07/02/09

Monopòli

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La buona notizia è che il duopolio tivù Rai-Mediaset è ormai al tramonto. La cattiva è che al suo posto sta per nascere quello che ha tutta l’aria di essere un vero e proprio monopolio. E il tutto in un silenzio - guardacaso mediatico (e politico) - assolutamente assordante.

I fatti. Giovedì scorso: il quotidiano filoberlusconiano che di nome fa “Libero” - e che per bizzarra coincidenza del destino ha un editore agli arresti domiciliari (il reuccio delle cliniche, Giampaolo Angelucci) - ha pubblicato a tutta pagina un paio documenti in versione integrale. Carta, mai come in questo caso, canta. Lo scorso 24 settembre, tre persone si sono ritrovate nello studio romano del notaio Francesco Maria Ragnisco. Erano Alessandro Serio, procuratore speciale di Rti (società che fa capo a Mediaset, che ha per padre-padrone l’imprenditore Berlusconi Silvio). Poi, Luca Balestrieri, procuratore speciale della Rai (la televisione dello Stato italiano, che ha per capo del governo il leader di Forza Italia, Berlusconi Silvio). E infine: Giuseppe Gioia, procuratore speciale di Telecom Italia Media (e quindi “La 7″; che fa capo a Telecom; società che ha come azionista di riferimento Mediobanca; che ha sua volta ha nel suo consiglio di amministrazione Berlusconi Marina, presidente di Mondadori e figlia primogenita dell’imprenditore e politico Berlusconi Silvio). Seduti attorno a un tavolo e di fronte al notaio i tre hanno dato vita a una società a responsabilità (molto) limitata dal nomen omen: Tivù srl. Con sede a Roma, in via Lungotevere Arnaldo da Brescia, al civico 9.

Tre televisioni “concorrenti” che danno vita a una società “in comune”? Sì, tutti assieme e appassionatamente. Con tanto di un milione di euro di capitale (482.500 euro per la Rai; 482.500 euro per Rti spa; e solo 35.000 euro per Telecom Italia Media spa). E alcuni obiettivi ben precisi. Ovvero e tra l’altro: promuovere “la piattaforma digitale terrestre denominata” proprio “Tivù”. E un seconda “piattaforma digitale gratuita”, ma “satellitare”, chiamata “Tivù Sat”.

Che vor dì? Ebbene, traduciamo: vor dì che entro il 2012 la vecchia televisione “analogica” si spegnerà definitivamente in tutto il Belpaese, per lasciar spazio al nuovo “digitale”. E che gli italioti - per stare pantofolati davanti al loro tivù - dovranno aver comprato un decoder o un nuovo televisore con decoder incorporato. In vista di quel momento storico per la televisione tricolore; Mediaset, Telecom e Rai hanno dato vita per l’appunto alla “Tivù srl”. Che ha debuttato ufficialmente a Roma lo scorso 20 gennaio alla conferenza nazionale del Dgtvi (l’associazione per la televisione digitale terrestre in Italia). E che servirà a promuovere la loro piattaforma digitale, ma non solo. Anche quella Tivù Sat che dovrebbe viaggiare via satellite ed entrare nelle case di quegli italiani (circa il 10%, secondo un vecchio pezzo pubblicato su “La Repubblica”) che per ragioni tecniche non potranno più ricevere il segnale con la vecchia antenna.

E fin qui tutto bene (si fa per dire). Epperò c’è un però. In questo momento: le versioni via satellite di Rai, Mediaset e “La 7″ sono ancora “ospiti” del bouquet di Sky, il network del magnate australiano Rupert Murdoch. Ma un domani: televisione di Stato, reti Fininvest e reti Telecom potrebbero, senza colpo ferire, traslocare altrove. Dando vita - con la loro Tivù Sat - a un loro bouquet. Che assomiglierebbe a un enorme mostro a tre teste della comunicazione italiana. Teste che hanno nomi diversi. Ma a guardarle in faccia - e soprattutto in pancia - ricordano, per coincidenza, una sola persona. Il presidente del consiglio, imprenditore ed editore Berlusconi Silvio. A sollevare il dubbio sul “trasloco” e su presunte relazioni pericolose tra i tre - nel numero in edicola settimana scorsa - è stato il settimanale “L’espresso”. Un dubbio rafforzato da altre tre coincidenze. Primo: la nuova piattaforma Tivù targata Rai, Mediaset e “La 7″ dovrebbe debuttare a giugno. Secondo: proprio un mese dopo, a luglio, scadrà il contratto in virtù del quale il bouquet satellitare di RaiSat era ed è distribuito da Sky. Terzo e ultimo: sempre la Rai ha già dato la disdetta dell’accordo con il quale si impegnava a criptare i suoi programmi con le tecnologie di Sky.

C’è da preoccuparsi, quindi? Ma quando mai. Domanda: lo dicono i soliti talebani berlusconiani per i quali l’unico conflitto di interesse in Italia è quello di chi si mette contro gli interessi del Cavaliere? Risposta: no, lo dice un addetto ai lavori: Nino Rizzo Nervo. Consigliere Rai (uscente). E - si badi bene - in quota centrosinistra. Rizzo Nervo, sulle pagine del Corriere della Sera di ieri, è stato addirittura lapidario: “Raiset? Macché. Roba da pazzi. Tivù Sat è un’alleanza tecnica, non strategica, serve a raggiungere chi è tagliato fuori dal digitale terrestre, com’è avvenuto in Gran Bretagna. La Rai che lascia la piattaforma Sky? Il contratto scade a giugno, il marchio Rai è molto forte, se Sky intende valorizzarlo non c’è ragione di non rinnovarlo”. Peccato solo che sempre il quotidiano filoberlusconiano “Libero” e sempre ieri scrivesse esattamente il contrario:A giugno nasce Tivù, la santa alleanza tra Mediaset, Rai e Telecom in funzione anti-Sky”. Parole in perfetto stile spot pubblicitario. Condite da un’ipotesi-anticipazione: quella di una fusione tra le reti Mediaset e la Telecom. Fusione per altro ventilata anche dal “Sole 24 ore”. E che spalancherebbe all’onnipresente Cavaliere anche le porte della rete internet. Con quali conseguenze, non si sa.

Altro che “conflitto”: un groviglio di interessi da brividi. Che - non fosse perchè non fa ridere - sembrerebbe una barzelletta. Una barzelletta che però - stranamente - non ha trovato grande spazio nei tiggì e nei giornali tutti impegnati a pompare le immani bolle mediatiche di turno (ultimamente quella che avvolge la povera Eluana Englaro). Che dire? Noi siamo solo due poveri bamboccioni. E ai fatti non vogliamo aggiungere altro. Se non una domanda. Perchè vabbè che le parole “conflitto di interessi” da anni ormai non vanno più di moda. Ma davvero opposizione e autorità antitrust su intrecci passati, presenti e futuri non hanno nulla da dire, se non il solito e generico “tutto va bene, madama la marchesa”? Non per altro. E’ che magari l’allarme lanciato da “L’espresso” su Tivù srl si potrà anche rivelare una bufala. Ma non è preoccupante il fatto che il solito Berlusconi Silvio, infilandosi dentro Mediobanca, abbia messo lo zampino non solo a “La 7″, ma pure in Rcs, cioè al Corriere della Sera? E se lo è, perchè nessuno lo dice?

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1 commento:

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