17/10/10

Pensioni precarie e pensioni da Casta.


Da un lato l’esercito dei precari, della cui pensione non si sa nulla, se non che è a rischio. Dall’altro il clan dei privilegiati, la Casta che dopo soli 5 anni di lavoro si garantisce un vitalizio di circa 3 mila euro al mese. Al punto che L’espresso ha ipotizzato, tutt’altro che irrealisticamente, un “Pap”, “Partito degli aspiranti alla pensione” che terrebbe in scacco la legislatura per ragioni ben diverse dall’interesse collettivo.

La differenza di trattamento è macroscopica. Per i lavoratori parasubordinati, infatti, la pensione resta un miraggio dato che, come scrive Eleonora Bianchini, «I contributi che pagano oggi, ovvero il 26% del loro stipendio, finisce nelle casse dell’istituto di previdenza per pagare nonni e genitori. Non certo il loro futuro». Con le parole del presidente dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, Antonio Mastrapasqua: «Se dovessimo dare la simulazione della pensione ai parasubordinati rischieremmo un sommovimento sociale». Ecco perché l’istituto non la fornisce. La notizia, lanciata su Blogosfere, fa il giro della Rete, con oltre 30 mila condivisioni e passando per Agoravox, il blog di Beppe Grillo, il Fatto Quotidiano e svariati blog. Arriva anche l’ironia di Spinoza: “Sul suo sito internet, l’INPS impedisce ai precari di conoscere l’entità della loro pensione «per evitare un sommovimento sociale». Così invece sì che staranno tranquilli”. Ma la notizia non passa nei media tradizionali.

Così come non passa l’ordine del giorno proposto dal deputato Idv Antonio Borghesi, che il 21 settembre scorso aveva chiesto di porre rimedio alla disparità, promuovendo la «soppressione degli assegni vitalizi, sia per i deputati in carica che per quelli cessati» e «chiedendo invece di versare i contributi che a noi sono stati trattenuti all’ente di previdenza, se il deputato svolgeva precedentemente un lavoro, oppure al fondo che l’INPS ha creato con gestione a tassazione separata». A questo modo, continua Borghesi, ciascun parlamentare potrebbe «cumulare quei versamenti con gli altri nell’arco della sua vita e, secondo i criteri normali di ogni cittadino e di ogni lavoratore, percepirebbe poi una pensione conseguente ai versamenti realizzati». Per un risparmio di 150 milioni di euro all’anno. Risultato? Su 520 votanti, 498 no e soli 22 sì.

Che importa, dunque, se il vitalizio viene percepito perfino da tre onorevoli che, accusa Borghesi, «hanno fatto il parlamentare per un giorno» mentre i giovani subiscono un tasso di disoccupazione reale che, secondo le ultime stime di Bankitalia, interessa il 33% della popolazione compresa tra i 15 e i 24 anni e saranno dunque costretti a lavorare più dei loro padri per non vedersi, con ogni probabilità, assegnare una pensione che raggiunga la minima. Alla politica, duole generalizzare e apparire populista, sembrano interessare prima di tutto le proprie tasche. Nonostante le belle parole e le buone intenzioni.



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