25/04/10

Indispensabili – La Deriva – Il Consumatore? una vacca da mungere…

Proseguo la lettura di questo testo che consente di passare dalle generiche accuse e lamentele “da bar”, alla presa di conoscenza precisa e puntuale di moltissime disfunzioni tipicamente italiane, tipicamente assurde, frutto della nostra burocrazia e del nostro concetto di Stato come entità fine a sè stessa e dotata di una propria cervellotica intelligenza.

In realtà sappiamo bene che lo Stato siamo noi, e la situazione che ci circonda non è altro il risultato di molteplici intrallazzi e scambi di favori tra le varie “caste” che detengono il potere, e per le quali ogni mezzo è buono per arraffare denaro sotto forma diretta di mazzette/tangenti, o indiretta sotto forma di appalti vinti e commesse aggiudicate, o qualsivoglia altra forma di speculazione.

Cap.10- Ho frodato i risparmiatori: embè?

Ma ve lo vedete Calisto Tanzi cucire camicie per 42 centesimi di dollaro l’ora? Eppure in America va davvero così, con quelli come lui. E nessuno potrebbe spiegarlo meglio di John Rigas, il miliardario (meglio: ex miliardario) di origine greca che il 13 agosto 2007 ha cominciato a scontare nel penitenziario federale di Butner, del Nord Carolina, nella divisa da galeotto arancione come gli altri 1295 detenuti, i 15 anni di carcere che la magi­stratura americana gli ha appioppato per la bancarotta di Adelphia Communications, una delle prime cinque società ne­gli Stati Uniti della tv via cavo.

«Ho ottantadue anni…», balbettò alla sbarra nel processo d’Appello. «Buon per lei», gli rispose secco il giudice distret­tuale Leonard Sand, della Corte di Manhattan. Aggiungendo che se non fosse stato così vecchio «avrebbe ricevuto una puni­zione ben più grande». Minimo minimo cinque anni di galera in più. Come quella rifilata al figlio Timothy, entrato lo stesso giorno al Butner per passarci due decenni tondi tondi. Veri. Senza sconti. «Hanno usato l’azienda come se fosse il loro salvadanaio», c’era scritto sull’ordine di cattura, la mattina in cui gli agenti avevano bussato alle loro porte. Era il 24 luglio 2002. E la loro cattura finì nei titoli di tutti i telegiornali americani, mentre un filmato li mostrava con le manette ai polsi come camorristi sen­za che alcuno osasse avanzare la minima e pelosa obiezione co­me quelle che si sarebbero levate dalle nostre parti. Non si gio­ca, negli States, coi soldi dei risparmiatori, degli azionisti, dei cittadini. E non gioca la giustizia: il 27 giugno 2005, meno di tre anni dopo gli arresti, il processo di primo grado era già chiuso. Altri due anni esatti e il 27 giugno 2007 era chiuso l’Appel­lo. Conferma delle condanne, ordine a padre e figlio di presen­tarsi il 13 agosto al portone del carcere fissato e messa all’asta del palazzo da 30 milioni di dollari in cui aveva sede l’Adelphia, svenduto senza tante storie per una cifra nove volte più bassa………..

……..Abituato all’Italia, Davigo sbarrava gli occhi. Omicidi? Ra­pinatori? Terroristi? No, gli rispose il direttore (del carcere): «Grossomodo la metà è dentro per traffico di stupefacenti, l’altra metà è com­posta da colletti bianchi». Cioè? «Evasori. Prevalentemente evasori fiscali.» E vedendo lo sbigottito stupore del magistrato venuto dalla Penisola, dove un italiano su quattro dichiara di vivere con meno di 16 euro al giorno e solo lo 0,14% ammette un imponibile sopra i 200.000 euro a dispetto delle 65.000 bar­che di oltre 17 metri immatricolate, spiegò con solenne seve­rità: «Sa, hanno mentito al popolo americano»…..

….e in Italia? nessuno da noi, salvo rare eccezioni, va più in carcere per reati economici, finanziari, manageriali. Lo dimostrano, nel loro libro sulla corruzione in Italia, Bavigo e la Mannozzi. Che elaborando i dati dei casellari giudiziari dal 1983 al 2002, hanno accertato che tra le poche condanne per concussione (il reato più grave), quelle a più di 2 anni di galera con allegato il beneficio della condizionale, sono appena il 22%. Tra quelle per corruzione propria (articolo 319) meno ancora: il 7%. E tra quelle per corruzione semplice meno del 2%. Direte: possibile? Possibile che in un Paese come il no­stro, che nella classifica dei Paesi corrotti di Transparency International è messo peggio delle Barbados, dell’Estonia, di Macao o del Botswana, soltanto 2 su 100 condannati per bustarel­le, che già sono pochi, abbia preso negli ultimi decenni più di 24 mesi di carcere? Ovvio: la pena prevista per la corruzione va da 2 a 5 anni, il giudice, per prassi, sceglie di partire generalmente da una via di mezzo, tipo 4 anni. Basta che il corrotto chieda il rito abbre­viato o il patteggiamento, se proprio non ha la pazienza di te­ner duro, di rinvio in rinvio, contando sulla prescrizione o un indulto, e già ha diritto allo sconto di un terzo: e siamo a 2 anni e 8 mesi. Meno un altro terzo per le attenuanti generiche (che non si negano a nessuno) e un altro sconto se si restituisce il maltolto et voilà, siamo già saldamente al sicuro: sotto i 2 anni. Con la condizionale e quindi senza galera………

