Hector è uno studente di 26 anni. Il 15 Ottobre era a Roma.
Partito, come tanti, per unirsi alla manifestazione degli indignati.
Giunto nella capitale per protestare, a modo suo, per far sentire (e
vedere) quanto sia realmente indignato (o incazzato come dirà lui).
Virgole nelle virgole lo ha intervistato, per farsi raccontare quei
fatti da un altro, ennesimo, punto di vista. Questa è la testimonianza
in prima persona degli scontri di Roma. E può esserlo solo perchè
raccontata da un violento, ma non da un teppista, come ci tiene a
distinguere chi parla: Hector non sta ne con gli indignati pacifici ne
con i teppisti neri. Si definisce indignato dimostrante, nel
senso che vuole dimostrare la propria indignazione. Una voce che
difficilmente potrebbe avere spazio nei media mainstream, e dalla quale
si dissocieranno in molti. Ma anche dare spazio alle ragioni di chi ha
protestato non proprio pacificamente, dissociandosi dal vandalismo
indiscriminato dei Black Bloc, è sinonimo di
Democrazia. Una voce fuori dal coro pacifista, e fuori dal no alla
violenza a tutti i costi che Politica e Media, a torto o a ragione,
hanno finora voluto farci sentire. Che il pensiero di Hector sia giusto o
sbagliato, noi ve lo presentiamo, e ci facciamo raccontare da chi è
stato in mezzo alla guerriglia il suo 15 Ottobre.
A che ora sei arrivato a Roma?
Siamo partiti alle 5 del mattino e siamo arrivati intorno a
mezzogiorno. Abbiamo preso la metro, per raggiungere La Sapienza, e da
lì ci siamo diretti verso il corteo con i ragazzi della Rete della
Conoscenza, d’accordo con gli altri compagni. Giunto a Termini mi sono
staccato dagli altri.
Da solo?
No. Con altri 2 o 3 compagni.
Perchè vi siete staccati?
Perchè personalmente sono andato lì con le idee abbastanza chiare.
Quella di fare casino. Questo perchè la manifestazione riprendeva
principi e discorsi messi in disparte dai fatti di Genova. La feroce
repressione di allora ha fatto si che il movimento si disperdesse, a
causa del trauma psicologico. Mi sono spostato sperando di incontrare
indignati un po’ più decisi. La mia idea è che se passo dalla vetrina di
una banca o di una multinazionale la devo distruggere. Economicamente
non ledo nessuno, sono assicurati. L’azione dimostrativa doveva essere
violenta, le passeggiate pacifiche degli ultimi anni non hanno portato a
nulla.
Arriviamo all’inizio del corteo… Hai trovato altri “violenti” prima che partisse?
Intorno alle 14:30 sono arrivato al camion di San Precario.
Lì ho trovato altri disposti a metterci il corpo e la faccia per queste
azioni dimostrative che dovevano dare un messaggio Nazionale e
Internazionale.
E sono iniziate le azioni…
Si. abbiamo iniziato con un venditore di cibo: una catena World Elite
Food, che vendeva prodotti tipici di ogni parte del mondo. Abbiamo
fatto un esproprio proletario, e il corteo generale si è fermato a guardare. Finita l’azione siamo ripartiti.
E le Forze dell’Ordine? C’erano?
No. Non ho visto forze dell’ordine fino alla prima carica.
Poi cos’è successo?
Ci siamo rimessi nel cordone. Ai pacifici non interessava della
nostra azione, ma neanche mostravano contrarietà, e siamo arrivati sotto
ai fori imperiali. Qui, abbiamo rotto le catene e abbiamo fatto entrare
le persone. Non avevamo l’intenzione di rompere nulla. E nulla è stato
rotto. Era il gesto, l’azione simbolica, che contava.
All’uscita dai fori però, avete avuto il primo incontro coi Black Bloc..
