Visto quanto vi appassionate al Baltic Dry Index, ho pensato che avreste gradito un altro nuovo index che ci terrà compagnia per i mesi a venire.
La questione è che si tratta di un problema un tantino più preoccupante del pur serio fronte dei commerci marittimi. Si tratta infatti del Food Price Index della FAO, che segue i prezzi delle materie prime legate al cibo. Comunque la pensiate su questi organismi globali monstre (che spesso sono macchine inghiottisoldi), mi sembra assai utile questo paniere di 55 prodotti, tra cui cereali, oli, carni, latte eccetera che viene seguito mensilmente.
Il grafico di gennaio, manco a dirlo non mostra nulla di buono. Il trend di vertiginoso aumento del 2007, interrotto dalla crisi finanziaria, ha ripreso alla grande e promette di superare se stesso. Si tratta del prezzo del cibo, vi ricordo, non un'allegra prospettiva.
Già che sono a ravanare nel sito della FAO, scopro anche questo interessantissimo documento sulla produzione mondiale e le previsioni per i raccolti. Noto tantissimi segni "meno", ad indicare che forse abbiamo raggiunto e superato anche il picco per la produzione agricola, quella Rivoluzione Verde consentita proprio dal petrolio. Molte le produzioni in calo, ad esempio il Nordafrica che, unica zona nel mondo in via di sviluppo, vede diminuire di ben 10% la propria produzione di cereali. In testa, Algeria, Tunisia (-52%!), Marocco ed Egitto.
Inoltre, si scopre che l'Egitto è il più grande importatore di grano del mondo (malgrado la buona produzione interna) e dipende per le sue importazioni di cereali in gran parte dalla Russia, che quest'anno ha avuto una minore disponibilità all'esportazione. Chi prenderà il suo posto? Da chi dovrà dipendere l'Egitto?
A dimostrazione che le cervellotiche e complottiste analisi a cui amiamo abbandonarci, certe volte, vengono semplicemente superate da un documentino a disposizione del mondo intero, quattro numeri e un grafico: stiamo esaurendo le risorse, e a questo non c'è rimedio.
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