10/04/10

Italia-Sudafrica: trova le differenze!


Ci sono paesi dove i giornalisti si cacciano, e paesi dove i giornalisti ti cacciano. Certo, non fisicamente, ma ti mettono così in difficoltà che finisci per perdere il controllo e andartene da solo. Ovviamente noi non facciamo parte della prima categoria.

L'Italia è un posto dove se non segui il copione vieni accompagnato alla porta, come è succeso recentemente a Rocco Carlomagno, il giornalista sui generis, forse un tantino invadente, che Berlusconi cacciò dalla conferenza stampa dove aveva preparato il solito teatrino di circostanza in occasione del Decreto Interpretativo. La cosa curiosa è che in quell'occasione fu un consigliere stesso del Presidente del Consiglio a suggerirgli di "non esagerare", ma soprattutto accadde una cosa che dovrebbe far riflettere anche quelli con il pelo sullo stomaco più folto. L'ordine di accomodare il disturbatore alla porta non fu eseguito dal servizio di sicurezza, come ti aspetteresti che accada in qualsiasi paese che non sia ad-personam, ma dallo stesso Ministro della Difesa, che evidentemente intende per difesa la difesa individuale del capo del PDL. Dopo le leggi ad-personam, insomma, i ministeri ad-personam.
Ma che la posizione ideale nel kamasutra dei rapporti politica-stampa in Italia sia la pecorina si evince da mille altri episodi. Su tutti, svetta la volta in cui il premier ricordò ai giornalisti che le nomine si fanno ad Arcore, o quella in cui Berlusconi fece il gesto del mitra alla povera inviata russa durante una conferenza con Putin. Non era passato molto tempo dalla morte cruenta di Anna Politkovskaja, e la povera giovane cronista non smise di piangere terrorizzata per ore.

Ricordo questi episodi per introdurvi a un fatto speculare accaduto molte miglia a sud, per la precisione in Sudafrica, nell'emisfero opposto al nostro.

Mercoledì scorso, 7 aprile, durante la trasmissione di approfondimento politico Africa 360, in onda su ETV, insieme al conduttore Chris Maroleng e all'analista Lebohang Pheko è stato ospite in studio André Visagie, segretario generale del Movimento di Resistenza Afrikaner (AWB).
Chi sono gli Afrikaner? Ripercorrere la storia del Sudafrica in un post di poche righe è una pessima idea. Diciamo però che quando gli olandesi, sulle rotte commerciali della Compagnia Olandese delle Indie Orientali (VOC), doppiarono il corno d'Africa, decisero di crearvi un insediamento stabile che funzionasse un po' come una stazione di rifornimento. Correva l'anno 1652 e la regione del Capo di Buona Speranza venne colonizzata dai primi coloni bianchi calvinisti, cui nel 1688 si aggiunsero un piccolo gruppo di Ugonotti. I membri di questa nuova comunità vennero definiti Boeri, dall'olandese boer: contadino. Questi ultimi, che erano in buoni rapporti con le popolazioni locali, importarono schiavi dal Madagascar, dalle Indie e dall'Indonesia, dando luogo nel tempo a una mescolanza, frutto dei matrimoni misti, che oggi viene definita cape coloured e che parla l'Afrikaans, un tedesco di derivazione olandese che integra prestiti dai linguaggi africani e dalla lingua inglese. Si pensa che il termine Afrikaner sia stato usato per distinguere, all'interno della popolazione bianca, quelli di lingua afrikaans da quelli di lingua inglese, dopo che l'Inghilterra assunse il controllo dell'area nel 1795.
Nel 1948 vince le elezioni il Herenigde Nasionale Party, il principale partito nazionalista degli Afrikaner, filo nazista durante la seconda guerra mondiale, secondo il quale il Sudafrica non può essere considerato una nazione sola, ma comprende almeno quattro gruppi etnici fondamentali: i bianchi, i neri, i cape coloured e gli indiani. E' l'inizio dell'Apartheid, in lingua Afrikaner "segregazione", che terminerà solo nel 1994 con la vittoria del Congresso Nazionale Africano di Nelson Mandela.

Bandiera AWB flag Bene: l'Afrikaner Weerstandsbeweging (AWB) è un gruppo politico sudafricano di estrema destra e secessionista, fondato da Eugène Terre'Blanche e altri sei compari il 7 luglio 1973 in un garage di Heidelberg. che ha sempre rivendicato la creazione di una repubblica indipendente Boero-Afrikaaner, sul modello delle Repubbliche Boere (vedi lo Stato Libero di Orange e il Transvaal).

La bandiera dell'AWB è un fenomeno di simbologia. Si compone di un triscele di sette che da un lato formano il numero 777 in contrapposizione con il 666 biblico (come tutti i partiti nazisti, anche l'AWB rivendica forti radici cristiane), da un lato richiamano la data di fondazione e il numero di fondatori del movimento e da ultimo, ovviamente, ricordano simboli arii come la svastica nazista.
Eugène Terre'Blanche è morto una settimana fa, ucciso a colpi di machete nella sua azienda agricola, presumibilmente ucciso da due braccianti di colore cui non corrispondeva il salario da mesi, ed è proprio in seguito a questo assassinio, prevedibilmente foriero di tensioni sociali, che Africa 360 ha invitato in studio André Visagie, a capo dell'AWB dopo la morte di Terre'Blanche.

Quello che è successo potete vederlo nel video. Lebohang Pheko, la donna di colore analista politico della trasmissione, ha incalzato Visagie sulla condizione dei milioni di braccianti agricoli di colore nelle terre possedute dai ricchi agricoltori bianchi. Visiagie ha perso la pazienza, si è alzato gettando il microfono a terra e ha fatto per andarsene, poi è tornato sui suoi passi minaccioso nei confronti della giornalista. Chris Maroleng, il collega conduttore di Lebohang, ha intimato al politico di non avvicinarsi. Visagie ha chiamato la sua guardia del corpo e ne è nata la classica situazione alla Valerio Staffelli: ovvero il solito mi tolga le mani di dosso aggiornato a mi tocchi nel mio studio e può considerarsi nei guai. A quel punto il segretario dell'AWB ha preso a minacciare verbalmente la giornalista: si ricordi che non ho finito con lei! Maroleng ne ha preso ulteriormente le difese, perché non si può minacciare chi, facendo solamente il suo lavoro, esprime i propri punti di vista, finchè non è stato chiesto l'intervento della sicurezza e il politico si è allontanato.

Da un lato abbiamo quindi un paese - il nostro - dove i giornalisti si approssimano alle interviste con i politici influenti camminando in ginocchio sui ceci, come se si stessero recando in pellegrinaggio a Lourdes, oppure vengono cacciati. Dall'altro lato esiste almeno un posto dove i giornalisti mettono in tale difficoltà i politici che questi si allontanano da soli, e se non lo fanno interviene la sicurezza.

Ora ho capito perché, nella classifica che misura la libertà di stampa di Reporter Sans Frontières, l'Italia viene al 49° posto, sedici posizioni dopo il Sudafrica che è 33°.

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