30/07/12

Passaparola 30/07/2012 - La guerra di Nintendo - Generale Fabio Mini


"Quando si parla di 90 aeroplani da qui a 10 anni, si mette in piedi una capacità operativa che non avevamo neanche durante la guerra fredda. Adesso non si sa bene contro quale avversario potenziale debba essere rivolta questa forza e soprattutto non si sa bene perché nella Nato e in Europa debba ancora prevalere quel senso di avere forze armate pesanti, hard e separate se non per soddisfare così appetiti industriali e le velleità delle gerarchie nazionali. Ogni paese ha una forza armata, una marina, un esercito. In Europa abbiamo 27 nazioni, 27 eserciti, 1.880.000 soldati in servizio attivo, abbiamo più navi degli americani, più aerei da combattimento degli americani, molti più di quelli dei russi". Generale Fabio Mini

Il Passaparola di Fabio Mini, ex - Generale NATO e saggista


Liberi di agire
Buongiorno a tutti gli amici del blog di Beppe Grillo e a Beppe Grillo, sono il Generale Fabio Mini, sono un Generale di Corpo d’armata in pensione, da molto tempo scrivo di argomenti militari e sono stato il comandante delle forze internazionali in Kosovo, oltre a essere stato Capo di Stato maggiore del Comando della Nato del sud Europa, proprio quando c’erano le guerre nei Balcani.
L’argomento che vorrei affrontare è quello del Disegno di Legge delega presentato dal Ministro della Difesa Di Paola in Parlamento. Questo Disegno di Legge vorrebbe che il Ministero ricevesse una delega a effettuare delle riforme alla Struttura militare. La riforma dovrebbe svilupparsi nel giro dei prossimi 12 anni, entro il 2024 ma la cosa è indicativa. Questo progetto non è collegato alla spending review che nel frattempo è andata avanti, ma dovrebbe essere impostato su quei criteri di rigore, equità, sviluppo ribaditi dal Governo. Il Disegno di Legge è già passato in Commissione al Senato a una velocità così insolita che non è successo mai neanche nei periodi di emergenze anche di carattere della sicurezza. Le forze che sostengono il Governo Monti hanno così obbedito senza tante storie al indicazioni dei leader di partito, queste indicazioni sono state chiare, bisognava approvare in fretta e senza discutere.Si è parlato di un iter talmente accelerato che doveva essere completato entro il 3 luglio e questa era stata la speranza del Ministro Di Paola, fare alla svelta "così almeno ho le mani libere per agire". Il Senato ha rispettato i tempi e le direttive e soltanto grazie alle lungaggini di alti bizantinismi che la Commissione della Camera questa discussione è stata rimandata dopo l’estate. Sfortunatamente i leader di partito, anche quelli che non hanno fatto il militare, ma hanno fatto un paio di guerre come quelle nei Balcani e quelle in Libia, non avendo alcuna competenza non hanno letto bene la proposta, magari si sono fidati del Ministro Tecnico e del Governo ancora più tecnico. Sfortuna nella sfortuna, anche se avessimo avuto voglia di leggere la proposta non avrebbero proprio trovato niente da capire, perché la proposta tecnica non indica quale modello di difesa vuole realizzare fra 12 anni. Non fa risparmiare un Euro e soprattutto disattende completamente sia l’indicazione del Presidente della Repubblica, sia le indicazioni del Presidente del Consiglio.
Sono uno di quei militari che dalla tragedia della crisi sperava che almeno prendessero forma e sostanza delle forze armate ridotte, qualificate, ammodernate e soprattutto integrate a livello europeo, in modo che il peso degli interventi si distribuisse in maniera equa tra tutti i membri dell’Unione Europea e della Nato. Cosa che fino adesso non è mai successa perché sia le spese, sia gli interventi gravano nella Nato soltanto su 4 Paesi: Germania, Francia, Inghilterra e Italia. Come tanti speravo che almeno la ristrutturazione delle forze armate che è cominciata nel 1975 e non è mai stata portata a termine, fosse possibile alla luce di questo quadro geostrategico, geopolitico profondamente cambiato, soprattutto in base alle esperienze negative di tutte le guerre che abbiamo combattuto sotto falso nome, dal 1990 in poi. In realtà avevo un po’ di dubbi perché l’apparato politico degli ultimi decenni si era già dimostrato incapace di innovare le forze armate e di dare al nostro paese una dignità internazionale, almeno pari allo sforzo richiesto ai nostri soldati.
