COMO - Stava sfogliando le carte seduto sulla sua scrivania alla Camera, l’onorevole Marco Beltrandi, quando è incappato sull’interrogazione 4 barra 03790 indirizzata al ministro Tremonti. E si è ricordato che quell’interpellanza era rimasta lettera morta. A dispetto dei mesi e delle stagioni che si sono passati il testimone nel frattempo. La carta in questione, depositata ufficialmente a Montecitorio la prima volta il 28 luglio, riguarda il misterioso intrigo dei 134,5 miliardi di dollari in titoli di credito statunitensi sequestrati agli inizi del giugno scorso alla stazione internazionale di Chiasso. Su quel blitz realizzato dalla guardia di finanza il deputato Beltrandi e altri cinque colleghi avevano sollecitato lumi al ministro Tremonti, in particolare sull’accertamento sull’effettiva «autenticità o falsità dei titoli sequestrati», su un eventuale richiesta di «intervento del governo Usa al fine di ottenere aiuto per un accertamento più rapido e sicuro grazie alla collaborazione di esperti provenienti dal Paese di emissione» dei titoli stessi e infine, «nel caso in cui l’accertamento facesse emergere l’autenticità dei titoli, se» il governo «intenda avvalersi del diritto di beneficiare della somma comminata come sanzione amministrativa prevista dalla legge in questi casi», ovvero poco meno di 40 miliardi di euro.
Richieste rimaste tuttora senza risposta, a dispetto di un ulteriore sollecito presentato a ottobre. Insomma: il governo sembra aver imposto il silenzio e calato il sipario sul sequestro dei bond trovati in possesso a due eleganti, inappuntabili e decisamente sprovveduti giapponesi, che nella valigetta avevano titoli al portatore con un valore complessivo superiore alle riserve monetarie del Brasile. E il silenzio del governo ha contagiato anche gli inquirenti comaschi: da mesi, ormai, nessuno dice più nulla sul giallo dei bond sequestrati in dogana, neppure riguardo all’autenticità dei titoli di credito, che a sei mesi di distanza dovrebbe ormai essere nota.
Richieste rimaste tuttora senza risposta, a dispetto di un ulteriore sollecito presentato a ottobre. Insomma: il governo sembra aver imposto il silenzio e calato il sipario sul sequestro dei bond trovati in possesso a due eleganti, inappuntabili e decisamente sprovveduti giapponesi, che nella valigetta avevano titoli al portatore con un valore complessivo superiore alle riserve monetarie del Brasile. E il silenzio del governo ha contagiato anche gli inquirenti comaschi: da mesi, ormai, nessuno dice più nulla sul giallo dei bond sequestrati in dogana, neppure riguardo all’autenticità dei titoli di credito, che a sei mesi di distanza dovrebbe ormai essere nota.
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