Esatto. Usciti dai fori ci siamo immessi sulla Labicana. E proprio
all’inizio della strada ci siamo trovati davanti 200/300 persone coi
caschi, vestiti di neri e con la bandiera anarchica. Ciò che mi
insospettiva era vederli già a viso coperto. Io quando finisco l’azione dimostrativa mi levo tutto dal viso, non ho bisogno di stare coperto per tutto il tempo.
E questo cosa ti suggeriva?
Mi suggeriva che da li a poco sarebbe iniziato qualcosa di violento.
Dunque sono andato in avanti per raggiungere il camion coi miei
compagni. Una volta raggiunti, abbiamo sentito le bombe carta esplodere,
dietro di noi. Ho pensato stesse iniziando qualche azione, e ci siamo
fermati nei pressi della Banca Popolare del Lazio. E abbiamo anche noi
iniziato l’azione contro la banca. Appena finita, ho attraversato tutto
il corteo andando in avanti, per raggiungere i miei compagni. Ho
attraversato camion dei No Tav, dei Cobas ecc, e intorno ad ogni camion
vedevo persone vestite e attrezzate come gli anarchici visti in
precedenza. E ho pensato che si sarebbero ricongiunti tutti.
La guerra stava iniziando…?
Si, e la cosa strana e che vedevo questi cosiddetti
black bloc entrare nei palazzi e uscirne con delle mazze, e altri
oggetti per la guerriglia.
Facciamo un passo indietro, all’interno della banca cos’è successo?
Io e altri compagni abbiamo contribuito a rompere
le vetrine, e siamo entrati dentro. Una volta lì però volevamo uscirne,
ma alcuni di questi neri continuavano a distruggere tutto ciò che gli
passava davanti. Ho provato a dirgli che c’erano altri obiettivi. Ma mi hanno spinto. Volevano distruggere tutto per forza.
Distruggere tutto per forza. Mi pare di capire quindi che tu
non condividi, nonostante sia tu stesso un violento. Pensi ci sia
differenza tra te e loro?
Certo. Tra prendere a pietrate tutto, e colpire dei simboli, ci sta
una bella differenza. Inoltre, penso che se uno fa un azione
dimostrativa vuole che tutto il mondo la veda. Invece loro hanno anche
tirato giù da una cabina telefonica un operatore che stava facendo delle
foto. Il black bloc si copre il volto per non essere riconosciuto. Ma
vuole che tutti vedano la sua azione. Questo mi è puzzato. Nel frattempo sta partendo la prima carica, e ci disperdiamo.
Io ho letto un’intervista, pubblicata su Repubblica.it, nella
quale un ragazzo, che si definisce un nero, sostiene di essersi
addestrato per un anno in Grecia. Ecco, tu hai avuto effettivamente
l’impressione che un gruppo, all’interno di questi violenti neri, fosse
effettivamente organizzato e preparato per un’azione di guerriglia
urbana programmata?
Si. Senza dubbio. Sapevano come attaccare la Polizia, come utilizzare
ogni elemento offensivo che la città può offrigli. Sapevano come
smontare le cose, oltre che come distruggerle, anche nelle cose più
banali, come alzare un tombino. Quando un blocco attaccava, gli altri lo proteggevano. Poi si scambiavano i compiti.
Pensi davvero che questi neri si siano addestrati in Grecia?
Secondo me no. Loro si muovevano bene. Ma non ce li vedo che partono
per andare ad addestrarsi. Tra i violenti c’erano fascisti, ultras e
ragazzini. E non ce li vedo ad addestrarsi, ognuno si addestra da se.
E tu, di fronte a questi atti, diciamo, vandalici, come hai reagito?
Io, che mi identifico come manifestante violento, e altri compagni,
abbiamo tentato di farli desistere da questa distruzione cieca. Hanno
risposto dicendo che dovevamo farci i fatti nostri.
Poi avete provato a spostarvi verso Piazza San Giovanni…
Si. Ci siamo spostati verso di li. Lungo il percorso alcuni di questi
neri davano fuoco alle auto e rompevano vetrine di negozi. Azioni prive
di un senso politico. Almeno per me. E appena messo il naso in Piazza
San Giovanni abbiamo trovato l’inferno: c’era pieno di fumo, e le bombe
carta esplodevano. Alcuni neri erano accorsi contemporaneamente a noi,
dalla nostra stessa direzione. Altri stavano sopravvenendo dalla parte
opposta della Piazza.