Un governo cosiddetto tecnico, sostenuto dalle stesse forze politiche che ci hanno portato sull’orlo del fallimento, non avrebbe avuto altra possibilità che fare il lavoro sporco, un lavoro talmente sporco che nemmeno i politici avrebbero voluto fare. Il governo fatto di economisti come quello attuale: banchieri, avvocati, industriali, infatti ha concentrato la propria cura su che conoscono meglio, quelli che salvaguardano il loro mondo. Nell’ambito del Ministero della Difesa è stato chiamato l’Ammiraglio Di Paola che è un tecnico non tanto perché è militare di lungo corso e perché ha ricoperto tutti gli incarichi di vertice delle forze armate italiane e quelle della stessa Nato, ma perché è particolarmente legato alla concezione strategica americana, è legato agli interessi degli economisti, banchieri, industriali e della casta militare che è più vicina a questi mondi.
Le forze armate, i tecnici ce li avevano già, hanno fior di comandanti che negli ultimi 20 anni hanno battuto i teatri operativi, invece che i corridoi ministeriali, hanno tecnici amministrativi che ogni giorno esercitano la loro responsabilità di gestione sotto il fiume di soldi pubblici che l’Italia assegna alla difesa e alla sicurezza.
Ora se questi tecnici non sono stati in grado di riformare la propria struttura è stato proprio a causa delle direttive politiche o della loro mancanza ed è stato grazie a altri tecnici che hanno fatto gli interessi di coloro che invece vedono le forze armate come mucche da mungere. Confesso di essere stato molto curioso di vedere come l’Ammiraglio di Paola, che conosco bene, avrebbe eseguito il mandato di rigore, equità e sviluppato annunciato dal Presidente Monti, è il mandato di maggiore integrazione e cooperazione europea indicato dal Presidente Napolitano nell’ultimo Consiglio supremo di Difesa. Da oltre 20 anni Di Paola è stato responsabile diretto, un valente suggeritore, compartecipe di tutte le scelte di politica militare e di politica industriale della difesa. Ha stilato direttive che hanno consegnato le nostre forze armate a una Nato che non pensa più alla difesa collettiva, ma che è stata trasformata in una specie di Spa appartenente a una holding americana dedicata a avventure di tipo mercenario in qualsiasi parte del globo, lui stesso ha firmato contratti che non esito a dire capestro per l’acquisto e la fornitura di navi e aerei che non ci servono e che smentiscono la nostra stessa Costituzione. Lui stesso ricordo che ha organizzato così una specie di marketing per conto di Finmeccanica costringendo i capi di Stato maggiore a fare i piazzisti all’estero, quando Finmeccanica, da gruppo di aziende di interesse pubblico, si staccava dall’economia reale, dal mondo del lavoro per diventare una finanziaria specializzata in speculazioni internazionali.
 
La fasulla spending review 
L’ammiraglio, voglio ricordare, ha guidato il Comitato militare della Nato che ha fatto di tutto per impedire qualsiasi integrazione militare europea, quindi ero curioso di vedere come avrebbe fatto a smentire sé stesso per obbedire al Presidente Monti, infatti non l’ha fatto, non si è smentito! Il Ministro della Difesa è riuscito quasi a evitare i tagli della spending review che non tocca molto le forze armate: la riduzione dei quadri dirigenti che viene annunciata è spalmata nei decenni futuri così non si può essere sicuri che toccherà marginalmente i generali veri e si concentrerà o sui "generali di cartone", è un’espressione brutta ma efficace che si usa nel nostro ambiente. Sono quei generali che conseguono il grado all’atto del pensionamento che è un segno di riconoscenza per una carriera che è stata limitata non per loro demerito, ma proprio dalla necessità di avere una piramide gerarchica. Questa promozione simbolica è poi diventata un fatto sostanziale che ha avuto riflessi anche sulla pensione e sul bilancio pubblico, non tanto per un privilegio di casta ma per un necessario livellamento del trattamento economico dei militari con quello di altri dipendenti statali, ma è diventato un peso pubblico anche per un malcostume proprio di stampo clientelare che ha consentito il richiamo in servizio dalla pensione di questa gente con nuovo grado e nuovo stipendio; andando magari a coprire posti che erano già coperti da personale in servizio.
