06/05/11

Ferrara contro Grillo

Ferrara contro Grillo - intervista a Claudio Messora
Ieri sera Giuliano Ferrara, che è riuscito nell'improbabile impresa di far perdere 1 milione e 800mila spettatori a Rai1 nel giro del solo mese di aprile, ha accusato Grillo di essere un buffone che fa politica, e lo ha fatto da buffone che fa l'opinionista. Bisogna riconoscergli una certa coerenza.

La par condicio non serve a niente. Specialmente quella all'italiana, che è solo un sistema legale per mettere la museruola alle formazioni più deboli. La par condicio si viola, come è accaduto in Sardegna per le scorse elezioni regionali. Si cancellano i concorrenti politici dall'agenda dei media, quasi tutti in mano ad imprenditori amici, e si conquista una rendita miliardaria grazie al governo quinquennale delle risorse di un territorio pronto ad essere depauperato in ogni sua oncia di redditività. Dopo avere messo un bottino inquantificabile in banca, si paga un milione di euro di multa all'Authority: l'equivalente di un'elemosina.
Nel 2008, alle elezioni politiche nazionali, la lista Per il Bene Comune, regolarmente in lizza per la tornata elettorale, s'è vista concedere (dati Osservatorio di Pavia) lo 0,02% dei passaggi TV, nonostante le norme indichino altro. Alle elezioni regionali 2010, nel Lazio, la lista Rete dei Cittadini, anch'essa regolarmente in lizza (anzi la prima in lizza in ordine di presentazione/accettazione) s'è scontrata con un muro di violazioni delle norme sulla par condicio da fare impallidire anche i meno impressionabili. Quanti degli elettori laziali erano a conoscenza di una terza alternativa alla Polverini e alla Bonino nel Lazio? Sono seguite denunce al TAR e all'AGCOM, che hanno portato a richiami ufficiali a ripristinare gli spazi non concessi a Rete dei Cittadini (cosa mai avvenuta) ed una multa comminata dall'AGCOM a Rai e Mediaset di 100.000€: bruscolini già messi in conto dai potenti per continuare ad oscurare al grande pubblico idee, persone e modi alternativi di candidarsi alla gestione dei beni comuni. Con i soldi del canone, con i nostri soldi dunque, la Rai censura le noste idee legalmente, preferendo pagare le multe che rappresentare il nostro diritto all'informazione.

Questa è la par condicio all'amatriciana. La stessa che la Rai, preda di onorevoli briganti e onorevoli bucanieri, invoca a gran voce per arrogarsi il diritto di emanare una circolare tassativa a tutti i programmi televisivi e radiofonici dove si vieta, ormai a ridosso del voto referendario, di parlare dei quesiti sui quali gli italiani dovranno esprimersi. Una violazione dei diritti dei cittadini prevedibile, dopo l'oscuramento dei talk show politici dell'anno scorso, ma che non ha precedenti se non nella propaganda fascista dei tempi dell'Istituto Luce.

La Rai è rigorosamente tenuta, obbligata dal Trattato di Amsterdam, ad utilizzare i 1654 milioni del canone per soddisfare le esigenze dei cittadini italiani di avere un'informazione pluralistica e completa e di partecipare consapevolmente in una compiuta democrazia. Il canone Rai, anche secondo una sentenza della Corte di Costituzionale, può essere richiesto esclusivamente a questo scopo, e l'AGCOM deve vigilare semestralmente affinchè questo orientamente sia rispettato.

Poiché è evidente a tutti che la Rai non informa, il cittadino è legittimato a fare disobbedienza civile e a dare un chiaro segnale della sua contrarietà nel modo in cui il servizio pubblico, il servizio che gli appartiene e che deve essere confezionato su misura per lui, assolve al soddisfacimento dei suoi diritti.

La Rai non era di Masi, non è di Lorenza Lei, non è di Garimberti né di Santoro né tantomeno di Vespa, di Minzolini, di Paragone o di Floris, e figuriamoci se è di Ferrara, che per 500mila euro l'anno infila un colossale flop dopo l'altro. E non è soprattutto della Commissione Parlamentare di Vigilanza, che ricorda sempre di più le riunioni dei clan della criminalità organizzata che hanno il solo scopo di incontrarsi per spartirsi il territorio da amministrare e controllare.
La Rai è vostra, mettetevelo bene in testa: mia, tua, di tutti. I vecchi tromboni che danno fiato alle grancasse su giornali e televisioni ne sono solo gli amministratori per conto dei veri azionisti: i cittadini. Se gli azionisti si ritirano, l'azienda chiude e i dipendenti vanno a casa. O meglio: si vende e la si mette in mano all'azionariato popolare. Se deve assolvere ai nostri diritti, tanto vale che ce la gestiamo noi.

Pretendete un'informazione puntuale, massiccia e a 360° sull'appuntamento elettorale referendario, perché il referendum è l'ultimo strumento rimasto al cittadino per superare una democrazia rappresentativa che non lo rappresenta più, svuotata di ogni contenuto da una legge elettorale che è andata bene a tutti: destra, sinistra e centro. Pretendete il rispetto del Trattato di Amsterdam oppure non dategli più una lira.

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