E le forze dell’ordine?
Carabinieri e Polizia sembravano spaesati. Non sapevano proprio da
dove cominciare. E poi erano in pochi. Quando è partita la prima carica
in Piazza San Giovanni saranno stati solo una ventina di poliziotti. Ed è
stata una carica assolutamente timida.
Quindi le colpe sono della questura?
Successivamente sono venuto a sapere che, prima di arrivare a San
Giovanni, c’era stato un tentativo di incendiare la caserma della
Lubicana con delle molotov. Quindi era chiaro che l’azione era volta
anche a cercare proprio lo scontro con le forze dell’ordine.
E lo scontro poi è iniziato…
Si. A piazza San Giovanni. Che ormai era chiusa quando sono arrivati
tantissimi celerini. Io stesso non sono riuscito ad entrare in piazza.
Ho visto che li spingevano con le spalle verso la chiesa. E poi sono
arrivati i blindati e hanno aperto gli idranti…
Verso la chiesa?
Verso Piazza di Gerusalemme. Un po’ alla cieca. Hanno inondato anche
il parco, colpendo anche le famiglie e chi non c’entrava nulla. E hanno
cominciato a sparare i fumogeni ad altezza d’uomo, e arrivavano
dappertutto. Io stesso ho visto un ragazzo con ferite al volto e una
bruciatura appena sopra l’occhio.
Una guerra nel vero senso della parola…
Fotografi e cameraman erano impossibilitati a fare il loro lavoro.
Quelli che stiamo chiamando Black Bloc gliel’hanno impedito. E ripeto,
il Black Bloc vuole che la sua azione venga vista. Comunque la
guerriglia stava diventando più forte, perchè un altro gruppo ha
attaccato i celerini dal lato. La strada di Re di Roma era distrutta:
auto date alle fiamme e negozi di alimentari incendiati. Dentro uno di
questi c’era pure la proprietaria dentro. Non le hanno fatto nulla. Ma
hanno dato fuoco al negozio, lei era terrorizzata. E quindi in questo
calderone anche la popolazione civile si è incazzata e se l’è presa con
quelli come me, e non coi black bloc.
E perchè non avrebbero dovuto?
Perchè io non ho sfasciato auto e negozi. La mia dimostrazione era volta contro McDonald e altri simboli così. Che è ben diverso.
Torniamo ai black bloc. Come li definiresti?
Per me, che ho vissuto Genova, black bloc è un’organizzazione
antinucleare che, in Italia, non ha fatto altre azioni dopo il G8. Anche
gli arrestati erano in jeans e maglietta. E sebbene fossi lontano non
ho neanche visto effettivamente manganellate contro di loro.
E poi non hanno un tesserino da black bloc…
Esatto. L’idea che mi sono fatto è che hanno avuto il tempo di
organizzarsi, e non hanno avuto ostacoli. Non c’erano neanche infiltrati
tra le forze dell’ordine che potessero prevenire quello che poi è
accaduto. Non perchè non lo sapessero, ma perchè hanno voluto lasciarli
fare. E’ mancata la sicurezza minima che una città deve garantire ad un
corteo. Non ci sono state cariche decise. Eppure, che si volesse
arrivare ad uno scontro era chiaro, già da quando i black bloc avevano
tirato giù uno sbirro che gli passava affianco in moto. Anche l’assalto
alla camionetta che è stata bruciata… Carlo (Giuliani, ndr) è stato sparato per molto meno.
Insomma, una risposta inadeguata e certamente tardiva. Ci
fosse stata prima, forse, il corteo si sarebbe svolto diversamente.
Quali pensi siano stati gli effetti a livello mediatico di quello che, a
tuo avviso, è stato vandalismo tollerato?