La riduzione dei dirigenti militari inciderà sui tenenti e colonnelli che di fatto sono i veri tecnici specialisti. La spending review non risolve il problema e neanche il problema immediato dei risparmi, in realtà prevede una riduzione degli approvvigionamenti di alcuni mezzi, come degli aerei F35. Quando si parla di 90 aeroplani da qui a 10 anni, significa che si mette in piedi una capacità operativa che non avevamo neanche durante la guerra fredda. Adesso non si sa bene contro quale avversario potenziale debba essere rivolta questa forza e soprattutto non si sa bene perché nella Nato e in Europa debba ancora prevalere quel senso di avere forze armate pesanti, hard e separate se non per soddisfare così quegli appetiti industriali, oppure le velleità delle varie gerarchie nazionali.
Separate, ogni paese una forza armata, ogni paese una marina, ogni paese un esercito, anche di quei paesi che sono confinanti, vicini, alleati che hanno rinunciato alla guerra come strumento di risoluzione dei conflitti internazionali come il nostro, non c’è una vera cooperazione e integrazione, questa sommatoria paradossalmente non fornisce una capacità che i numeri darebbero. In Europa abbiamo 27 nazioni, 27 eserciti, 1.880.000 soldati in servizio attivo, abbiamo più navi degli americani, più aerei da combattimento degli americani, molti di più di quelli dei russi, ma poi quando dobbiamo andare a fare le operazioni, gli americani mettono in piedi 4 guerre contemporanee e noi per mandare 300 uomini in Macedonia, io me lo ricordo bene perché ero lì abbiamo dovuto fare i salti mortali. 300 in tutti i paesi dell’Europa. Le missioni europee sono simboliche, di pura presenza senza incidere sulla sicurezza. Questa spending review non esalta questi valori, questi principi di cooperazione. Inoltre la spending review pensa di risparmiare e di guadagnare con la dismissione degli immobili militari: caserme, poligoni e altre cose. Noi abbiamo già provato una cosa di questo genere e è stato un fallimento: fino a oggi non abbiamo venduto a prezzo di mercato un solo immobile con le varie iniziative e soprattutto non si considera che per utilizzare e valorizzare questi immobili più importanti, sono necessari dei finanziamenti altissimi che si possono permettere soltanto i grandi speculatori, i privati e i furbetti del quartierino, non di certo i comuni. I comuni devono avere fior di finanziamenti, si vanno a indebitare con questa aria che tira, non penso che sia proprio un modo per fare soldi.
Il Disegno di Legge di Di Paola parla di una cosiddetta revisione in senso riduttivo dello strumento militare, però si enunciano soltanto alcuni criteri in modo vago, è una delega al buio. Tuttavia da questi pochi criteri enunciati, si desume una volontà che non si vuole operare una revisione coerente, motivata, ma di avere un’autorizzazione di dare al Ministro della Difesa e al governo, a un governo che dovrebbe essere transitorio e qui si parla di progetti che portano al 2024, avere un’autorizzazione a operare soltanto una serie di tagli al personale, soprattutto al personale dell’esercito che poi è quello che adesso le operazioni le sta facendo veramente. Dal 1990 siamo sempre stati a fare i ballerini in giro per il mondo. Invece si salvaguardano gli stessi programmi che l’attuale Ministro della Difesa ha avviato, sottoscritto, firmato, sostenuto quando ricopriva le cariche di segretari generali e Capo di Stato maggiore della difesa. Questo stesso concetto di ricorrere ai drone o ai velivoli senza pilota che è venuto fuori al vertice Nato di Chicago e che un prodotto concettuale della leadership di Di Paola, non è un modo di risparmiare soldi, ma è soltanto uno per ammazzare meglio rischiando di meno e soprattutto trasformando la guerra, che è sempre una tragedia, in un costoso ma anche inconcludente videogioco, quindi la chiamo "la guerra di Nintendo". Succede che qualcuno dalla Virginia guida un drone, questo drone sta ammazzando qualcuno, ma lo vede come su uno schermo, come se fosse qualcosa che non lo tocca. La guerra viene spersonalizzata, viene disumanizzata, sembra che sia una realtà virtuale, questo secondo me è un grosso rischio, un rischio psicologico per chi deve farla la guerra.
