Era stata la notizia che aveva acceso le speranze dei tanti detrattori di questa nuova antica ricetta energetica italiana che risponde al nome di "energia nucleare". Nella giornata di venerdì 18 giugno la Gazzetta Ufficiale pubblicava le motivazioni con cui la Corte Costituzionale il 9 giugno aveva accolto il ricorso delle regioni Umbria, Toscana ed Emilia-Romagna e della provincia autonoma di Trento contro l'articolo 4 della legge numero 102 del 3 agosto 2009 in tema di energia.
Il potere di commissariamento dello Stato sulle regioni, per provvedimenti energetici con capitali privati, era illecito, perché violava la competenza delle regioni in tema di realizzazione degli interventi.
Pertanto, la Consulta sanciva con chiarezza, in materia di energia (tutta l'energia, inclusa quella proveniente da fissione nucleare), l'equivalente potere delle singole regioni a confronto con quello del governo centrale.
Ieri la notizia che ha rovesciato gli umori e ha fornito nuova linfa vitale al governo e ai sostenitori del nucleare: il ricorso presentato da ben 10 regioni contro la legge 99 del 23 luglio 2009 che dà il primo via libera alla costruzione di centrali nucleari su suolo italiano è stato bocciato dalla Corte Costituzionale. Infondati o inammissibili i ricorsi presentati.
Dal centrodestra si è gridato al successo, eppure nessuna delle due sentenze, di fatto, stabilisce una parola definitiva sul tema in questione.
La situazione alla quale ci troviamo di fronte può essere interpretata, in termini calcistici, come il più classico degli 1 a 1 con palla al centro a pochi minuti dalla fine.
La prima realtà che in tanti hanno ignorato in questi giorni è che la Corte Costituzionale non può stabilire se produrre energia dagli atomi di uranio sia incostituzionale o meno. D'altronde l'energia nucleare è stata presente nel nostro paese per ben 28 anni.
Tantomeno la Consulta può stabilire se sia utile, dannoso o pericoloso il ricorso a tale "ricetta energetica".
Ciò su cui la Corte Costituzionale può decidere è il rispetto delle competenze del governo centrale e delle regioni in materia.
La Costituzione prevede che in tema di energia governo centrale e enti regionali abbiano potestà concorrente. Ed è questo il punto cardine che può decidere come, quando e con quali poteri il governo potrà proseguire la sua corsa all'atomo.
La legge sull'energia nucleare, al vaglio della Corte Costituzionale ieri, almeno in relazione agli articoli contestati (dal 25 al 27), in nessun comma, in nessun periodo, presenta cenni di alcun tipo ai poteri delle regioni e del governo centrale, fatta eccezione per il richiamo alla Conferenza Unificata Stato-Regioni come primo passaggio per la discussione in materia.
Nessuna violazione esplicita dei poteri degli enti locali è presente nel provvedimento, per cui una bocciatura dei ricorsi per profili di incostituzionalità della legge era un passaggio pressoché inevitabile.
Non si può dire altrettanto del decreto legislativo 31/2010 del 15 febbraio, proveddimento attuativo della legge delega sul nucleare confermata ieri dalla Consulta.
All'articolo 11 comma 6, dopo una serie di disposizioni giuridiche atte a stabilire l'effettiva parità di poteri tra governo centrale e regioni sulla scelta della collocazione delle future centrali, trova posto il seguente passaggio, rappresentativo dei rapporti reali di forza tra governo ed enti locali:
"Ove non si pervenga alla definizione dell'intesa entro i sessanta giorni successivi alla costituzione del Comitato, si provvede all'intesa con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, integrato con la partecipazione del presidente della Regione interessata".
Ovvero, in mancanza di un accordo in sede di Comitato paritetico Stato-Regione, si provvederà alla formulazione dell'intesa in sede di Consiglio dei Ministri con la presenza eccezionale del Presidente di Regione in questione che, in assenza di vincoli sull'unanimità del voto (vincolo inesistente per regolamento interno del Consiglio dei Ministri [PDF]), assume, in ultima istanza, poteri praticamente nulli.
E' su questo decreto che si svolgeranno gli ultimi minuti della partita sul nucleare. E' con il pronunciamento su questo articolo, su cui Puglia, Toscana ed Emilia-Romagna hanno presentato l'ennesimo (e forse ultimo) ricorso e per la cui sentenza dovremo attendere ancora, che potremo stabilire con un margine significativo di certezza se la strategia nuclearista del governo è da cancellare, almeno per come è stata concepita finora, o se è ammissibile e, pertanto, pronta a divenire, in brevissimo tempo secondo quanto promesso dai ministri competenti, operativa.