Innanzitutto, ha fatto si che la politica si compattasse. Ha fatto si
che i media e la popolazione percepissero due tronconi di manifestanti:
indignati pacifici, e teppisti. I primi sarebbero dunque i soliti
manifestanti che si fanno le passeggiate: i buoni. I soliti
cazzoni insomma, i secondi, indistintamente, teppisti. Io mi ritengo un
indignato dimostrante. Nel senso che mostro la mia indignazione usando
violenza contro quelli che ritengo essere simboli del mio nemico. Questa
era la mia idea. Ed era quella di arrivare al Parlamento.
Al Parlamento?
Al Parlamento. Ma non è stato possibile. Perchè, che le forze
dell’ordine sapessero o no, si è impedito il concentramento del corteo
in Piazza San Giovanni. Una volta lì dentro ormai la gente era
diversamente indignata, per le violenze, e spaventata, così che il
corteo si è disperso. Loro sapevano che se fossimo arrivati vicini al
Parlamento sarebbe stato un pericolo. E secondo me hanno lasciato fare
affinche le violenze non giungessero lì. I black bloc potevano essere
stretti alla chiesa e picchiati, ma forse a qualcun altro stava bene
così. La città si è indignata, si è perso il senso della manifestazione,
e non si è arrivati vicini ad obiettivi politici. Inoltre ora
sarà più difficile organizzare e partecipare ad altri cortei.E poi ho
sentito parlare di Black Bloc stranieri ecc … ma io ho parlato con molti
di loro, ed erano napoletani e romani. Black Bloc dall’estero, in
Italia, non se ne vedono dal 2001. E poi non sono arrivati pullman da
fuori.
Perchè ritieni più giusto manifestare violentemente, piuttosto che marciare pacificamente?
Perchè l’indignato si è rotto di scrivere scartoffie e di stare
accampato e fare cortei. Di fare resistenza passiva e di lasciarsi
picchiare. Se all’interno del grande gruppo degli indignati c’è una
frangia più indignata, più incazzata, disposta a combattere anche con
azioni dimostrative violente, e tra questi ci sono padri di famiglie e
laureati precari, ben venga. Gente che si è rotta di parlare e di
scrivere articoli. Che tanto non gliene frega niente a nessuno.
L’obbiettivo, come è stato in Grecia e in Spagna avrebbe dovuto essere
quello di arrivare al cuore della politica. Ma ripeto, gli scontri
avvenuti hanno fatto si che questo non fosse possibile.
Perchè lo scontro è partito da lontano…
Si. Così ci si è limitati ad una semplice guerriglia di strada. Una
rissa urbana che ha fatto perdere ogni concezione. Si è evitato lo
scontro con la Politica e le istituzioni economiche. Per fare la
rivoluzione lo scontro è necessario. Mi sono rotto di non fare nulla e
di lamentarmi. Nei documenti scrivi “pretendo”, ma ormai quello che
pretendi devi prendertelo sennò non ti da niente nessuno. La
loro azione è più repressiva di qualche vetrina sfasciata: ti vietano di
parlare e di sapere, di pubblicare. E tutti pagano le conseguenze,
eccezion fatta per chi è aggangiato.
Che ne pensi della dichiarazione di Draghi sulla manifestazione?
Ha detto che ci vogliono gli indignati. Non può dire che ci vogliono i
violenti. Anche perchè per la piazza, il nemico è la BCE, che proprio
Draghi rappresenta.
Se i Black Bloc fossero effettivamente organizzati, e
preparati a compiere azioni programmate, perchè secondo te dovrebbero
volere impedire la riuscita di un corteo pacifico?
Perchè non lo accettano. Non accettano un corteo pacifico che non
porta a nulla. Sapendo che non possono coinvolgere tutti nella lotta,
così come loro la pensano, si autodeterminano, come singoli o come
gruppo, facendo azioni violente, e vogliono che tutto il mondo lo
sappia. Ma non è stato così a Roma. Il black bloc del 15 Ottobre non era
Black Bloc, erano solo teppisti vestiti di nero.
di Francesco FotiaFonte articolo
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