26/06/10

Dal Quirinale schiaffo a Brancher: “Non gli serve nessun legittimo impedimento”. Il ministro: “Non scappo, anticipo l’udienza”



Era troppo, far finta di nulla e stare zitti era accettare anche la “beffa” dopo il danno. Era lasciarsi prendere in giro. E Giorgio Napolitano il troppo non l’ha sopportato perchè stavolta il troppo “stroppiava” davvero. E’ mattina quando al Quirinale leggono e rileggono le dichiarazioni di Ugo Dinacci, avvocato del neo ministro Brancher. Con una sincerità oltre il limite della sfacciataggine, l’avvocato faceva sapere: “Il ministro non può andare in Tribunale, si avvale del legittimo impedimento, fa slittare l’udienza del suo processo perchè c’è un Ministero da riorganizzare, deve trovare segretarie, portavoce, personale…”. Questa immagine, questo racconto di Brancher impegnato a selezionare segretarie e portavoce era uno schiaffo, una dichiarazione di protervia. Cui si aggiungeva quella del neo ministro: “Ho chiesto il legittimo impedimento per tre mesi, potevo per sei…”. Ci hanno pensato sopra qualche ora al Quirinale, qualche ora in cui l’offesa alla decenza istituzionale e nazionale non sbolliva, anzi cresceva. E quindi, alle 18 del pomeriggio, lo schiaffo è stato restituito. Seccamente: “Non c’è nessun ministero da riorganizzare, Brancher è un ministro senza portafoglio, non gli serve nessun legittimo impedimento”. Che il capo dello Stato dica in una nota ufficiale che non ci sono motivi organizzativi e “ministeriali” perchè Brancher invochi e usi il “legittimo impedimento” è dire che il ministro non usa ma abusa della legge. E’ dargli del bugiardo, è svelare e timbrare quel che tutti scrivono e sussurrano perfino nella maggioranza: Brancher è diventato ministro per ripararsi dietro il “legittimo impedimento”. Insomma per ripararsi dal processo che lo vede imputato per aver, insieme alla moglie, incassato un milione e duecentomila euro da Giampiero Fiorani, quello della Antonveneta. Lo schiaffo di Napolitano, stavolta, coglie nel segno. Al punto che in serata, arriva una dichiarazione dello stesso Brancher: “Non voglio sottrarmi alla giustizia, chiederò ai giudici di anticipare l’udienza”. Curioso: prima che Napolitano lo sbugiardasse, gli elettori del centrodestra si inviperissero e persino il leader della Lega gli desse del “poco furbo” l’agenda del neo ministro era fittissima. Ora, come per incanto, si trova uno spazio addirittura prima del previsto. Il sospetto è che sia un goffo tentativo di salvare il salvabile, e di mettere una pezza ad un danno di immagine divenuto enorme dopo la presa di posizione del Colle. Anche perchè, se disponibilità c’era, sarebbe stato sufficiente chiedere direttamente l’anticipo senza invocare il legittimo impedimento. Berlusconi, lui che Brancher ministro lo ha voluto e nominato è all’estero. Non si sa se e come reagirà allo schiaffo partito dal Quirinale. Lui e non altri, perchè Brancher ministro non è stato voluto da Bossi che anzi ha manifestato fastidio, lo stessdo fastidio della base leghista registrato prima a Pontida e poi alla radio e sui siti web della Lega. Non è stato voluto da Fini e neanche da Tremonti. Brancher ministro perchè risultasse “impedito” è volontà diretta di Berlusconi. Berlusconi e Brancher, lavoravano insieme a Fininvest, Brancher teneva i rapporti con Psi. A suo tempo finì in carcere, poi non condannato per prescrizione e depenalizzazione dei reati allora contestati. Brancher che non disse mai una parola ai magistrati. Nulla di quel che sapeva. Questa è la storia per sommi capi. Ora se ne apre un’altra, inedita. Può restare in carica un neo ministro cui il capo dello Stato pubblicamente rimprovera di abusare della legge e di raccontare balle sui suoi impegni? E, se in carica resta, a che prezzo? Per i rapporti tra Napolitano e Berlusconi ma soprattutto per la “faccia” delle istituzioni italiane? Le reazioni, come ci si poteva immaginare, sono arrivate subito. La difesa del ministro Brancher incassa il colpo. “La richiesta di legittimo impedimento dell’onorevole Aldo Brancher nel processo per la scalata ad Antonveneta ’sara’ discussa domani in aula da un punto di vista tecnico”, ma non e’ motivata con la necessita’ di organizzare il nuovo Ministero, bensi’ con l’esigenza di portare avanti le norme per le riforme istituzionali, dice Filippo Dinacci, uno dei legali. L’opposizione si compatta e chiede una sola cosa: dimissioni. Enrico Letta, del Pd, dice: ”Le parole del Quirinale sono un macigno. Solo le dimissioni del ministro Brancher possono sanare questo scandalo. Le chiediamo per il bene del Paese e per il rispetto delle istituzioni”. Sulla stessa linea anche Walter Veltroni: “Il Quirinale ha reso evidente, con la sua nota, la pretestuosita’ delle motivazioni con le quali il neo ministro ha tentato di usare la sua carica per non rispondere ai magistrati”. Dura anche Rosy Bindi: “Motivazioni risibili, contraddittorie e inaccettabili. Non si puo’ tollerare l’uso personale delle istituzioni, lo stravolgimento della legalita’ e la beffa alla Costituzione”. Dario Franceschini del Pd annuncia battaglia in Aula e si dice pronto a presentare una mozione di sfiducia: “Ho scritto al presidente Fini perché solleciti Berlusconi ad essere personalmente in Aula mercoledì al Question time che presenterò a nome del gruppo del Pd”. Una mozione che viene annunciata anche dall’Idv. Di Pietro ha detto: ”La nota del Quirinale dimostra come Brancher abbia preso in giro non solo i magistrati ma lo stesso Presidente della Repubblica”. Dalla Lega interviene Roberto Calderoli: ”Il caso Brancher riguarda Brancher. Siamo abituati, ogni due per tre, a richieste di dimissioni. Bisogna pero’ pensare ai problemi della gente”. A difendere Brancher per ora è solo il ministro della Difesa, Ignazio La Russa: “Io so che Brancher ha il diritto di avvalersi del legittimo impedimento, dal punto di vista formale e’ in regola. Sui motivi che lo hanno indotto ad avvalersene, non so dire perche’ non conosco le ragioni concrete”.

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