lui non mi ha risposto. Né prima e né dopo la sua predica dal palco. Non ha dribblato soltanto me ma anche gli altri giornalisti presenti, nessuno dei quali ha insistito più di tanto per strappargli qualche dichiarazione.
Veltroni ha fatto il suo discorso a senso unico dal palco, rivolto al solito fritto uditorio, monco di domande. Si è ispirato alla politica di Barack Obama senza sottolineare che il presidente americano eletto, 2 giorni fa, non è riuscito a presentare il suo ministro della sanità nella conferenza stampa appositamente convocata perché ha dovuto rispondere ai giornalisti, che lo hanno pressato sul governatore dell’Illinois del suo partito, arrestato e finito sotto inchiesta per aver messo in vendita il suo seggio da senatore su E-bay.
Ebbene Obama, a differenza di Veltroni, non si è sottratto ai giornalisti. Anzi, con comprensibile imbarazzo il neopresidente americano si è affrettato a rendere note le dimissioni del senatore inquisito, ha ricordato l’estromissione da ogni attività politica e si è augurato che la magistratura faccia piena luce sul caso.
Ecco, nel merito mi sarebbe piaciuto sentire la posizione di Veltroni sull’imputato Antonio Bassolino, che da governatore della Campania in carica pare stia per essere traghettato al parlamento europeo, per la modica cifra di circa 15 mila euro al mese.
A proposito di elezioni provinciali e sprechi avrei voluto sapere che ne pensa dell’abolizione proprio delle provnice. In tema di crisi e risparmio avrei voluto sapere la sua posizione sulla legge dei rimborsi elettorali, della quale “l’alleato” Idv sta chiedendo continuamente al governo una radicale revisione.
A parte la videocamera e un minimo di conoscenza dei fatti io e gli altri giornalisti non avevamo altre armi. Veltroni si. Aveva i gorilla. E’ scappato come se avesse rubato gli alimenti al supermercato. Dava l’impressione di sentirsi in colpa. Forse preoccupato della possibile valanga di voti regalati a Di Pietro in Abruzzo, regione che se finisse governata dalla coalizione del piduista segnerebbe la disfatta, sua personale di morbido leader trascinato assieme al suo mellifluo partito.
Forse andava scongiurata ogni dichiarazione e per garantire omertà il muro di protettori era essenziale. Uno di loro mi ha addirittura sbarrato la strada con una bracciata sullo stomaco, come se il ladro di alimenti fossi stato io. Confesso di aver perso un po’ le staffe, dato che in quel momento avevo le mani alzate per riprendere con la videocamera le reazioni di Veltroni. Che meno democratico di così non avrebbe potuto essere.
Sono fiero di aver avuto per primo l’intuito di battezzarlo Veltrusconi. Demagogia, bugie e omertà sono ingredienti che impersonano Veltroni nell’ideale controfigura del premier piduista. La miglior opposizione ad personam che poteva sognare. Complimenti.
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