Silvio “Leo Titanic” Berlusconi e Mara “Kate Titanic” Carfagna
Noi lo avevamo già detto a luglio (in un post intitolato “Tettanic”). E poi lo avevamo ripetuto in tutte le salse (per esempio: qui, qui e qui). Ora finalmente anche la stampa titolata sembra accorgersi del problemuccio che ci si para davanti: quell’oggetto volante non identificato chiamato debito pubblico italiano rischia di esploderci in faccia come un petardo.
Per la cronaca: a sdoganare definitivamente l’argomento è stato il padre-padrone di Repubblica, Eugenio Scalfari. Che in un lungo editoriale, giusto domenica scorsa ha scritto: il ministro delle Finanze, Giulio Tremonti “teme - ed ha ragione di temere - che i titoli italiani non troveranno sottoscrittori, attratti dai titoli emessi dagli altri paesi membri dell’ Unione europea e in particolare dalla Germania e dalla Francia. Ci sarà, in questo 2009, una marea di nuove emissioni per finanziare i deficit dei bilanci europei, tutti in grave disavanzo per arginare con maggiori spese e con sgravi fiscali la recessione ormai in atto. I risparmiatori chiamati a scegliere a quale titolo affidare i loro risparmi preferiranno i “bond” tedeschi e francesi o addirittura i “Treasury bond” del Tesoro americano, a quelli italiani. Non inganni l’ andamento delle ultime aste, dove la domanda di Buoni del Tesoro a tre mesi è stata superiore all’ offerta. Si trattava di importi relativamente modesti e Germania e Francia dal canto loro non avevano ancora inondato il mercato con emissioni massicce“.
Che dire? Molto bene. Il fatto che il nostro debituccio - che ha raggiunto la cifra record di 1.670 miliardi di euro (pari, in vecchie lire, all’ormai impronunciabile cifra di 3.233.570.900.000.000) - non sia più solo argomento da bamboccioni o da blogger “catastrofisti” (stile Beppe Grillo) è già un passo avanti. Ma: a quando l’ingresso della questioncella nel fumoso dibattito politico? E soprattutto: a quando uno straccio di ipotesi di soluzione (sempre che ce ne sia una)? Non per altro. E’ che magari ce la sfanghiamo anche ’sta volta. Ma vivere su un Titanic eternamente alla deriva - o se preferite come se avessimo una bomba (il debito) innescata sotto il sedere - non è il massimo. Nè tantomeno una garanzia per il futuro. Sempre che un futuro, per questo ex Belpaese, ci sia.
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