Stavo per scrivere un post sull’ultimo salto della quaglia dell’ex missino, poi ex aennino, quindi ex pidiellino e ora segretario del nuovo nuovento movimento Futuro e Libertà (quello che la destra, adesso, va di moda moderna). Insomma: stavo per scrivere un post su Gianfranco Fini e su quel teatrino che non da oggi è la politica italiana. Nulla di epocale, s’intende. Nulla che non si potesse rimandare. E infatti ho deciso di rimandarlo.
Dicevo: stavo per iniziare a scrivere, quando ieri mattina mi sono imbattuto - sulla prima pagina del “Corriere della Sera” di oggi - in un editoriale firmato da Tommaso Padoa-Schioppa. Perchè, si sa, a volte ritornano. E in Italia, poi, tornano sempre e comunque. E infatti - lo spiego a beneficio di chi non se ne fosse accorto - è tornato sulla ribalta mediatica tricolore pure il signor TPS. Figlio del fu amministratore delegato delle assicurazioni Generali (Padoa-Schioppa Fabio), Padoa-Schioppa Tommaso- per la cronaca - ha lavorato a lungo per Banca d’Italia e Banca centrale europea. Poi - ma questo è più noto - è stato per un paio d’anni ministro del Tesoro per il governo Prodi 2. Con lui, la nostra economia non ha esattamente fatto faville. In compenso, il ministro TPS è passato alla storia delle cronache politiche nostrane per un paio di battute. Entrambe pirotecniche. Entrambe non propriamente popolari. Quella sulle tasse che, a parer suo, erano e restano “bellissime”. E quella sui giovani italiani eterni “bamboccioni”.
Da qualche mese a questa parte - meritatamente - l’ex ministro ha trovato spazio sul Corriere, sulle cui pagine discetta - con stile tra il pensoso e il soporifero - sui destini di monete, banche e industrie. E per i suoi densi editoriali - con tutta probabilità - riceverà pure un lauto e congruo compenso. Anch’esso, va da sé, meritatissimo.
Si dirà: embé? Embè, niente. Cioè, no. Non niente. E’ che, invece, la prima pagina del quotidiano torinese “La Stampa” - sempre ieri mattina - ospitava un fondo di Barbara Spinelli. Che non è solo una abbastanza celebre giornalista (tra l’altro è stata tra i fondatori di “Repubblica”). Ma è anche figlia, per così dire d’arte, di uno dei papà dell’Europa moderna (il fu Altiero Spinelli, politico vicino al Piccì, parlamentare di lungo corso, redattore storico della casa editrice il Mulino e ardente federalista). E per giunta compagna del Padoa-Schioppa di cui sopra. Ma compagna non nel senso (vetero)comunista. Compagna di vita, diciamo.
Chissà perché certe coincidenze a volte ti danno da pensare. E questa coincidenza - quella dei due compagni di vita che vantano tutti e due genitori illustri e che, nello stesso giorno, scrivono due editoriali da prima pagina per due dei principali giornali italiani - mi ha appunto dato un tantinello da pensare. Mica mi riferisco a retroscena o complotti all’amatriciana. Solo, mi sono chiesto: ma statisticamente, quanto è probabile imbattersi in storie dal sapore così obliquamente e stranamente “famigliare” sfogliando le pagine dei giornali o, tanto per dire, guardando un telegiornale?
Ecco: nel resto del mondo, non so. Ma nel nostro ex Belpaese, la risposta è: spesso e volentieri. Chiaramente e solo pe’ coincidenza.
Per dire e per esempio. Sempre vagando alla ricerca delle ultime novità sulla soap opera estiva su Gianfranco Fini, oggi sono incocciato - sulle pagine de “Il Fatto quotidiano” - in un’intervista a un’altra intellettuale di un certo calibro: la giunonica e pettoruta, Sabrina Ferilli. Domanda: una intervista dedicata all’ultimo film o show della Sabrinona nazionale? Risposta: assolutamente no. La finissima Ferilli - che ora impazza su Rai, Mediaset e La7, invitando gli italiani a farsi un sofà (“Beato chi se ‘o fa il sofà”) - ha disquisito sul futuro del centrosinistra (perché la showgirl, a quanto pare, vota centrosinistra). Dispensando perle di saggezza (”Per vincere, smettiamo di parlare di noi. E cominciamo a parlare bene di noi. E poi usiamo il buon senso”, Sabrina dixit). E incassando complimenti a 5 stelle da parte dell’intervistatore: “La Ferilli sfoggia una passione da analista che fa pensare alla nota di Stefano Folli sul Corriere della Sera”.
E perdindirindina. Addirittura? Addirittura. Del resto, perché mai Sabrinona nostra - interprete intensa di cinepanettoni capolavoro come “Natale a New York” e “Natale a Bevely Hils” - non dovrebbe aspirare a sostituire uno Stefano Folli qualunque sulle pagine del solito Corriere, o al limite a uno scranno in Parlamento (che, in fin dei conti, in Italia non si nega a nessuno)? Ecco, appunto. Mai dire mai. Ma soprattutto: ma come mai la Sabrina nazionale sarà così esperta pure di politica? Buh. Magari - verrebbe da dire - ne discuterà tutte le sere, fino a notte fonda, con il suo di compagno di vita. Che non è un Padoa-Schioppa. Ma pur sempre un Flavio Cattaneo. Che è stato direttore generale Rai (al tempo, per la cronaca, della cacciata di Sabina Guzzanti dagli schermi della tivù pubblica). E ora è amministratore delegato di Terna (l’azienda parapubblica che gestisce, sempre per la cronaca, tutti i cavi dell’alta tensione in Italia). Chi gli vuole male, potrebbe definire Cattaneo un boiardo di Stato. Chi gli vuole bene, un (ottimo) manager di aziende pubbliche.
