Non è una barzelletta o uno scherzo di cattivo gusto, ma una vera a propria campagna pubblicitaria che prende di mira quelli che sono considerati ‘i tre mali’ dell’economia ticinese: i frontalieri, i criminali stranieri e lo scudo Tremonti. Sul sito dell’iniziativa, www.balairatt.ch, i toni sono espliciti: “NO all’invasione del frontalierato”, “NO alla crescente criminalità d’importazione”, “I ratti ‘invadono’ la Svizzera italiana”. Sul sito è già stato attivato un blog che in poche ore ha raccolto più di cinquecento commenti sul tema, e il messaggio sta prendendo piede anche attraverso Facebook.
Sono all’incirca 45mila oggi i cosiddetti ‘frontalieri’, gli italiani che regolarmente attraversano il confine per andare a lavorare in Svizzera, soprattutto in qualità di muratori, operai e carpentieri. «È un fenomeno –spiega Michel Ferrise, direttore della Ferrise Comunicazione di Muralto che cura la diffusione della pubblicità – su cui i ticinesi dovrebbero riflettere. Molte ditte puntano sul lavoro dei frontalieri perché costa meno. Chi sta dietro al sito che ha lanciato questa iniziativa vorrebbe ottenere salari minimi per tutti, anche per i frontalieri».
Nella campagna pubblicitaria, vengono attaccati anche «quel paladino delle cause perse del ministro Tremonti che, ogni volta che non sa come raschiare il fondo del barile, fa volteggiare lo scudo fiscale e randella i suoi concittadini che hanno l’unica colpa di voler mettere al sicuro i propri soldi, affidandosi a servizi bancari efficienti e professionali» e la delinquenza a opera degli stranieri, che, si legge nel sito, raggiunge livelli del 60 % sul totale del tasso di criminalità nel paese.
Il paragone con i topi non è comunque dei più gentili. «Perché i ratti?- continua Ferrise – Il ratto è qualcosa di spregevole. C’è il concetto di ‘derattizzazione’ dietro tutto ciò. Ma non fraintendetemi- specifica- Non è una sparata a zero contro tutto, ma solo un modo per portare alla luce un fenomeno non indifferente».
Che gli italiani in Svizzera non siano mai stati particolarmente amati, è testimoniato dalla lunga lista di dispregiativi con cui sono stati definiti nel corso degli anni (ad esempio “minghiaweish”, riferendosi alla difficoltà degli italiani di parlare in tedesco senza inflessioni dialettali italiane, o “Tschinggali”, storpiatura di ‘zingari’, vagabondi) e dai provvedimenti discriminatori nei loro confronti, come la presenza di cartelli che vietavano l’ingresso in locali pubblici a “cani e italiani”. E se oggi il fenomeno dell’emigrazione verso il paese elvetico si è decisamente ridotto rispetto ai decenni scorsi, è pur vero che questa componente xenofoba radicatasi negli anni è dura da estirpare. E la campagna pubblicitaria contro i ‘ratti’ ne è la prova lampante.
«I ratti esistono veramente –conclude Ferrise – I ratti invaderanno il Ticino».
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