…….Il fatto è, spiega Piercamillo Davigo, che «abbiamo una giustizia spaventapasseri. Da lontano fa paura, da vicino fa ri­dere. Da noi la reclusione ha il tetto massimo di 30 anni, in Germania 15. Ma lì li scontano. Da noi no». Figuratevi se un giudice spaventapasseri, impotente col funzionario comunale di Tarante o col manager della Popolare di Roccafischietta, può spaventare un grande finanziere, un grande banchiere, un gran­de imprenditore. In America no, non va così. L’ex capogruppo repubblica­no alla Camera Tom DeLay, grande amico di Bush, ha dovuto dimettersi da parlamentare, è stato incriminato e infine arresta­to «solo» per avere usato nella campagna elettorale sua e di compagni di partito soldi regolarmente avuti da alcune grandi imprese ma che potevano essere adoperati «esclusivamente per coprire le spese amministrative del partito». Da noi, in Italia, l’azzurra Tiziana Maiolo è arrivata a invo­care «l’abolizione della custodia cautelare» e a sostenere che il versamento di 434..404 dollari dal conto Ferrido della Fininvest al conto Mercier di Cesare Previti e da qui al conto Rowena del giudice Renato Squillante non significava nulla: «Ammesso che sia vero: dov’è il reato? Ricevere e/o dare soldi non è un crimi­ne. Bisogna vedere cosa poi ha fatto Squillante! Dove sono le prove? Fare regali non è un reato!». E il protagonista principale di quella storia, l’ex ministro della Difesa Cesare Previti, condannato a 6 anni di reclusione per concorso in corruzione al termine del processo Imi-Sir do­po un tormentone giudiziario durato 9 anni (e graziato dalla prescrizione per l’evasione ammessa in Appello: «Perché non parlai della parcella nel 1997 ma solo ora? Perché non corro più rischi fiscali»), ha passato in totale 5 notti a Rebibbia prima di essere affidato ai servizi sociali. Fine……

Seguono altri esempi USA di imputati eccellenti, grandi industriali o celebri uomini politici, che in pochi mesi sono passati dalle stelle al carcere, a seguito di rapidi processi in cui venivano dimostrate bancarotte fraudolente o illecita gestione dei soldi pubblici. Viceversa qui in Italia gente come Ciarrapico, condannato in via definitiva in più processi, diventa parlamentare….

……..Spiega il rapporto di gennaio 2008 della Banca d’Italia che rispetto a novembre 2006, «per i capitali esteri si è registrata una diminuzione degli investimenti diretti pari a 1470 milioni di eu­ro e una diminuzione degli investimenti di portafoglio pari a 5242 milioni di euro, concentrata nel settore azionario». Conferma un’analisi del centro studi di Confindustria su dati dell’Unctad (United Nations Conference on Trade and Development) di febbraio 2008 che gli stranieri tra il 2000 e il 2006 han­no inciso sui nostri investimenti la metà che in Germania, meno della metà che in Spagna, un terzo che in Francia, un quarto che in Gran Bretagna…..

……

Da noi, per un crac grande il doppio, 15,5 miliardi, il pa­tron della Parmalat Calisto Tanzi ha passato in totale 104 giorni in galera. Soprattutto in infermeria. E non è detto che un gior­no o l’altro ci ritorni. Esattamente al contrario di quanto suc­cesso in America, dove allo scoppio del bubbone finanziario destra e sinistra hanno varato la legge Sarbanes-Oxley (un de­mocratico e un repubblicano: «inciucio giustizialista» direbbe­ro i nostri ipergarantisti) tesa a infliggere condanne durissime per ridare fiducia al mercato, i nostri legislatori hanno via via alleggerito, soprattutto nella legislatura 2001-2006, tutte le re­gole intorno ai reati finanziari. Spiegare ogni dettaglio, come fanno Paolo Biondani, Ma­rio Gerevini e Vittorio Malagutti nel libro Capitalismo di rapina sarebbe molto interessante. Ma andiamo al nocciolo: con le norme attuali perfino la storica bancarotta del 1982 del Banco Ambrosiano guidato da Roberto Calvi, la cui sentenza definiti­va in Cassazione è arrivata 16 anni dopo il tracollo dell’istituto di credito, non sarebbe stata punita. E il banchiere, invece che finire impiccato a Londra sotto il ponte dei Frati Neri, grazie alla ex Cirielli se la sarebbe cavata per scadenza dei termini.

qui in Italia, tra prescrizione, indulto e sconti di pena per rito abbreviato…….«basta chiedere il rito abbreviato per ottenere lo sconto automatico di un altro terzo della pena. E se dopo que­sti due tagli, l’indulto e l’abbreviato, la condanna effettiva scen­de sotto i tre anni, niente carcere: per i colletti bianchi senza al­tri precedenti (quindi non per i tossicodipendenti spacciatori né per i pericolosi ladruncoli per bisogno) è automatico “l’affi­damento ai servizi sociali”. Cioè un minimo di “lavoro rieduca­tivo” tra un nuovo affare, una festa vip e un giro in Ferrari. Dal­la pena finale vanno inoltre sottratti tutti i giorni effettivamente trascorsi agli arresti, anche domiciliari.

e qualcuno ha pagato per lo spaventoso crac di Cirio per 1125 mi­liardi di euro….dell’ormai lontano 2002 ??

Tiriamo le somme? Cragnotti & Tanzi, insieme, dopo ave­re rovinato decine di migliala di persone, sono rimasti in galera quanto Florian Placu, un albanese incensurato, sposato con un’italiana, operaio modello, sbattuto tempo fa a San Vittore in attesa di estradizione a Tirana perché negli anni più violenti della crisi interna del suo Paese era stato accusato di tentato furto di una vacca, processato, difeso da un avvocato d’ufficio neppure laureato in legge e condannato in contumacia senza che lui ne sapesse niente in quanto già emigrato in Italia. Tenta­to furto di una vacca!

morale della favola, truffate finchè potete, in Italia, ma non tentate di rubare le vacche in Albania..

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