Fonte articoloIl potere di commissariamento dello Stato sulle regioni, per provvedimenti energetici con capitali privati, era illecito, perché violava la competenza delle regioni in tema di realizzazione degli interventi.
Pertanto, la Consulta sanciva con chiarezza, in materia di energia (tutta l'energia, inclusa quella proveniente da fissione nucleare), l'equivalente potere delle singole regioni a confronto con quello del governo centrale.
Ieri la notizia che ha rovesciato gli umori e ha fornito nuova linfa vitale al governo e ai sostenitori del nucleare: il ricorso presentato da ben 10 regioni contro la legge 99 del 23 luglio 2009 che dà il primo via libera alla costruzione di centrali nucleari su suolo italiano è stato bocciato dalla Corte Costituzionale. Infondati o inammissibili i ricorsi presentati.
Dal centrodestra si è gridato al successo, eppure nessuna delle due sentenze, di fatto, stabilisce una parola definitiva sul tema in questione.
La situazione alla quale ci troviamo di fronte può essere interpretata, in termini calcistici, come il più classico degli 1 a 1 con palla al centro a pochi minuti dalla fine.
La prima realtà che in tanti hanno ignorato in questi giorni è che la Corte Costituzionale non può stabilire se produrre energia dagli atomi di uranio sia incostituzionale o meno. D'altronde l'energia nucleare è stata presente nel nostro paese per ben 28 anni.
Tantomeno la Consulta può stabilire se sia utile, dannoso o pericoloso il ricorso a tale "ricetta energetica".
Ciò su cui la Corte Costituzionale può decidere è il rispetto delle competenze del governo centrale e delle regioni in materia.
La Costituzione prevede che in tema di energia governo centrale e enti regionali abbiano potestà concorrente. Ed è questo il punto cardine che può decidere come, quando e con quali poteri il governo potrà proseguire la sua corsa all'atomo.
La legge sull'energia nucleare, al vaglio della Corte Costituzionale ieri, almeno in relazione agli articoli contestati (dal 25 al 27), in nessun comma, in nessun periodo, presenta cenni di alcun tipo ai poteri delle regioni e del governo centrale, fatta eccezione per il richiamo alla Conferenza Unificata Stato-Regioni come primo passaggio per la discussione in materia.
Nessuna violazione esplicita dei poteri degli enti locali è presente nel provvedimento, per cui una bocciatura dei ricorsi per profili di incostituzionalità della legge era un passaggio pressoché inevitabile.
Non si può dire altrettanto del decreto legislativo 31/2010 del 15 febbraio, proveddimento attuativo della legge delega sul nucleare confermata ieri dalla Consulta.
All'articolo 11 comma 6, dopo una serie di disposizioni giuridiche atte a stabilire l'effettiva parità di poteri tra governo centrale e regioni sulla scelta della collocazione delle future centrali, trova posto il seguente passaggio, rappresentativo dei rapporti reali di forza tra governo ed enti locali:
"Ove non si pervenga alla definizione dell'intesa entro i sessanta giorni successivi alla costituzione del Comitato, si provvede all'intesa con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, integrato con la partecipazione del presidente della Regione interessata".
Ovvero, in mancanza di un accordo in sede di Comitato paritetico Stato-Regione, si provvederà alla formulazione dell'intesa in sede di Consiglio dei Ministri con la presenza eccezionale del Presidente di Regione in questione che, in assenza di vincoli sull'unanimità del voto (vincolo inesistente per regolamento interno del Consiglio dei Ministri [PDF]), assume, in ultima istanza, poteri praticamente nulli.
E' su questo decreto che si svolgeranno gli ultimi minuti della partita sul nucleare. E' con il pronunciamento su questo articolo, su cui Puglia, Toscana ed Emilia-Romagna hanno presentato l'ennesimo (e forse ultimo) ricorso e per la cui sentenza dovremo attendere ancora, che potremo stabilire con un margine significativo di certezza se la strategia nuclearista del governo è da cancellare, almeno per come è stata concepita finora, o se è ammissibile e, pertanto, pronta a divenire, in brevissimo tempo secondo quanto promesso dai ministri competenti, operativa.
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