28/01/10

Processo Mediaset, rinvio a marzo


Processo Mediaset, udienza di lunedì 25 gennaio 2010 nell’aula della prima sezione penale del tribunale di Milano, il collegio di giudici presieduto da Edoardo D’Avossa processa una manciata di ex manager Fininvest per appropriazione indebita e frode fiscale, tra cui Fedele Confalonieri, l’avvocato inglese David Mills, Silvio Berlusconi e il manager egiziano Frank Agrama, che l’accusa ritiene socio occulto del presidente del consiglio.

Al centro delle indagini gli acquisti dei telefilm trasmessi in Italia, che secondo i pm Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro, Mediaset ha pagato a prezzi salatissimi per creare fondi neri. I prezzi dei serial sarebbero stati gonfiati tramite compravendite fittizie in società estere gestite dagli uomini di Berlusconi, che dagli anni ‘80 fino al 2005 avrebbero fruttato poco più di 100 milioni di euro occultati al fisco, su conti riconducibili a Berlusconi.
A supporto delle indagini c’è un corposo dossier firmato dalla «Kpmg», la multinazionale esperta in contabilità, a cui la procura ha affidato l’arduo compito di districarsi tra una giungla dei giri di denaro sui conti delle società aperte nei paradisi fiscali.

In particolare nel mirino dei pm ci sono i movimenti di denaro eseguiti dai conti della Silvio Berlusconi Finanziaria e da quelli della International Media Services (controllata al 99% da Mediaset, a favore di conti gestiti da Paolo Del Bue, fiduciario di Berlusconi nella banca svizzera Amer, a quelli ex capo acquisti Fininvest Daniele Lorenzano, a quelli di Frank Agrama, che, secondo l’accusa, soltanto lui in 20 anni avrebbe occultato qualcosa come 170 milioni di dollari.

I fondi neri, altro non erano che la differenza fra gli importi che Mediaset pagava ad Agrama per l´acquisto dei telefilm della major americana Paramount, e gli importi che effettivamente Agrama pagava, alla Paramount.
Roberto Pace, amministratore delegato di Mediatrade dal ‘98 al 2001, nell’interrogatorio avvenuto a Lugano per rogatoria nel gennaio del 2006, disse che l’unico intermediario rimasto fu Frank Agrama, in grado di far ottenere i serial a prezzi competitivi garantendo un giro d’affari da 40 milioni di dollari l’anno, anche se avessero mandato in perdita l’azienda.
Un raccomandato su pressione di Daniele Lorenzano - secondo Pace - da cui doveva passare anche Gary Marenzi, il capo delle vendite internazionali della Paramount.

Roberto Pace sapeva che Lorenzano veniva pagato regolarmente da Agrama secondo una prassi consolidata per chi ricopriva quella carica in Mediaset.
Erano ricompense alla capacità di adattarsi al metodo, che fino alle dimissioni di Pace da Mediatrade avvenute nel gennaio del 2001, avevano portato sul suo conto cifrato dell´Ubs “Teleologico”, oltre 4 milioni e mezzo di euro, denaro «scudato nel 2003» col quale comprò una grande tenuta a Capalbio, in Toscana.

Ebbene, in questo processo, ripreso dopo 13 mesi di stop forzato a causa del Lodo Alfano, l’accusa ha praticamente sentito tutti i suoi testimoni.
Nell’udienza odierna le difese hanno chiesto di sentire un elenco di testimoni che secondo il pm De Pasquale non servono.
I giudici, dopo tre ore di camera di consiglio hanno deciso di convocare solo una parte di quei testimoni, e di acquisire un memoriale depositato nel ‘99 da Silvio Berlusconi, il testimone più atteso che ha disertato l’aula nonostante le promesse.
Tanto che i giudici, al momento del rinvio dell’udienza, lo hanno riconvocato per lunedì primo febbraio, cioè tra una settimana.

E’ qui che si verifica il momento più imbarazzante della mattinata, quando Piero Longo, uno degli onorevoli difensori del premier, consegna ai giudici una lettera, la seconda, in cui Silvio Berlusconi scrive che non ci sarà nemmeno il primo febbraio in aula perché impegnato in una visita in Israele.
La lettera è una sorta di illegittimo impedimento nell’attesa che l’impedimento diventi legittimo per decreto, assieme al nuovo lodo alfano.

I giudici sospendono di nuovo l’udienza per qualche minuto e al loro rientro in aula, come in una corsa ad ostacoli, offrono due alternative: la prima, lo stralcio della posizione di Berlusconi in un processo a parte, in cui rispondere come unico imputato. Oppure il rinvio dell’udienza al primo marzo a patto che per tutti gli imputati sia congelata la prescrizione.

Le difese degli imputati accettano la seconda alternativa. L’udienza del processo Mediaset è rinviata al primo marzo, in modo che Silvio Berlusconi abbia il tempo di non prendere impegni e venire in aula per smontare le tesi dell’accusa, ossia spiegare che negli ultimi vent’anni non ha mai incassato centinaia milioni occultati al fisco su conti cifrati riconducibili a lui.

Ma c’è da scommettere che entro quel giorno, il governo al servizio di Silvio Berlusconi avrà già emanato scudi, legittimo impedimento e probabilmente il secondo lodo alfano, irrinunciabile da parte della persona in quanto riguarderà la carica.

Il tutto mentre Berlusconi, dal vicino ospedale San Raffaele dove si è recato per una visita giudiziaria in cui decidere il capo di imputazione a Tartaglia, ha trovato il tempo per definire questi giuidici un plotone di esecuzione e promettere che anziché ai giudici, parlerà alla nazione, a senso unico, senza contradditorio, in tivù, per raccontare di essere un perseguitato. Un copione già visto, assai più delle repliche dei telefilm.

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