Comunque sia: il compagna di Miss sofà è uno che di politica se ne intende. Ma ovviamente non c’entra nulla. E’ solo - e per davvero - un’altra coincidenza. Così come è un’altra coincidenza il fatto che l’intervistatore della Ferilli fosse Luca Telese. Che - oltre a scrivere sulle colonne dell’antiberlusconiano “il Fatto” - è anche conduttore di programmi vari su La7. E che - nella sua vita privata - è pure compagno (sempre di vita, s’intende; perché spiace per il Vaticano e dintorni, ma ci si sposa sempre meno) di Laura Berlinguer. Che è a sua volta giornalista, ma del tiggì berlusconiano StudioAperto; e figlia di Enrico Berlinguer, fu segretario del fu Piccì. Ovviamente Laura è anche sorella di Bianca Berlinguer, sempre figlia di Enrico, direttrice dell’antiberlusconiano Tg3. Ed entrambe sono lontane parenti del “picconatore” e fu presidente della Repubblica, Francesco Cossiga (un cugino di babbo Enrico).
Ma anche questo non c’entra niente. E’ solo un’altra storia obliquamente e stranamente “famigliare”.
Ho detto: un’altra storia. Non l’unica, però. Perchè il giochino - questo leggere in filigrana alla ricerca di collegamenti non di significato, ma di sangue, di affari o di affetto - potrebbe continuare (quasi) all’infinito. Imbattendosi pure in qualche contraddizione.
Ci si potrebbe chiedere, tanto per dire, che vada pensando il direttorissimo de “Il Giornale”, Vittorio Feltri - che pure oggi ha tuonato contro gli affari di famiglia di Fini e della moglie Elisabetta Tulliani - della carriera del figlio, Mattia Feltri, che scrive sulle colonne de La Stampa. Oppure ancora ci si potrebbe chiedere come faccia il padre padrone di Repubblica, Eugenio Scalfari - che pure oggi ha firmato sul suo giornale un durissimo editoriale contro Berlusconi e i berlusconiani di ogni ordine e grado - a sopportare il fatto che la figlia Donata Scalfari lavori al berlusconiano Tg5. Oppure - e per finire - ci si potrebbe domandare perchè mai la striscia serale del Tg3 (il Tg3minuti) ieri sera sia stata condotta proprio da quella Roberta Serdoz, moglie (o forse ormai ex moglie?) dell’ex (sicuramente ex) governatore piddino del Lazio, Piero Marrazzo (che dopo il solito trans trans, pare stia per tornare pure lui in Rai).
E così via.
Si potrebbe, si diceva, continuare con questo giochino. Farsi altre domande. Magari aggiungere pure una tirata sulla solita torma di parenti, figli, amici, amanti e mogli che si annida in ogni centro di potere in Italia. Anzi, tre anni fa - quando Padoa-Schioppa fece la sua sparata sui bamboccioni e io decisi di aprire questo blog - il post l’avrei proprio chiuso così. Con tanto moralismo a buon mercato. E un paio di idee raccattate qua e là.
Ma da allora - dalla sparata di TPS - di acqua ne è passata sotto i ponti. E certo l’Italia non è cambiata. E’ rimasto ferma e immobile come un semaforo. Ma io, sì. Io sono cambiato. E ora in questa accozzaglia di parenti,figli, amici, amanti e mogli che qualcuno chiama Casta - io, coi miei occhi -, ci vedo qualcosa di diverso. Ci vedo l’immagine - forse quella più oscena e squallida - di un intero Paese. Un Paese in cui per fare qualunque cosa - farsi visitare da un dottore o appunto far finire una certa notizia sul giornale - chiunque d’istinto chiama il fratello, il cognato o l’amico dell’amico. Perchè va bene la tecnologia e il progresso che avanza. Ma anche nell’epoca di internet, una mano continua a lavare l’altra. Ed entrambe a lavarsi la faccia. E a volte pure qualcos’altro.
E la domenica - la domenica specialmente, quando mi ritrovo solo nel mio studio e ho più tempo per pensare - mi chiedo perchè le cose debbano funzionare a questo modo. E forse perchè sto invecchiando, ma comincio a chiedermi se avrò davvero tempo e modo di vedere la società - l’intera società in cui vivo - finalmente cambiare. Francamente non lo so. Ma di una cosa sono sicuro. La colpa - se di colpa si può parlare - non è della Destra, della Sinistra o del Centro. Di Berlusconi, Padoa-Schioppa o Fini. Hanno le loro responsabilità, per carità. Ma, diciamocelo, troppo spesso diventano i capri espiatori della nostra cattiva coscienza.
Ci vorrebbe una rivoluzione culturale. Ma se vogliamo cambiare - se vogliamo davvero cambiare -, dipende da noi. Da tutti noi.
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