La guerra in Iraq è cominciata nel 2003; se dei morti non importa nulla a nessuno, del denaro invece sì: ed è una guerra che costa oltre 100 miliardi di dollari l'anno. Dopo aver sprecato fiumi di parole sappiamo anche che si tratta di un conflitto per il controllo di un'area strategica dal punto di vista energetico, visto che l'Iraq vanta il terzo posto al mondo per le sue riserve petrolifere. E ricordiamo anche le furiose battaglie per le strade di Bassora, il più importante terminal petrolifero del Sud del Paese.
Ebbene, assodato tutto ciò, scopriamo che l'oleodotto di Bassora rischia di chiudere. Perché? Perché è vecchio e casca a pezzi. Costruito nel 1975, sarebbe dovuto durare vent'anni e invece ne compie trentacinque senza alcuna manutenzione sostanziosa. 52 chilometri di tubo rugginoso che potrebbe rompersi da un momento all'altro. Così scrive l'Iraq Oil Report:
Il potenziale scenario da incubo ambientale è più tangibilmente terrificante, da quando è esplosa la piattaforma nel Golfo del Messico. (...) Gli esperti sostengono che la gravità di una rottura dell'oleodotto iracheno dipende dal punto in cui si verificherebbe. Nello scenario più probabile, e più rovinoso, l'oleodotto si romperebbe a distanza dalla costa, spingendo il petrolio per tutto il Golfo Persico.
Il giornale rende pubblici due documenti da cui si evince che il genio militare americano aveva avvisato di tale possibilità fin dal 2007. Nei report si ricorda che, da un'ispezione risalente al lontano 1991, l'oleodotto era già dato per spacciato al 76% a causa della corrosione. Stiamo parlando di venti anni fa. E che oggi addirittura è troppo pericolosa persino una nuova semplice ispezione, per i rischi che comporta. Praticamente quell'oleodotto è una carta velina, e tale situazione riduce di oltre un terzo la capacità di esportazione dell'Iraq oltre a far correre gravissimi rischi ambientali.
Quanto ci vorrebbe per porre rimedio, costruendo un nuovo oleodotto e un nuovo terminal? 500 milioni di dollari subito, e 4 miliardi entro il 2012, secondo il governo iracheno. Appena il 4% delle spese annuali della "guerra per il petrolio". Magari non ce li hanno, oppure non hanno trovato il tempo per occuparsene finora. O anche, ci sono altre motivazioni che rendono persino più conveniente il permanere di tale situazione di sfascio.
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