14/12/11

In morte di un imprenditore di se stesso

Tutto regolare, tutto legale, tutto secondo flessibilità. E così, quando muore un facchino sfruttato sotto un palco che crolla, dovrebbero anche avere la faccia tosta di ripetere: è morto un imprenditore di se stesso


Se fosse stato extracomunitario, se fosse caduto da un'impalcatura di un qualsiasi palazzone di periferia, avrebbe meritato a malapena un trafiletto. Ma era un bel ragazzo italiano e lavorava per una popstar, quindi la tragica morte di Francesco Pinna è su tutte le prime pagine.Non importa. Quel che conta è che Francesco non ci sia più, che abbia perduto la vita per mettersi in tasca 5 euro l'ora e vedere un concerto gratis. A 19 anni sembra tanto.

Mi chiedo quale fosse il contratto di lavoro di Francesco, che lavorava a giornata per una coop. Cococo? Cocopro? A progetto? Non è una questione secondaria.

La morte sul lavoro è un rischio che corrono in tanti, non solo chi fa lavori oggettivamente pericolosi: gente che finisce vittima di incidenti stradali, di disgrazie, di disattenzioni proprie o altrui. Si rischia sul lavoro, come si rischia semplicemente nel vivere. Quello che fa differenza, quello che indigna (almeno a me indigna), è che il rischio sul lavoro dovrebbe essere sempre compensato almeno con la dignità del lavoro. Dignità che si esprime nella messa in sicurezza dell'ambiente circostante, che costa, e che si esprime in un contratto e una paga dignitosi, come recita la Costituzione. Anche questi ahinoi costano.

Per diminuire questi costi, è arrivata la "flessibilità". E per farla digerire ai cittadini recalcitranti, è stata accompagnata da una propaganda battente che ha valorizzato il precariato come se fosse una conquista: basta col posto fisso, vendi le tue competenze e guadagnaci su, diventa imprenditore di te stesso. "Imprenditore di te stesso": uno slogan efficacissimo che innesca l'automatica associazione mentale imprenditore=ricco, di successo, libero, figo. Tutti imprenditori di se stessi. Poi nella realtà, paghe da fame, sfruttamento, lavoretti a giornata, tasse e contributi opprimenti, insicurezza e disperazione. Milioni di persone in queste condizioni. Le aziende, contente, risparmiano in dignità.

Si arriva al punto che si firmano contratti a ore per cooperative di facchinaggio, tutto regolare, tutto legale, tutto secondo flessibilità. E così, quando muore un facchino sfruttato sotto un palco che crolla, dovrebbero anche avere la faccia tosta di ripetere: è morto un imprenditore di se stesso.

Ma forse il furbo slogan non funzionerebbe più.

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