La linea di continuità con il passato che Di Paola garantisce, invece di essere una garanzia di stabilità è una manifestazione di caparbietà, perseveranza nell’errore. Si parla sempre di minaccia incerta, ci dobbiamo preparare a tutto, questo futuro incerto ma tecnologico è l’escamotage per mantenere forze armate numerose e aprire i cordoni della borsa pubblica a più speculatori. Questo progetto non coglie l’occasione di ristrutturare la difesa sulla base del quadro strategico e non considera delle cose fondamentali. Per esempio, l’idea americana, quella attuale di lasciare alle forze regionali e in pratica alla Nato gli interventi nelle aree periferiche, nel senso che il Medio Oriente per loro ormai è diventato periferico, la Siria è un problema periferico, questo per poter concentrare le proprie forze su quelle che loro considerano le vere minacce del futuro potenziali e che sono la Cina e la Russia. Questa linea per noi non è perseguibile, ci comporta il suicidio politico europeo. Con il ricorso alle guerre regionali non ci possiamo permettere nessun tipo di politica né europea e neanche mediterranea e non possiamo far partire questa nuova idea di guerra locale proprio dal Mediterraneo, dalla Libia, dall’Algeria, dalla Siria perché saremmo i primi a rimetterci, come ci stiamo rimettendo in termini economici nella questione con l’Iran.
Non si considerano elementi fondamentali che sono in evoluzione, la riduzione dell’impegno in Afghanistan è una cosa che c’è e anche i francesi se ne sono andati, gli americani se ne andranno perché diventerà periferico per loro tra non molto. Non si considera una più equa ripartizione dei compiti militari in ambito Nato, non si considerano le minacce non prettamente militari, quelle che stanno venendo fuori. Non si considera la limitazione di sovranità in fatto di politica estera, perché in realtà le pressioni degli Stati Uniti oppure della Nato, di tutti gli altri ambienti, ci portano a essere veramente non sovrani e porta anche alla disomogeneità dei comportamenti alleati nell’ambito della stessa alleanza come si è verificato per l’Iraq, l’Afghanistan, la Libia e la Siria.
 
La Difesa contribuisce alla crescita del debito pubblico
Inoltre si prosegue nella strumentalizzazione degli interventi umanitari per condurre azioni di vera e propria guerra. Non si considera la progressiva restrizione degli interventi militari e occidentali in aree extraeuropee, i paesi europei fuori dall’Europa non ci vogliono andare, già fatichiamo in Europa. La Germania non vuole più avere delle avventure di questo genere, non si considera l’insofferenza di molti paesi nei riguardi di una politica così interventista che finora ha privilegiato soltanto gli strumenti hard, quelli duri, i carri armati della politica rispetto a quelli soft. L’Unione Europea e la Nato si sono allargate, ma il carico maggiore di interventigrava sempre su 4 paesi. I primi 3: Gran Bretagna, Francia e Germania si sono già di fatto sganciati da buona parte delle avventure Nato e noi invece continuiamo e stabiliamo dei principi che ci legano a filo triplo con questo tipo di concezioni che vanno bene per gli americani, se vanno bene per gli americani. Non vanno certo bene per il mondo e soprattutto non vanno bene per noi e per la nostra politica, la nostra economia. Non si tiene conto che ci sono cose che non potremmo più affidare alle nostre forze armate, non soltanto perché mancano le risorse economiche o perché non ci sono le condizioni politiche per farlo, ma perché si è compromesso in maniera irrimediabile il clima di consenso nazionale nei riguardi della politica e quindi la volontà politica di esprimere forza militare come surrogato e sostegno della politica estera.
E' considerato ormai dai cittadini una vera e propria velleità, se non addirittura una iattura, una sfiga paurosa, non è più possibile ignorare le esigenze e le opportunità di prevenzione dei conflitti e delle crisi umanitarie con strumenti di intervento civile e economico o con interventi militari di soft power per esempio con la cooperazione, la deterrenza e la rassicurazione che è un termine che è stato elaborato durante gli anni della guerra fredda e che aveva delle potenzialità enormi e invece viene completamente trascurato. Non si fanno più interventi militari per rassicurare qualcuno che è sottoposto a una minaccia, quindi cooperando veramente, si fanno soltanto delle cose punitive.
