26/05/11

Tranquilli, siamo ricchi


È ormai impossibile star dietro a tutte le corbellerie che escono dalla bocca di Voltremont, al secolo Giulio Tremonti. La velocità alla quale spara cazzate, infatti, supera la velocità alla quale una persona intellettualmente onesta può falsificarle. Però ogni tanto va fatto, magari in modo random ma va fatto, per ricordare chi è Voltremont.

L'Istat ha presentato due giorni fa il rapporto annuale 2010 (il testo integrale è disponibile qui). In un paragrafo intitolato "povertà ed esclusione" (pagina 260 del rapporto) l'Istat riporta i principali indicatori di povertà ed esclusione sociale comuni ai paesi europei. Si tratta di tre indicatori:

(1) La quota di persone a rischio di povertà relativa, cioé che vivono in famiglie con reddito netto (al netto sia di imposte sia di trasferimenti pubblici) inferiore al 60% della mediana nazionale. Semplifico per intendersi, ma la sostanza è questa.

(2) La quota di persone che vivono in grave deprivazione materiale. Questi sono, ad esempio, coloro che non riescono a sostenere spese impreviste, che hanno arretrati nei pagamenti dei debiti, dell'affitto, della luce, acqua, gas, che non riescono a mangiare un pasto con sufficienti proteine almeno ogni due giorni, eccetera.

(3) La quota di persone con meno di 60 anni che vivono in famiglie a bassa intensità lavorativa, cioé dove gli adulti lavorano per meno del 20 per cento del potenziale.

I dati Istat dicono che nel 2009 il 18,4% degli italiani era a rischio di povertà relativa, il 7% in grave deprivazione e l'8,8% in famiglie a bassa intensità lavorativa. Il 24,7% era in almeno una di queste condizioni, ovvero, secondo le definizioni Istat, a rischio di povertà o esclusione.

Ma Tremonti non ci sta. Il Corriere della Sera riporta cosi':

Tremonti poi interviene anche sull'allarme lanciato dall'Istat relativo al rischio povertà per un quarto degli italiani. «Considero discutibile questa rappresentazione». Poi chiede alla platea: «alzino la mano quanti di voi sono poveri». Tremonti non nega che ci siano situazioni di difficoltà nel Paese, ma complessivamente «la ricchezza in Italia non è scesa in questo decennio, ma anzi è salita. Questo risulta dalle statistiche ufficiali».

Caliamo un velo pietoso sul sondaggio de noantri per alzata di mano e consideriamo il resto. Due cose, almeno.

Primo, Tremonti continua a confondere reddito e ricchezza. La distinzione tra le due cose, evidentemente non gli entra in testa. Non pretendiamo che ci legga, ma qualcuno dei suoi avrà pure provato a spiegargli cos'è un flusso un reddito e cos'è uno stock di ricchezza. Il concetto di povertà relativa utilizzato dall'Istat fa riferimento al reddito. Come loro stessi spiegano nel rapporto la povertà relativa

dipende, per definizione, dalla distribuzione del reddito nella popolazione: un paese complessivamente povero [basso reddito, ndr], ma caratterizzato da un basso livello di disuguaglianza, avrà un tasso di povertà relativa molto contenuto. All’opposto un paese mediamente ricco [alto reddito, ndr], caratterizzato da un’accentuata disuguaglianza, si troverà ad avere un elevato numero di poveri perché molte persone vivono in condizioni decisamente lontane da quelle mediane.

Se Voltremont fosse perspicace avrebbe utilizzato questo argomento per interpretare correttamente l'affermazione dell'Istat, non quello della ricchezza. Ma forse lui ha in mente per l'Italia il modello "famiglia nobile in decadimento": chi se ne frega se il reddito diminuisce (perché oltre a dire che ci sono un sacco di italiani in povertà relativa l'Istat osserva quello che ormai anche i sassi sanno, cioé che il reddito delle famiglie ristagna da oltre un decennio e da tre circa tende a ridursi vistosamente), possiamo sempre mangiarci il patrimonio. Quando non avremo più pane potremo sempre mangiarci i mattoni e dopo anche il marmo del Colosseo. Però Tremonti deve anche decidersi: la ricchezza privata ci serve per controbilanciare i debiti pubblici oppure per compensare il calo dei redditi? Perché di questo passo non basta per entrambe le cose.

Secondo, Tremonti racconta balle sui dati, com'è solito fare. La figura qui sotto è tratta dallo studio sulla ricchezza delle famiglie italiane della Banca d'Italia, pubblicato l'anno scorso. La serie rilevante è quella blu, che rappresenta la ricchezza (reale e finanziaria) per famiglia a prezzi costanti e al netto dei debiti.

serie ricchezza netta per famiglia, fonte banca d'italia

La serie arriva fino al 2009. Ora, poiché tutto lascia pensare che nel 2010 la ricchezza reale per famiglia sia ulteriormente diminuita (i valori immobiliari nel 2010 hanno continuato a scendere, il mercato del lavoro è rimasto fiacco e qualcuno avrà pur dovuto attingere dal proprio patrimonio per tirare avanti, eccetera) è ragionevole pensare che la ricchezza reale per famiglia a fine 2010 non fosse molto lontana da quella del 2000-2001 (mentre il reddito reale, vedere la figura in questo post, è a tutt'oggi inferiore a quello del 2000-2001).

Se Tremonti possiede statistiche ufficiali che solo lui conosce e che mostrano cose diverse le renda pubbliche. Altrimenti la smetta di prendere per il culo (retoricamente ed economicamente) gli italiani.

Fonte articolo

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