Stiamo ancora giocando su questa concezione che noi siamo costretti agli interventi militari hard perché qualcuno ce lo chiede, non è vero, siamo noi stessi che ci proponiamo, siamo noi stessi che pretendiamo di essere militarmente forti come se fossimo soli contro tutti. In effetti ci stiamo sempre coinvolgendo in missioni all’estero che non hanno fine, secondo me non hanno neanche fini, degli scopi. Ci sono cose che lo strumento militare non potrà fare perché la politica non glielo chiederà più, è inutile che abbiamo 80 aeroplani, caccia bombardieri con un lungo raggio di azione, quando poi se si dovesse trattare di andare da qualche parte, in Georgia oppure in Bulgaria, un Parlamento o un governo dice no grazie!
La Difesa è uno di quei comparti pubblici che ha contribuito alla crescita del debito pubblico e che ha assunto impegni di spesa a lungo termine largamente velleitari e molte volte si è pensato di farlo per acquisire un prestigio internazionale. Il prestigio guadagnato dai militari sul campo che è reale, che è vero e soprattutto nell’ambito degli altri eserciti alleati, è un prestigio che è stato vanificato dalle intemperanze morali dei responsabili politici, dall’inconcludenza delle operazioni, non c’è cosa peggiore per un militare di andare in missione e di ritornare senza avere risolto nulla, e poi di ritornarci un’altra volta dopo tre, quattro turni, un anno, due anni e di vedere che le cose sono come erano prima o addirittura peggiorate! In Italia il prestigio militare è stato anche segnato dalla banalizzazione del ruolo militare con questi compiti di facciata che però portano sempre un bel po’ di quattrini.
La Difesa è uno di quei comparti che spende una quota sostanziale di risorse pubbliche, qualcuno vuole fare il certosino andando a distinguere la funzione di difesa da altre cose, e tutto il bilancio dello Stato spende 30 miliardi di Euro nella difesa e nella sicurezza, è una cifra che non è adeguata al livello di rischio che si sta correndo. Ci sono dei rischi che non giustificano le spese, il rischio del terrorismo internazionale adesso è diminuito, noi abbiamo sempre paura, esiste sempre questa minaccia, ma dal punto di vista statistico, reale diminuita. Le fisime, le paure potrebbero essere completamente eliminate se si considerasse qualche gruppuscolo per quello che è, cioè tranquillamente controllabile nell’ambito delle leggi, dei mezzi a disposizione, invece vengono gonfiati, pompati, la gente viene impaurita da queste cose.
Gli obiettivi del governo che anche questo "decreto delega" voleva perseguire, dovevano essere quelli di garantire i risparmi di cassa per contribuire al pareggio di bilancio, ristrutturare l’organizzazione perché se la crisi è strutturale, bisogna ristrutturare, non è che è un gioco di parole e non bisogna spostare i debiti nel tempo, bisogna ridurre le spese in maniera sistematica almeno per un decennio.
Questi obiettivi se dovevano essere perseguiti, avrebbero dovuto produrre: 1) l’immediata sospensione senza un termine di tempo, di ogni programma di acquisizione di materiale e sistemi d’arma, così si risparmiano i soldi, invece di andare a mettere 14 miliardi in aerei, fermiamoci ai nostri aerei. 2) Con l’individuazione di un modello di difesa da realizzare in un lasso di tempo determinato. Quello che bisogna fare è la graduale dismissione del personale in modo che si raggiunga uno strumento efficiente senza penalizzare il quadro sociale.
Questo decreto fa tutto il contrario, parte subito dai tagli del personale e che non porterà nessun risparmio finanziario ma soltanto turbolenza sociale perché questo personale che si vuole mandare via deve essere pagato lo stesso, non solo gli stipendi, non solo le pensioni, ma se il personale come si prevede che debba transitare da un’amministrazione a un’altra, forse non è una spesa per la difesa ma lo diventa per il bilancio dello Stato e quindi non cambia niente.
Mantiene poi questi impegni di acquisizione che hanno determinato il debito e che ci provocheranno dei forti interessi, prevede dei piccoli aggiustamenti strutturali che non creeranno né risparmi, né maggiore efficienza, la struttura finale sarà comunque pletorica nel 2024. Lo sforzo fatto dal nostro Ministro della Difesa, ma soprattutto dal nostro comparto della Difesa è uno sforzo di maquillage.
Risparmiare e non toccare le strutture è un quadro che non funziona.
Ringrazio il blog, ringrazio Beppe Grillo per questa ospitalità e chi crede che ci sia qualcosa da fare, qualcosa su cui riflettere da questa conversazione è pregato di passare parola!
Grazie.

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